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Uccide la moglie, una vicina e tre passanti prima di togliersi la vita
Furia omicida a Milano
L’uomo era affetto da gravi turbe mentali e ciò nonostante era in possesso di un regolare porto d’armi. Intanto infuriano le polemiche sulla concessione dei permessi e sulla superficialità con cui alcune strutture trattano gli psicolabili

di Ambra Mazzia

Omicidio a MilanoMilano - Un uomo solitario, aggressivo e facilmente irascibile; specialista in sicurezza informatica, sulla carta, ma in realtà disoccupato; patito per qualsiasi genere di armi, in particolar modo etniche; l’unico condomino in tutto il palazzo e, forse in tutta Italia, ad aver esposto sul balcone la bandiera americana e ad avere come targhetta sul campanello di casa un bel 666 anziché il proprio nome: questo era Andrea Calderini, il trentunenne della Milano bene autore di questa tragedia. Tutto comincia nel pomeriggio, quando Andrea si reca dalla vicina del primo piano, Stefania Guaraldi, e, dopo essersi fatto aprire la porta con una scusa, le spara; si affaccia poi sul balcone del terzo piano e comincia a sparare a raffica contro i passanti colpendone tre: una donna che sfreccia su uno scooter, un pensionato che cammina in strada ed un avvocato in bici che sta parlando con la moglie. Sono attimi di panico e terrore, nel palazzo così come in strada, dove si raduna una piccola folla, che viene tenuta a distanza. Ma il piano diabolico dell’uomo non è ancora finito: poco dopo, infatti, Calderini si barrica in casa e, prima di suicidarsi, spara per ben undici volte con una pistola calibro 45 alla moglie, una ragazza di ventidue anni sposata poco prima a Las Vegas.
A nulla sono valsi i tentativi da parte del questore di Milano Vincenzo Boncoraglio e dei genitori dell’uomo per farlo desistere: l’omicida è andato avanti ad oltranza e, quando all’una di notte i corpi speciali hanno fatto irruzione nell’appartamento, dopo ore di assedio, si era già tolto la vita sparandosi un colpo in bocca. Tutto sarebbe scaturito dalla frase della Guaraldi, la quale avrebbe osato dire: “Sono esseri umani!” riferendosi alle squillo che lavoravano nell’ammezzato del palazzo, contro le quali, invece, si era schierato Calderini, provocando anche scontri con i vicini. Accanto al dolore e alla rabbia dei parenti delle vittime, però, ora infuriano le polemiche sulla facilità con cui nel nostro paese è rilasciato il porto d’armi e sulla carenza delle strutture sanitarie adeguate ad occuparsi di simili soggetti: “Troppo silenzio circonda le malattie mentali in Italia”- afferma Mario Maj, presidente della Società Europea di Psichiatria “è necessario che i servizi di salute mentale sappiano di più sulla popolazione e abbiano una maggiore presenza nel territorio con organi e sedi adeguate”. Sembra assurdo, insomma, che un uomo come Calderini avesse il permesso di detenere armi, vista la sua instabilità mentale e la diagnosi fattagli da uno dei molti medici che lo avevano visitato, una “sindrome ossessiva compulsava associata ad un basso livello di sopportazione di frustrazioni e stress”. A Montecitorio, intanto, vari deputati hanno chiesto espressamente una rivisitazione e modifica della legge sulle armi, risalente al 1931 e ormai del tutto inadeguata. Resta comunque da capire come l’assassino abbia potuto ottenere e rinnovare più volte il porto d’armi, dal momento che ogni anno deve essere effettuata una visita medica. Ma, in una società dove il denaro sembra essere diventato uno dei valori e delle ambizioni più importanti, c’è chi afferma che sarebbe stato il padre dell’assassino, direttore generale di una nota assicurazione, a coprire il figlio e a far sì che superasse brillantemente ogni tipo di controllo sanitario.

 

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