Il presidente dell’Italia dei Diritti, presente ai funerali della diva scomparsa: “Lasciare morire in queste condizioni un’attrice che ha scritto pagine storiche e memorabili del patrimonio della nostra cultura cinematografica tinge indelebilmente di vergogna quanti avevano il dovere morale, prima che istituzionale, di intervenire in merito”

Roma - Qualche giorno fa a Ladispoli, piccolo centro sul litorale a nord di Roma è scomparsa l’attrice Laura Antonelli, una delle più grandi dive che da sempre l’Italia possa vantare. La sua storia professionale è nota a tutti, la triste vicenda giudiziaria, risoltasi poi in un’assoluzione piena, ma troppo lunga per non segnarla per il resto della vita, pure. Quella che è rimasta sconosciuta ai più è la vita privata, quella personale, legata alle sofferenze quotidiane, esteriori e interiori, relegata ai margini dopo che su di lei si sono vergognosamente spenti i riflettori. Un’esistenza vissuta in condizioni inaccettabili tra le mura domestiche, sul filo dell’indigenza, con la sua fragilità caratteriale e una rara bontà d’animo, ben tratteggiate dalle parole del sindaco ladispolense Crescenzo Paliotta e del grande amico Lino Banfi durante la funzione funebre, peculiarità che purtroppo la esponevano sovente a truffe e raggiri. Alle esequie hanno partecipato anche Claudia Koll, Simone Cristicchi e il presidente del movimento politico Italia dei Diritti Antonello De Pierro, giunto da Roma con la sua amica Adriana Russo, che con la Antonelli aveva girato 2 film, ma soprattutto tante persone comuni, che hanno voluto tributare l’ultimo saluto a una diva che meritava di certo di chiudere la sua esistenza terrena in ben altro modo. Assenti le istituzioni, fatta eccezione per i commendevoli e impagabili rappresentanti locali, come del resto quel mondo che l’aveva resa celebre, spremuta e poi abbandonata.

 

De Pierro ha voluto dire la sua in merito: “Ho sentito il dovere di essere presente alle esequie di Laura Antonelli, perché volevo rendermi conto di persona, dalle vive testimonianze di chi la conosceva bene, di ciò che era stato scritto dai giornali nei giorni dopo il suo decesso, quando improvvisamente il suo nome era riaffiorato da file mnemonici ormai archiviati. E purtroppo ho dovuto constatare che era tutto vero, anzi la situazione era anche peggiore di quella che credevo. Lasciare morire in queste condizioni un’attrice che ha scritto pagine storiche e memorabili del patrimonio della nostra cultura cinematografica tinge indelebilmente di vergogna quanti avevano il dovere morale, prima che istituzionale, di intervenire in merito. Ma d’altronde queste persone, che hanno affollato e affollano il proscenio politico, tra scandali, proclami demagogici, tutti presi a posare saldamente le loro terga sugli scranni del potere, erano e sono veramente troppo impegnati a perseguire i propri fini, per poter pensare realmente alla collettività. Sono stati lasciati al loro destino tantissimi italiani, privati dei loro diritti da colpi di mano legislativi che definire vergognosi è puro eufemismo, figuriamoci se poteva interessare loro il destino di una Laura Antonelli che non era più Laura Antonelli, ma tornata a essere, si è detto per scelta, ma su ciò non mi trovo completamente d’accordo, una signora qualsiasi, una creatura con un animo nobile di eccezionale rarità, che aveva deciso dignitosamente di ritirarsi, ma solo quando si è ritrovata tradita e abbandonata, nel suo ‘eremo’ a Ladispoli, in una cittadina che l’ha accolta e protetta fino alla fine. E c’è anche chi, tra i suoi colleghi, nel suo ambiente tanto  magico e affascinante, quanto ostile, avrebbe forse potuto fare molto di più, anche in nome di quella solidarietà che spesso viene sbandierata, ma che poi viene disattesa da molti, salvo quando in gioco c’è un’ottima vetrina d’immagine o qualche squallido gettone di presenza. E come avviene nelle manifestazioni di solidarietà, dove c’è chi elegantemente aderisce in maniera genuina e disinteressatamente, e chi venalmente trasforma la circostanza in un’occasione di guadagno, anche Laura ha avuto i suoi angeli custodi che, spinti dal comando imperioso di una intensa e commovente sensibilità, si sono prodigati affinché la sua ormai gravosa esistenza, fosse più vivibile. Questi si chiamano Lino Banfi, Claudia Koll e Simone Cristicchi, a cui sento il dovere di rivolgere un sentito ringraziamento per quanto hanno fatto e in particolare a Lino, la cui sensibilità ho avuto modo di conoscere anche in altre occasioni, anche per ciò che ha detto dal pulpito della chiesa Santa Maria del Rosario, parole dettate non da quella retorica che in certe occasioni spesso si infila nelle frasi pronunciate, ma semplicemente sgorgate da un’autentica sorgente di spontaneità. Persone impagabili, lui e Claudia, le cui qualità caratteriali votate all’altruismo non le ho scoperte di certo ora, ma da lungo tempo, in occasione dei contatti che il mio esercizio professionale giornalistico mi ha regalato, come ad esempio le interviste che mi hanno rilasciato da direttore e conduttore di Radio Roma. E un grazie va al sindaco Crescenzo Paliotta, agli operatori sociali, al parroco don Alberto Mazzola e a tutta la popolazione di Ladispoli, per aver colmato impeccabilmente quel vuoto che le istituzioni nazionali hanno incredibilmente ignorato. C’è qualche personaggio dello spettacolo che si è lasciato andare a un mea culpa di circostanza per averla lasciata sola, ma poi la strada per Ladispoli non l’ha imboccata per portarle almeno l’ultimo saluto. Avrebbe fatto piacere certo la presenza quantomeno di un rappresentante del Ministero dei Beni Culturali, non avrei preteso addirittura il ministro Dario Franceschini, sicuramente impegnato in qualcosa di più importante dell’onorare la dipartita di una signora ormai dimenticata, ma qualcuno sì. E invece non si è visto nessuno. Eppure Laura Antonelli era parte integrante della migliore tradizione culturale del nostro paese. La cultura è un potente concime naturale per la crescita sana dei corpi collettivi, ma purtroppo una certa politica da tanto, troppo tempo la calpesta e la mortifica, perché la crescita culturale fa paura a chi vuole restare incollato al suo cadreghino non la ama, preferendo che le coscienze restino sopite così da manipolarle a proprio piacimento con un esercizio demagogico ormai divenuto di prassi e incanalarle nei percorsi clientelari più consoni per l’edificazione del consenso. Auspico che sia il comune di Ladispoli, continuando su quel percorso di solidarietà, ma anche di grande senso culturale, si faccia promotore di varie iniziative, come per esempio un premio “Laura Antonelli”, che farebbe rivivere il suo mito e sarebbe la migliore risposta a chi l’aveva spremuta e poi ignobilmente cestinata. Sono pronto anche domani a un confronto su questo tema con il sindaco Paliotta, le istituzioni extraladispolensi non mi interessano, e con Banfi, Koll e Cristicchi, solo loro, per dare la migliore risposta a chi aveva steso su di lei il velo dell’oblìo. Solo così Laura continuerebbe a vivere e le sarebbero riconosciuti gli onori che meritava, non solo come artista, ma anche come persona”.