a cura di Valeria Arnaldi


informArte la rubrica per gli amanti dell'Arte! Una selezione aggiornata delle migliori mostre ed eventi artistici in italia e nel mondo...

 
ARCHIVIO MOSTRE (Italia - Estero)
Manifestazioni, mostre e tutti gli appuntamenti per vivere l'Arte.
ITALIA
ANCONA

PICASSO IN BIANCO E NERO - fino al 28 marzo 2004

È un Otello in bianco e nero quello esposto alla Mole Vanvitelliana fino al 28 marzo 2004, nella mostra “Picasso in bianco e nero”. Cinque e tutte complete le serie esposte, realizzate tra gli anni '40 e '70: “Le Cocu Magnifique”, “La Tauromachia”, “La Carmen”, “La Storia Naturale”, la “Celestine”. Eros, amore e morte sono questi i temi prediletti dell'artista per acqueforti ed incisioni, ma in mostra vanno oltre 180 opere, compresi vetri, ceramiche, una scultura, alcuni disegni ed una tempera. Tutto per raccontare la poliedricità del maestro.

Valeria Arnaldi

BARI

MARIO CEROLI

Pietra chiara e legno - materiali poveri per un'arte essenziale, che si richiama agli spazi medievali e, nello stesso tempo, al pop ed al minimalismo. Le sale del Castello Svevo ospitano fino al 30 novembre un'antologica di opere di Mario Ceroli, lo scultore della sintesi formale e della 'geometria'. E dì geometria infatti che si può tranquillamente parlare per l'opera "Cina" (1966), in cui 105 sagome lignee in marcia simboleggiano la serialità e l'omologazione di un popolo 'rinchiuso' nella sua stessa cultura. Ma è geometria - surreale - anche quella della "Battaglia" (1978) ispirata alle prospettive di Paolo Uccello. Dalla bidimensionalità degli anni '70, Ceroli va alla conquista di una tridimensionalità, che non è semplice conseguenza di un percorso artistico e scultoreo, bensì effettiva ricerca e conquista di una forma d'espressione che sia in grado di rappresentare al meglio la complessità dell'IO. E che di quell'Io vive nella nostalgia, per una passata compiutezza ed un'originalità 'innocente' che ogni artista, prima o poi nel corso della sua vita, teme di aver irrimediabilmente perduto.

V. Arnaldi

BERGAMO
ARTE ASTRATTA ARGENTINA

Fino al 23 marzo, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea ospita una mostra dedicata ai protagonisti che a partire dagli Anni ’10 e soprattutto tra il 1944 ed il 1954, costruirono la tradizione dell’arte non figurativa argentina. Organizzata dalla GAMeC e dalla Fundaciòn Proa di Buenos Aires, con il contributo di Tenaris Dalmine – Tenaris Siderea – Gruppo Techint, l’iniziativa ha il patrocinio del Ministero per gli Affari Esteri, del Ministerio de la Relaciones Exteriores y Culto de la Republica Argentina, della Secretaria de Cultura de la Ciudad de Buenos Aires e dell’Ambasciata Argentina in Italia. Il percorso presenta più di 180 opere – 160 tra dipinti e disegni e 23 sculture. Una sezione è dedicata a libri, cataloghi, riviste, manifesti e fotografie dell’epoca.

V. Arnaldi

BOLOGNA

Pictura magistra vitae

La mostra “Pictura magistra vitae”(San Giorgio in Poggiale, 17 Gennaio-6 marzo) nasce con l’intento di offrire una panoramica sula pittura contemporanea, nel tentativo di porne in evidenza la grande varietà di tecniche e stili, nonché la forte presenza di contaminazioni con altri generi artistici. Simboli ed icone vengono ‘percorsi’ dagli artisti, alla ricerca di un nuovo codice che sia universalmente conosciuto e riconosciuto.
L’esposizione raccoglie 36 opere, realizzate, dalla metà degli anni ’70 ad oggi, da dodici artisti europei e statunitensi: Donald Baechler, Ross Bleckner, James Brown, Sandro Chia, Francesco Clemente, Eric Fischl, Alex Katz, Milan Kunc, Aldo Mondino, David Salle, Salvo, Philip Taaffe.
Un percorso che prende le mosse dal Movimento Concettuale degli Anni ’60, per arrivare alla perdita del soggetto attraverso l’esperienza della Transavanguardia italiana ed internazionale, il Movimento Informale, l’Action Painting e la Pop Art, fino ad arrivare alla Bad Painting inglese.
Gli artisti affermano i loro desiderio di una maggiore libertà di espressione, che sia frutto di una sensibilità intima ed originale, e che si ‘mostri’ senza rispettare altra regola che quella dell’ispirazione stessa.

V. Arnaldi

GIUSEPPE PERONE

Dal 15 marzo al 19 aprile, sono in mostra alla Galleria Spazia le opere di Giuseppe Perone. Cifra della sua arte è la sabbia, che – afferma l’artista – ‘ricorda le prima manipolazioni infantili; … la fragilità dei castelli di sabbia e la mutabilità continua dovuta agli agenti atmosferici’. Sabbia come ludus, ma anche trasformazione ed enigma. Le opere di Perone creano dimensioni aspaziali ed atemporali, nel tentativo di recuperare ed eternare la memoria.

