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Un viaggio alla scoperta dei crimini informatici
Chattare col Criminologo
I nuovi scenari del crimine studiati con l'aiuto degli ultimi casi di cronaca nera

di Valentina Francese

L’ultima fatica del criminologo Fabio Bernardini si intitola Killer in Rete - i nuovi scenari del crimine, un libro edito dalla Iris4 Edizioni che racconta in modo piuttosto avvincente gli ultimi casi di cronaca nera nei quali internet ha svolto un ruolo fondamentale. Un viaggio dunque alla scoperta delle devianze umane e di come viene utilizzato questo nuovo mezzo di comunicazione in cui pare che serial killer, pedofili, hackers, trafficanti d’organi e spacciatori abbiano trovato il posto giusto per i loro affari. Corredato da un’ottima prefazione di stampo sociologico curata da Francesco Barresi e dall’ accattivante postfazione della psicologa Chiara Punzi, il libro può essere anche considerato un agile manuale di consultazione coinvolgente quanto un thriller.

Fabio cosa ti ha spinto ad affrontare un tema così difficile, così crudo?

“Sono sempre stato curioso degli atteggiamenti istintuali dell’essere umano e mi affascinava internet, quel suo senso di libertà, di evasione dalla realtà. Leggendo le cronache venni soprattutto colpito da tutti quei casi di persone uccise dopo aver conosciuto qualcuno in chat-line. Ma è solo dopo aver acquistato il computer, e cioè in tempi molto recenti, che ho personalmente provato l’esperienza straniante di chattare. Del resto online si fanno domande che nella realtà nessuno farebbe mai. E’ un angolo in cui ci si sfoga con le proprie fantasie per fuggire la quotidianità e dove si ricerca l’altro sesso senza controllo, senza regole. Un tipo mi disse infatti che in internet è come camminare in una città senza poliziotti… Il fatto è che a volte è difficile fermarsi e distinguere. Ricordo il caso di un ragazzo di Ostia a cui il padre stanco delle esorbitanti bollette aveva proibito di navigare e chattare in rete. Beh, questo ragazzo si sparò un colpo ad un braccio per la disperazione. Certo, lui era un ragazzo “difficile”, che non voleva rispettare nessuna regola sociale e che trovava solo in quel modo forza e sfogo. Io sono un criminologo e ho voluto spiegare come la mente deviata, malata, cominci invece a sfruttare il mezzo per i propri crimini e quanto si adegui al progresso tecnologico”.

Quanto ha influito la tua esperienza alla Polizia Penitenziaria?

“Moltissimo. Pensavo sempre al perché dell’attività criminale, al perché la mente si volga contro la società. Occorreva arrivare sino in fondo. Per questo ho avuto conversazioni con noti criminali italiani. Ed è anche da qui che è nato il mio primo libro, Una società di cannibali. Qualsiasi tecnologia viene usata dall’uomo per operare sia nel bene che nel male e ciò è forse dovuto agli istinti. E quando non si è in grado di controllare gli istinti si arriva a tutto”.

Che significa essere un criminologo nell’Italia d’ oggi?

“Significa predicare nel deserto. La verità è che in Italia noi siamo ancora delle figure professionali poco conosciute. E’ solo da qualche anno che cominciamo ad avere spazio, sino a qualche mese fa non esisteva nemmeno un corso di laurea in Criminologia. Tutto dipendeva da psichiatri, psicologi, avvocati… Mentre è il criminologo che fa un lavoro di vera e propria investigazione, che cerca di individuare il profilo criminale e di conseguenza può dare direttive preziose alle indagini. Insomma, ad ognuno il proprio ambito”.

Hai mai letto Lucarelli, Giuttari o Picozzi? Un’ondata di narratori che si ispirano a veri casi di cronaca nera…

“ Li ho sempre stimati molto. Del resto abbiamo interessi comuni, la differenza è che loro entrano maggiormente nella storia mentre io preferisco ampliare il discorso storico - sociale e fare di ogni caso un esempio dell’evoluzione della psicologia di massa. Certo, loro sono avanti a me ed io li apprezzo quali obiettivi da raggiungere”.

Cosa ti ha davvero colpito nella ricerca dei dati?

“I primi tempi mi sconvolgeva scoprire che la gente entrava in vari personaggi. Anch’io andavo in chat con un nickname, un soprannome. Ma non mentivo. Non mi ero creato un alter-ego. Poi mi ci sono abituato e adesso uso dei piccoli accorgimenti per vedere se la persona con cui sto chattando mi sta mentendo oppure no”.

Per esempio?

“Ripropongo a distanza di qualche tempo la stessa domanda alla medesima persona poi stampo e conservo la conversazione.”

Chatti spesso adesso?

“No, no! Vedi, per molte persone chattare è come una malattia, una droga. Occorre limitarsi. Consiglio infatti a qualsiasi genitore di stare sempre accanto ai propri figli quando si collegano ad internet”.

Cosa mi dici del rapporto amore-morte, tanto presente nel tuo libro?

“La copertina del libro mostra infatti un cuore trafitto dalla tecnologia. Ed è davvero così. Si cerca in internet quel sentimento che la vita non ci ha dato anche se è difficile trovarlo attraverso una macchina ed ecco che più spesso si cade in situazioni poco belle. Prima s’ andava per locali o in discoteca, ora tutto è più facile grazie alla rete. Il giro delle conoscenze è più largo e non per questo più sicuro. Bisogna conoscere le persone dal vivo anche perché spesso gli utenti mettono online fotografie lontane o addirittura finte. Insomma non bisogna prendere troppo sul serio tali incontri.”

Hai dedicato un capitolo alla cinematografia. Sei cinefilo?

“Sì. E poi il cinema è sempre avanti. Mostra tecnologie futuristiche. E’ la società del domani. Anche se in realtà non c’è stato un 2001: Odissea nello Spazio mi diverte pensare come un Blade Runner: pessimista ma in fondo il sentimento vince sempre.”

Il libro è a lieto fine. Quindi non demonizzi internet…

“La conclusione è positiva perché vorrei fosse anche un invito a impiegare la tecnologia per migliorare l’uomo. Occorre buon senso nell’utilizzo del computer. E anche un po’ di ironia. Non prendiamoci troppo sul serio, scherziamoci su”.

 

 

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