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Chi era Luciano Liboni?
Breve profilo di un feroce bandito partorito da una sorte avversa e debordante di odio contro tutto e contro tutti

di Elena Carulli

Roma. Luciano Liboni, soprannominato «Lupo Solitario», nasce nel 1957 a Montefalco, vicino Foligno, dove da giovanissimo faceva il falegname. La madre che ancora vive nel paesino umbro, da circa un anno non lo voleva più vedere. Era latitante dal 2002 con un’accusa di tentato omicidio sulle spalle.
Alto circa un metro e settantacinque era riconoscibile per una frattura al setto nasale e tre dita della mano destra contuse in seguito a un incidente stradale, nel quale era rimasto coinvolto il 21 luglio a Sarsina.
La sua vita da fuorilegge ha inizio nel 1990, quando viene sospettato del furto di alcune opere d'arte tra Umbria, Lazio e Toscana. Le accuse rimangono senza seguito. La latitanza vera e propria del Lupo ha inizio però il 19 febbraio 2002, quando spara contro un benzinaio di Todi di 38 anni, Fausto Gentili, ferendolo gravemente. Gentili aveva notato l'uomo a bordo di una Polo bianca, rubata qualche giorno prima a una sua amica. Il benzinaio, che viaggiava alla guida di una Audi Avant, con a bordo la compagna e la figlia, avvertì il 113 e si mise a seguire la Polo per cercare di non perdere di vista il malvivente. Quando le due auto si trovarono una a fianco all'altra, Liboni sparò un colpo di pistola sfiorando la donna e colpendo alla testa Gentili. Poi riuscì a fuggire. La Polo fu trovata in fiamme qualche giorno dopo in un parcheggio di Perugia. Un mese dopo il ferimento di Gentili, in una strada affollata di Civitavecchia, Liboni, ricercato per tentato omicidio, non risponde all'alt di due finanzieri e comincia a sparare contro di loro, fuggendo. Il giorno seguente prende in ostaggio un uomo e lo costringe a portarlo in auto fino a Roma, per poi far perdere ancora una volta le sue tracce. Trascorrono cinque mesi dove il Lupo riesce a sparire nel nulla, ma, nel luglio 2002 ritorna a far parlare di sé sparando due colpi alle porte di Roma contro un carabiniere che gli stava chiedendo i documenti: un proiettile colpisce il cofano dell'autovettura, mentre un altro raggiunge di striscio il militare.
Luciano Liboni è ritenuto anche il responsabile di numerose rapine a danno di uffici postali e banche, attraverso le quali riesce a mantenersi durante il periodo di latitanza. Ma, nel dicembre 2002 l'uomo viene bloccato a Praga, dopo aver esibito alle forze dell'ordine un documento risultato falso. «Lupo solitario» rimane in carcere quattro mesi, ma quando l'Interpol avverte le autorità italiane dell'arresto, Liboni è già tornato in libertà.
Nel luglio 2002 riappare nelle Marche, nel paesino di Pereto, vicino Pesaro, al bar “Ciccioni”. La moglie del titolare chiama i carabinieri perché insospettita dall'aria trasandata dell'uomo, che stava effettuando una lunga telefonata. L'appuntato Alessandro Giorgioni, 36 anni, aveva appena finito il servizio, ma entra nel locale per un controllo. Chiede i documenti all'uomo, che dice di averli fuori, nella moto parcheggiata davanti al bar. Improvvisamente l'uomo si volta e spara un colpo a bruciapelo all’indirizzo del militare, centrandolo al collo. Poi lo finisce con un colpo al cuore. Liboni, in sella a una Yamaha rossa rubata a Terni e armato di una calibro 38 special, si dilegua. Poche ore dopo l'omicidio, in una stazione di servizio di Canili di Verghereto, lungo la E45 nella zona di Cesena, il Lupo viene visto fare il pieno alla moto. Il resto è storia, e il suo tragico epilogo, a tutti tristemente nota.

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