V. Arnaldi

CAGLIARI
I PROGETTI DI ADALBERTO LIBERA

Dal 15 febbraio al 15 maggio, il Centro Comunale d’arte e cultura Exmà ospita una mostra dedicata all’architetto Adalberto Libera, uno dei nomi più significativi dell’architettura italiana del Novecento. L’esposizione presenta una sintesi della parte più conosciuta della produzione di Libera, compresa tra le due guerre, con filmati, foto d’epoca, modelli dei progetti e dipinti eseguiti dall’architetto da giovane. Una seconda sezione della mostra è dedicata ai progetti del dopoguerra, realizzati tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’60. Particolare attenzione è dedicata agli interventi di Libera a Cagliari. La mostra rientra in un più ampio ciclo di manifestazioni realizzata in collaborazione dal Centre Pompidou, dal Musée National d’Art Moderne-Centre de création industrielle, dal Comune di Cagliari, dalla Darc e dalla Soprintendenza per i beni architettonici per le province di Cagliari e Oristano, l’università di Cagliari. In autunno, l’iniziativa si sposterà a Roma.

V. Arnaldi

ESTE

IN MOSTRA GLI EX VOTO DEI PELLEGRINI

Fino al 7 dicembre 2003, il Museo Nazionale Atestino preseta al pubblico una mostra dedicata al sacro. Prendendo spunto dallo scavo efettuato in località Meggiaro, nel 1999, che ha portato alla luce un nuovo santuario preromano, Este organizza una mostra dedicata agli ex-voto ed ai reperti rinvenuti in questo ed altri scavi.
L’esposizione mira a ricostruire le atmosfere rituali dei pellegrinaggi che dai confini della città si muovevano verso i santuari del Veneto preromano.
Particolare attenzione è dedicata alle lamine di bronzo figurate. Da notare la massiccia presenza di soggetti militari: guerrieri armati che consacrano alla divinità la loro iniziazione militare. Accanto a questi ritratti, anche quelli di donne sposate o prossime al matrimonio.
In mostra anche piccole sculture di bronzo e due plastici ricostruttivi.

V. Arnaldi

FERRARA
SHAKESPEARE

Al Palazzo dei Diamanti il 16 febbraio s’inaugura una mostra su Shakespeare nell’arte: il genio e la poesia inglese interpretati dai grandi pittori europei.

F. Di Spirito

 

FIRENZE

I TESORI PERUVIANI

Fino al 22 febbraio 2004 storia e cultura dell'antico Perù entrano a Palazzo Strozzi, con la mostra “Perù. 3000 anni di capolavori. Pitture, sculture, gioielli, tessuti, arte erotica delle origini dell'Impero Inca”. Non solo una panoramica dettata da ‘curiosità' per una cultura ed un'arte “alternative”, ma un vero e proprio momento di approfondimento sui grandi maestri del Perù precolombiano e sui loro capolavori. Temi questi che in Europa fino ad oggi sono stati presi in considerazione solo dall'archeologia e che in realtà si rivelano di più ampio interesse, dacché molte delle forme allora inventate sono all'origine degli ‘ismi' della tradizione occidentale moderna. Non solo, l'arte del passato diventa un modo per riflettere anche su quella contemporanea e sul contesto in cui si esprime, rivelando un Perù che ancora non ha trovato una propria identità – pur seguendo prevalentemente schemi occidentali. Schemi da cui la maggior parte della popolazione indigena è esclusa, il che si ripercuote inevitabilmente sul patrimonio culturale ed artistico, spesso oggetto di traffici illeciti da parte di vere e proprie mafie organizzate. Nessuna remora nel vendere oggetti preispanici, che non vengono considerati parte del proprio percorso storico, bensì ‘cosas de indios'. La presentazione al pubblico dell'arte dei grandi maestri peruviani – dei quali purtroppo conosciamo solo i nomi d'‘arte' - vuole essere un modo per stabilire un legame con l'arte occidentale e spiegare al visitatore il fascino di un arte ancora poco conosciuta.

Valeria Arnaldi


LA SFERA D’ORO DELL’OLIVELLA

Appartenuta ai Padri Filippini di Sant’Ignazio Martire a Palermo, la Sfera d’oro dell’Olivella è un ostensorio seicentesco, splendido esempio di oreficeria siciliana. Ridotto in trecento frammenti di oro, argento dorato, smalti opachi, traslucidi e diamanti, l’ostensorio è stato portato a nuova vita grazie all’impegno dei restauratori che sono riusciti a ricomporre pezzi ormai deformati. Trafugata dal Real Museo di Palermo, nella notte di Natale del 1870, la Sfera d’Oro venne recuperata circa tre mesi dopo smontata per vendere le pietre preziose e fondere l’oro e l’argento. Alto circa 60 cm., l’oggetto non ha la forma di una sfera, ma è questo il termine con cui comunemente in Sicilia si indica l’ostensorio. Nel 1999, l’Opificio delle Pietre Dure si è impegnata nella catalogazione e misurazione di tutti i frammenti, e soprattutto nella ricerca di un disegno che fosse coerente con quanto si sapeva della Sfera. Una volta definito il progetto, si è passati alla ricostruzione vera e propria dell’oggetto. Chiaramente non si poteva procedere alla saldatura a fuoco né all’incollaggio. L’unica tecnica possibile era la saldatura laser, che agisce tramite luce e colore. Scelta sofferta perché il laser è una tecnica non reversibile, ma ha dato risultati che non si potevano neanche immaginare. Le parti strutturali dell’ostensorio sono state ridotte ad involucro di nuovi tubi. Una sola delle quattro volute fitomorfe è sopravvissuta. Degli angeli che da queste erano sorretti, ne sono rimasti tre. Le parti mancanti sono state integrate in argento dorato, ma in una tonalità più bassa di quella originaria e senza gli smalti originari.

Valeria Arnaldi

I NUOVI UFFIZI

Occuperanno una superficie di 30.000 metri quadri, di cui 15.000 destinati alle esposizioni temporanee – sono queste i numeri dei Nuovi Uffizi, che saranno articolati su tre piani collegati da ascensori e nuove scale. Recuperati anche i sotterranei della Firenze Premedicea. La riapertura – secondo l’ultima dichiarazione del Ministro Urbani – è fissata per il 2005, con due anni di ritardo sulle iniziali previsioni. Nel 2004, intanto, sarà pronto l’ingresso su piazza Castellani progettato da Arata Isozaki, cui sono state affidate anche la ripavimentazione e l’illuminazione della piazza.

Valeria Arnaldi

L’ADORAZIONE DEI PASTORI

Dieci anni fa una bomba a Palazzo degli Uffizi fece crollare la torre dei Georgofili ed inflisse gravi danni al Museo. Si credeva che l’Adorazione dei Pastori di Gherardo delle Notti fosse andata distrutta, ma in realtà era stata solo mutilata. Miracoli del restauro, oggi l’opera torna di nuovo in mostra, assurgendo a simbolo della rinascita degli Uffizi. È andato perduto il 40/50% del colore ed il Bambino che era la fonte di luce del dipinto è scomparso, così come San Giuseppe ed i Pastori. Il coro degli Angeli è stato dimezzato ed il volto della Madonna gravemente danneggiato. Dei pastori resta solo un profilo. Sembrano graffi di dolore quelli sulla tela, eppure ora Firenze è felice ed orgogliosa di mostrare questo suo dipinto rinato, che quella mattina di dieci anni fa, sembrava perso per sempre. I fili della tela sono stati riallineati ed accostati con l’aiuto del vapore e attraverso uno scurimento si è provveduto a dare uniformità all’opera. Manca il tratto pittorico, ma per una qualche magia, è l’occhio stesso a colmare i vuoti, restituendo, con l’aiuto dell’immaginazione, alle figure la loro bellezza originaria.

Valeria Arnaldi

Stanze segrete - Stanze scomparse

Fino al 28 settembre, la mostra "Stanze segrete - Stanze scomparse" è ospitata presso Palazzo Medici Riccardi. L'esposizione raccoglie cimeli medicei, che vanno dai capelli di Lorenzo il Magnifico fino alla camicia di tela di Giuliano de' Medici, che reca evidenti i segni dei pugnali infertigli dai congiurati. La storia di una famiglia che illustra anche la storia della città di Firenze e dei suoi musei. I cimeli erano precedentemente conservati presso il Museo Mediceo, inaugurato nel 1929, che ebbe però una rapida fine. La mostra rientra in un più ampio progetto di rivalutazione del periodo mediceo, analizzato nel suo rapporto con la modernità.

V. Arnaldi

I PROGETTI PER LA NUOVA STAZIONE SOTTERRANEA

Dal 14 febbraio al 1° marzo, sono esposti presso il Salone Brunelleschi dell’Ospedale degli Innocenti i dieci progetti per la nuova stazione sotterranea di Alta Velocità /Alta Capacità di Firenze. Alla selezione, vinta da Norman Forster, hanno partecipato Arata Isozaki, Santiago Calatrava, Carlos Ferrater, Francesco Cellini, Foreign Office Architects, G.M.P., Gruppo Toscano, Zaha Hadid, Ricci & Spaini. Nuove stazioni sorgeranno anche a Torino, Roma, Bologna e Napoli, con progetti affidati ai più noti architetti del panorama internazionale. I lavori di realizzazione della stazione fiorentina prenderanno il via nel 2005 e si concluderanno nel 2009. La stazione sorgerà nell’area di Belfiore, occupando una superficie di 45.000 metri quadrati, per un investimneto di circa 240 milioni di euro.

V. Arnaldi

GENOVA
METAMORFOSI DEL MITO

Nel Seicento, grazie alla diffusione delle Metamorfosi di Ovidio, l’arte reinventa la mitologia. Una mostra allestita a Palazzo Ducale traccia un ideale trait d’union tra le opere della pittura barocca napoletana, genovese e veneziana. Sono 78 le opere esposte, tutte ritenute caratterizzanti il passaggio dalla produzione seicentesca a quella settecentesca, dalla componente barocca a quella tardobarocca, dalle atmosfere arcadiche agli sviluppi rococò. La mitologia assume vesti differenti – diventa erotica sulle tele di Carpioni e Liberi, tenebrosa per Langetti, manieristica in Maffei, di matrice fiamminga in Giordano. E così sulle tele si alternano uomini e donne che si trasformano in piante, fiori, uccelli ed animali vari, ma protagoniste diventano anche le vendette degli dei, che puniscono l’ambizione e la sfrontatezza degli uomini. Sono storie che si traducono in immagini di grande impatto. Surreali e ricchi di simbolismo, i miti sono anche colorati, violenti, ricchi. Perfetti per affascinare gli artisti ed il loro pubblico. E poi il mito è amore: quello eroico di Perseo ed Andromeda, ma anche quello doloroso di Venere ed Adone, Aci e Galatea, quelli complicati di Plutone e Proserpina, Borea e Orizia, Nesso e Dejanira. Trasformazioni, Metamorfosi di Giove, Punizioni, i dipinti solari della divinità con Apollo e le Muse, gli Amori: sono questi i grandi temi della mostra, che fino al 6 luglio è visitabile presso l’appartamento del Doge a Palazzo Ducale.

Valeria Arnaldi

VIDEO E FOTOGRAFIE DI GIULIANO STURLI

Dal 5 al 23 febbraio, in mostra al Museo d’Arte contemporanea di Villa Croce, le opere di Giuliano Sturli: video ed istallazioni che costruiscono un percorso di flash differenti, in cui lo stesso artista diventa soggetto delle sue opere. Nato a La Spezia, Sturli, sin da giovanissimo è stato sensibile alle suggestioni della Condizione Postmoderna. Abbandonato il formalismo dell’arte, è approdato all’era elettronica considerandola la giusta voce del nuovo secolo. L’artista si cala nell’opera, non scegliendo preventivamente il canale espressivo che utilizzerà, ma lasciando parlare l’arte stessa, limitandosi ad esserne cassa di risonanza. Per questo motivo, Sturli rinnega ogni definizione che cristallizzi le sue opere in un determinato stile.

V.Arnaldi

LIVORNO

LIVORNO STUDIA LA LUCE NELL’ARTE

Dal 24 gennaio al 4 maggio, il Museo Giovanni Fattori di Livorno dedica una mostra al tema della luce nell’arte tra 1850 e 1914. Curata da Renato Miracco, l’esposizione nasce con l’intento di studiare il rapporto che gli artisti italiani ebbero con la luce, successivamente alla caduta dei canoni neoclassici. Scapigliatura, macchiaioli, divisionismo, futurismo: diversi movimenti e tendenze che hanno cercato di modificare il rapporto forma-colore, privilegiando quest’ultimo.
L’impressionismo francese rendeva necessaria una presa di posizione degli artisti sui giochi di luce, di resa della stessa, di riflessione e rifrazione. La mostra livornese intende ripercorrere il percorso dei maggiori artisti dell’epoca. Esposte opere di Giulio Aristide Sartorio, Vincenzo Cabianca, De Nittis, Federico Zandomeneghi, Silvestro Lega, Francesco Paolo Michetti, Telemaco Signorini, Vittore Grubicy de Dragon, Giovanni Fattori, Giovanni Segantini, Giovanni Boldini, Pellizza da Volpedo, Plinio Novellini, fino ad Ardengo Soffici, a Balla figurativo, a Boccioni.
La rassegna è promossa dal ministero degli Affari esteri, dal Comune di Livorno e dalla Fondazione Cassa di risparmio della città toscana.

V.Arnaldi

LUCCA
 
MANTOVA
LE FOTOGRAFIE DI ANDREJ TARKOVSKIJ

Dal 9 febbraio al 16 marzo, l’ex convento di Santa Maria di Gonzaga diventa spazio mussale ed ospita le fotografie di Andrej Tarkovskij, noto cineasta russo, che amava scattare polaroid di luoghi e persone care. Polaroid che venivano poi archiviate in un’agenda nera. La mostra di Mantova apre quell’agenda. Sono luci struggenti, che portano con sé le malinconiche atmosfere russe, che si scontrano con il sole italiano, che ricordano suggestioni impressioniste, ma anche le tempeste di Turner. 60 polaroid mai esposte raccontano l’ultimo periodo della residenza di Tarkovskij in Russia e i primi anni di quella definitiva in Italia. Un diario fotografico che ferma su pellicola intimità e pensieri di una vita. Una mostra sul valore del ricordo e della testimonianza intima, che si accosta al pubblico, passando per il privato.

V.Arnaldi

MILANO

I COLORI DI FRIDA

Non si trattava di sogni, tutt'al più di visioni. Ma più ancora dell'occhio e dell'anima di un'artista che sapeva vestire di sé l'orizzonte. La pittrice messicana Frida Kahlo ha sempre ribadito con forza e passione che il mondo dei suoi quadri era fatto della quotidianità in cui si muoveva ogni giorno. Una quotidianità, certo, filtrata dal suo essere soggetto senziente. E sofferente, forse dovremmo dire. Il dolore della Kahlo sceglie la via dell'ironia e del colore per autodenunciarsi e, nello stesso tempo, sublimarsi, ma resta comunque dolore. Vivo e concreto. Indipendente ma più ancora libera da ogni schema e regola, Frida era, al contrario, prigioniera della poliomielite prima e delle conseguenze di un tragico incidente poi. Ma proprio l'immobilità cui fu condannata negli ultimi anni della sua vita, le regalò la forza per proiettarsi in avanti, anche solo con lo sguardo ed il pennello. Innamorata della vita, entusiasta, irriverente, rivoluzionaria, di sinistra, del popolo, ma soprattutto di sé stessa e dell'Arte, la Kahlo era mille donne in una e tutte quelle donne compaiono nelle sue tele. Da un lato, ancorata ala sua messicanità, dall'altra protesa verso le nuove avanguardie e l'occidente dei nuovi fermenti, ha inventato uno stile unico e personalissimo, in cui il difetto ed i piccoli vizi si trasformano in virtù e pura bellezza. Le sopraccigli folte e nere, la peluria sulle labbra, il ridicolo di certe pettinature ed abiti tropo pesanti per la figura: anche questi sono Frida nel suo tentativo di liberarsi dai cliché più banali sulla donna per diventare unica. Cinque lettere in stampatello in basso a destra: la madre di una nuova pittura. A Frida Kahlo è dedicata la mostra, allestita presso il Museo della Permanente di Milano.

Valeria Arnaldi

Joan Mirò


Fino al 29 giugno, la Fondazione Mazzotta ospita la mostra "Joan Mirò. La metamorfosi delle forme". Fondendo l'arte di Marcel Duchamp con lo spirito Pop, Mirò sceglie una scultura che accosta il gioco alla denuncia di un imperante consumismo. L'accostamento inusuale di oggetti quotidiani, uniti a creare un modello che poi veniva fuso in bronzo e dipinto, permettevano all'artista di esprimere una creatività 'semplice', fatta di piccole cose e grandi stupori. Sicuramente meno note delle sue opere pittoriche, le sculture di Mirò inneggiano al ritorno ad una vita 'a misura d'uomo', ricca di fantasia e spirito creativo. Ciò che, nel dare forma ai suoi 'colori', l'artista va cercando è uno strumento per risollevare l'arte e lo spirito inevitabilmente colpiti dalla guerra. La mostra raccoglie circa 70 opere, tra sculture - che compongono la sezione principale - pitture, arazzi e disegni. Un'arte in continuo divenire, che si nutre di se stessa e degli sguardi che la accarezzano.

V. Arnaldi

MARIO NIGRO ALLA SPIRALE ARTE

Retrospettiva del maestro dell'astrazione per ammirare superfici semplici, efficaci e cariche d'energia fino al 24 febbraio. Spirale arte, Corso Venezia 29, tel. 02.79.54.83.

F. Di Spirito

 

LA POETICA DEL GUERCINO

Palazzo Reale fino al 18 gennaio, riunisce in mostra le opere del Guercino, a dimostrare ancora una volta l'attualità del pittore e la capacità di essere sempre nuovo e 'da scoprire'. Molte sono infatti le pubblicazioni e le esposizioni che negli ultimi anni sono state dedicate al pittore, ma tutte diverse tra di loro, perché incentrate ora su questa ora su quella sfumatura di una poetica ricca ed articolata. Non solo abilità tecnica ma anche sentimento ed emozione, forse più poesia che poetica. Sei le sezioni in cui è articolato il percorso. La prima racconta i 'precedenti' del pittore: da Annibale Carracci a Domenichino. La seconda, intitolata 'Affetti Domestici' presenta i quadri di cavalletto, destinati alla devozione privata o alla passione artistica individuale. 'I sentimenti del luogo' - terza sezione - è incentrata invece su visioni e paesaggi onirici. 'Intima platea' espone quadri a mezze figure e singole teste. 'I recitativi' è composta da duetti dialoganti ce hanno il sapore del melodramma. Ed infine, 'La scena aperta' - proscenio che diventa un fondale scenografico.

 

IL GALOPPO DEL CAVALIERE AZZURRO

Fino al 20 gennaio, la Fondazione Mazzotta ospita la mostra “Il Cavaliere Azzurro. Der Blaue Reiter. Kandinskij, Marc e i loro amici”, per approfondire o forse semplicemente illustrare il galoppo di una freccia turchina - cavaliere lancia in resta contro l'arte accademica realistica - che era l'anima stessa di Kandiskij, vestita dell'azzurro mistico di Novalis ed immersa nel giallo entusiasta di un sole nuovo e pieno, che è l'Arte stessa, rinnovata e pura. Questa immagine è il simbolo di un movimento giovane, dinamico, potente, sperimentale e all'avanguardia, mosso dall'impeto impressionista. Di questo movimento o forse dovremmo dire ‘manipolo di cavalieri' la mostra racconta le avventure e la storia attraverso dipinti, acquerelli, disegni e grafiche di tutti i diversi esponenti del gruppo – una ventina circa. Una ricca sezione documentaria raccoglie le fotografie degli artisti stessi e vari esemplari della rivista culturale “Der Sturm”. Filo guida del percorso il blu, nella scoperta di una nuovo cromatismo simbolico, che per Kandiskij ha il viso di Monet e la voce di Wagner. “Ho udito in spirito tutti i miei colori, essi stavano dinanzi ai miei occhi e disegnavano linee selvagge, quasi folli”.

Valeria Arnaldi

MODENA
ALBERTO GIACOMETTI E MAX ERNST

Al Foro Boario di Modena una grande mostra su Alberto Giacometti e Max Ernst che si sono frequentati intorno al 1935. Entrambi hanno interpretato, in modo diverso, il Surrealismo: il primo va oltre il movimento; il secondo, nel corso di tutta la sua carriera, continua la ricerca pittorica all’interno del movimento stesso. (Fino al 23 febbraio)

F. Di Spirito

NAPOLI

GAUGUIN E LA BRETAGNA

Dal 18 ottobre all'11 gennaio, Castel Sant'Elmo apre i nuovi spazi del carcere alto all'arte di Gauguin. Circa cento opere in mostra per celebrare il centenario della morte dell'artista. L'espozione nasce con l'intento di porre l'attenzione sulla vita artistica di un gruppo di intellettuali che, in Bretagna, vennero a contatto con Gauguin e dalla sua opera furono, in modi diversi, influenzati. È la cosiddetta 'Scuola di Pont-Aven', che seppe farsi portavoce di un nuovo linguaggio pittorico anti-accademico. La lezione appresa si traduce nel rifiuto di un impressionismo che sembra aver ormai dato ciò che poteva, limitandosi a ripetere stancamente stilemi che non riescono più a 'dialogare' e a far dialogare autore e spettatore. Si riscopre il simbolismo, guardando agli oggetti per ciò che significano e non per ciò che suscitano. Torna a prevalere l'intelletto - ed in questo caso la memoria - sullo slancio passionale. Eppure, la memoria sembra in realtà porsi a cavallo tra l'Illuminismo e il Romanticismo, nell'eterna diatriba che li pone a confronto e contrasto da secoli, per sublimarli entrambi, come fosse la conclusione di un sillogismo. L'unica possibile e proprio per questo, impensabile.

Valeria Arnaldi

GIOVANNI LANFRANCO UN ILLUSTRE SCONOSCIUTO

La rassegna, già presentata a Colorno, si propone di far riscoprire un protagonista della pittura del seicento poco conosciuto che ha operato tra Roma, Parma e Napoli. In mostra anche iconografie inconsuete fino al 24 febbraio 2003. Castel S Elmo: via Tito Angelini 20, tel. 081.57.84.030.

F. Di Spirito


MARIO SIRONI

A Castel Sant’Elmo, da febbraio a marzo, si potrà ammirare la mostra su Mario Sironi.

F. Di Spirito

PADOVA

IL MANTEGNA DELL’OVETARI - fino a marzo 2004

Durerà un anno circa, fino a marzo 2004, la mostra allestita nella chiesa degli Eremitani e dedicata al difficile restauro dei frammenti di Mantegna alla cappella Ovetari. Grazie ad un metodo di ricomposizione informatica e virtuale, ideato dall’Istituto di Fisica dell’Università di Padova, sarà possibile ricostruire le Storie dei santi Giacomo e Cristoforo e l’Assunzione di Maria, eseguiti da Mantegna. Vittime del bombardamento del ’44, in cui bombe alleate avevano polverizzato le cappelle Ovetari, dei Dotto e la metà dell’abside maggiore degli Eremitani, i frammenti erano stati quasi dimenticati, in parte per il tempo trascorso, in parte per la mancanza di tecniche adeguate a portare a termine un restauro sicuramente difficile dato che delle opere restavano più che dei frammenti delle vere e proprie macerie. A ciò va aggiunta la contingenza storica che di certo teneva a freno la sensibilità artistica. Nel ’46 i primi frammenti vennero ricomposti, ma si trattava solo di quelli meno danneggiati. Gli altri, bisognosi di maggiori studi, furono riportati a Padova. Dal 1992, anno in cui terminò il trasferimento, sono stati sottoposti a pulitura e studio. Si tratta di 80.735 frammenti, di circa cinque/sei centimetri quadrati – ed arrivano a comporre solo il 10% delle opere originarie, che sono state in alcuni casi sbriciolate dalle bombe, ma anche razziate dai padovani. Quello del Progetto Mantegna è un primo grande traguardo e costituisce l’inizio di un percorso più ampio che mirerà alla ricomposizione dei frammenti degli affreschi di altri autori che decoravano la medesima cappella.

Valeria Arnaldi

 

I MACCHIAIOLI

Uscirono dagli atelier per fare la rivoluzione e come armi usarono i loro pennelli: è questa in un certo senso la cifra del pensiero dei macchiaioli, che abbandonarono la pittura accademica per raccontare la realtà che vivevano o che sapevano essere dietro l'angolo della loro tela. Il Risorgimento faceva muovere la società e con essa anche l'arte che ne era specchio. La pittura canonica non era più sufficiente. C'era bisogno di luce, di movimento, di forza. Di costruire e reinterpretare. Così nascono le nature di una campagna vissuta con il cavalletto piantato in erba e non più presunta o immaginata da dietro un vetro, così i ritratti che cercano di dare copro - e colore - all'anima ed alla personalità dell'individuo. Un viso è uguale ad ogni altro, se non è l'Io ad illuminarlo - di quell'IO vanno a caccia i Macchiaioli. Un Io non necessariamente inteso in senso individuale, ma anche 'sociale'. La mostra allestita a Palazzo Zabarella fino all'8 febbraio, vuole evidenziare le conquiste intellettuali operate dal Movimento. 130 opere provenienti da diversi musei italiani e da collezioni private raccontano le atmosfere del Caffè Michelangelo, della Maremma Toscana, ma soprattutto .- al di là di soggetti ed oggetti - descrivono l'evoluzione di un percorso pittorico e, in una qualche misura, filosofico. L'immagine si fa smaliziata, disinvolta, improvvisa, declamando il suo disprezzo per le accademie e gli atelier. Per un'arte cattedratica che aveva ormai fatto il suo tempo.

Valeria Arnaldi

IL MANTEGNA DELL’OVETARI

Durerà un anno circa, fino a marzo 2004, la mostra allestita nella chiesa degli Eremitani e dedicata al difficile restauro dei frammenti di Mantegna alla cappella Ovetari. Grazie ad un metodo di ricomposizione informatica e virtuale, ideato dall’Istituto di Fisica dell’Università di Padova, sarà possibile ricostruire le Storie dei santi Giacomo e Cristoforo e l’Assunzione di Maria, eseguiti da Mantegna. Vittime del bombardamento del ’44, in cui bombe alleate avevano polverizzato le cappelle Ovetari, dei Dotto e la metà dell’abside maggiore degli Eremitani, i frammenti erano stati quasi dimenticati, in parte per il tempo trascorso, in parte per la mancanza di tecniche adeguate a portare a termine un restauro sicuramente difficile dato che delle opere restavano più che dei frammenti delle vere e proprie macerie. A ciò va aggiunta la contingenza storica che di certo teneva a freno la sensibilità artistica. Nel ’46 i primi frammenti vennero ricomposti, ma si trattava solo di quelli meno danneggiati. Gli altri, bisognosi di maggiori studi, furono riportati a Padova. Dal 1992, anno in cui terminò il trasferimento, sono stati sottoposti a pulitura e studio. Si tratta di 80.735 frammenti, di circa cinque/sei centimetri quadrati – ed arrivano a comporre solo il 10% delle opere originarie, che sono state in alcuni casi sbriciolate dalle bombe, ma anche razziate dai padovani. Quello del Progetto Mantegna è un primo grande traguardo e costituisce l’inizio di un percorso più ampio che mirerà alla ricomposizione dei frammenti degli affreschi di altri autori che decoravano la medesima cappella.

Valeria Arnaldi

PALERMO

IN MEMORIA DI GUTTUSO

Sarà visitabile fino al 30 novembre, la mostra allestita a Villa Cattolica a Bagheria, dedicata a Guttuso. Trecento opere in mostra per ricostruire il percorso del maestro e celebrare il trentennale del Museo dedicato all’artista. "Dal Fronte Nuovo all’Autobiografia, 1946-1966" nasce con l’intento di offrire una panoramica sulle ricerche che in questi anni sono state condotte sull’opera dell’artista. Scomodo per molti versi, Guttuso fu sempre al centro del dibattito sul realismo che ha animato l’Italia nel dopoguerra. Prendendo spunto dalle opere del maestro, ma soprattutto dal ruolo che giocò nel panorama artistico italiano e non solo, la mostra vuole in realtà mostrare uno spaccato della nostra storia. Assieme alle opere, sculture e bozzetti di Guttuso, sono esposte anche opere di artisti stranieri, che hanno condiviso le sue stesse esperienze: Ricasso, Birilli, Corpora, Pizzicato, Turcato, Fazzini, Franchina, Viani, Scarpetta, Savelli e Pignon.
La mostra è stata realizzata grazie ai fondi europei di Agenda 2002 e con altri fondi europei sarà realizzata una mostra, di prossimo allestimento, dedicata alla Famiglia dei Principi Alliata.

Valeria Arnaldi

PARMA

LE LUCI DEI SECOLI BUI

Fino al 6 gennaio, Parma riscopre il Medioevo, nella mostra "Il medioevo europeo do Jacques Le Goff", allestita presso i Voltoni del Guazzatoio del Palazzo della Pilotta. Nata con l'obiettivo di rivelare le luci di secoli tradizionalmente considerati bui, la mostra indaga sui motivi di questa definizione, puntando l'attenzione sulle grandi 'invenzioni' medievali. Dall'arte al libro, passando per l'economia ed il diritto: chi ha detto che questi secoli non furono produttivi? È un errore di interpretazione "novecento-centrico" quello che ha voluto catalogare come oscuro un periodo della nostra storia, che, a ben guardare, non lo era affatto. L'arte gotica esprimeva valori estetici altissimi ed in quello stesso periodo, fu registrata una notevole espansione cittadina, il che implicava un buon funzionamento del sistema economico. Questi ed altri dati furono posti in evidenza negli studi di Le Goff, che nel Medioevo vide anche l'ombra di un'identità europea, nata grazie al cristianesimo che sotto di sé seppe riunire etnie e culture differenti. "La nostra cultura deve moltissimo anche alla presenza di popoli diversi, percepiti a volte come pericolosi estranei, quali gli ebrei e i musulmani… senza il tramite degli arabi tra Oriente e Occidente la nostra scienza non sarebbe oggi quello che è". Una mostra omaggio quindi e, nello stesso tempo, una mostra 'di ricerca' che vuole porre in evidenza il valore storico e 'produttivo' del Medioevo, sottoponendolo ad indagine approfondita. Visitabile fino al 6 gennaio, la mostra raccoglie: opere d'arte, disegni ed oggetti della vita quotidiana, manoscritti, miniature, monete ed un arazzo, gioielli, specchi e molti altri oggetti provenienti da musei di tutto il mondo.

Valeria Arnaldi

PARMIGIANINO

Alla Galleria Nazionale di Parma l’8 febbraio sarà inaugurata una grande monografia dedicata al Parmigianino che resterà aperta fino al 15 maggio, dove potremo ammirare una serie di capolavori, fin’ora in mostra solo nei maggiori musei del mondo come il Louvre, l’Ermitage, Prado e il Metropolitan Museum che hanno accettato di prestare le opere.

F. Di Spirito

PESCARA

IN MOSTRA GLI SCRITTI DEI MAESTRI DEL 700 E DELL’800

Dall’8 marzo al 22 aprile, è allestita a Pescara presso il Museo d’Arte Moderna “Vittoria Colonna”, la mostra “Esposizioni di lettere e documenti originali autografi di illustri personaggi del 1700 e 1800”, che raccoglie alcuni manoscritti dei grandi maestri della letteratura, in particolare, e della cultura, in generale. Esposti scritti di Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Giosuè Carducci, Alexandre Dumas padre, Giovanni Pascoli, Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso conte di Cavour, Luigi XV di Francia, Silvio Pellico, Massimo D’Azeglio, Vittorio Emanuele II, e ancora Verdi, Puccini, Donizetti, Rossigni e Mascagni. Le opere, provenienti da un fondo di proprietà del Comune di Giulianova, sono attualmente conservate presso la Biblioteca “Vincenzo Bindi”.

V.Arnaldi

RIVOLI

E ADESSO LA PUBBLICITÀ

Non solo manifesti e cartelloni, insegne e spot - più o meno d'autore - la pubblicità è un vero fenomeno artistico della nostra contemporaneità. A dimostrarlo, la mostra "Nel paese della pubblicità", allestita fino al 29 febbraio al Museo d'Arte Contemporanea. Specchio della società in cui viviamo, ne è allo stesso tempo musa ispiratrice, imponendo mode e valori e, non dimentichiamo, 'metamorfosi' alla nostra lingua. Veicolo di informazione, diventa infatti formativo nel momento in cui trasmette i suoi tormentoni, i suoi slogan, le situazioni che propone riuscendo a catturare l'attenzione del pubblico e a sedurlo, diventando 'di massa' non tanto - o non solo - per lo sapzio sui media ma per il passaparola. Realizzata in collaborazione con il centro interdipartimentale di ricerca sulla comunicazione dell'Università di Torino, l'esposizione raccoglie una ricca selezione di spot televisivi, realizzati dagli anni '50 fino ai nostri giorni, e provenienti da paesi di tutto il mondo. Il percorso si snoda attraverso 16 ambienti, per raccontare totem e tabù dell'uomo, della casa, della comunità sociale e dello spazio urbano. Ma soprattutto, per raccontare l'evoluzione della società, con i suoi gusti e le sue tendenze.

Valeria Arnaldi

ROMA

ROMA - FASTO PRINCIPESCO. LA CORTE DI DRESDA 1580-1620
(Fondazione Memmo-Palazzo Ruspoli, 2 marzo-25 aprile)

Tesori in mostra. In occasione dei lavori di riallestimento del Historisches Grunes Gewolbe, duecento capolavori di scultura antica e moderna, oreficeria ed arti applicati, sono esposti nelle sale di Palazzo Ruspali, in un’ideale apertura de “la volta verde”, luogo dove venivano custoditi i tesori del Castello di Dresda, nel periodo a cavallo tra Rinascimento e Barocco. Questo momento di passaggio è quello che la mostra di Palazzo Ruspoli si propone di documentare, ricostruendo l’atmosfera di una corte capace di rivaleggiare con le maggiori dinastie europee. Accanto ad armature – tra cui quella realizzata in occasione del battesimo del principe lettore Cristiano I, nell’anno 1591 – argenti, armi, spade ed esoticherie, non mancano le testimonianze della “stanza delle meraviglie”, dove il Principe elettore Augusto di Sassonia collezionava gli oggetti che più lo affascinavano: pezzi in avorio realizzati da raffinati artisti, artigiani e tornitori convocati a corte da ogni parte d’Europa, a oggetti orientali, gioielli rari, e, perfino, pelli di armadillo, salamandre imbalsamate, insetti imprigionati nell’ambra, denti ed unghie di animali feroci, fossili, uova di struzzo, conchiglie ed ogni curiosità della Natura, trasformata, il più delle volte, in calici ed oggetti di forma antropomorfa. Lavorazioni che tradiscono la fantasia del collezionista, ma anche, inevitabilmente, il suo potere economico. Agli oggetti “ricercati”, si aggiungono quelli donati dai sovrani amici, per mezzo dei diplomatici: monete, pietre dure, bronzi e darmi. Le occasioni di scambio erano frequenti, nozze, battesimi e visite di principi stranieri in giornate di torneo, parata, spettacolo o battute di caccia. Tra questi regali, anche delle statuette realizzate dal Giambologna, scultore di corte del Granduca di Toscana, donate nel 1587.

ROMA - TERRA DI MITI.
ARTE E CULTURA IN PROVINCIA dal ‘500 al ‘700
(Complesso del Vittoriano, 23 marzo-24 aprile // ingresso gratuito)

Quadri, olii, incisioni, appunti di viaggio, racconti, note musicali. Tutto per parlare di Roma e della sua provincia, ma, soprattutto, degli artisti che l’hanno amata. Ad invitare gli spettatori è un dipinto di Gaspare van Wittel, il Vanvitelli per intenderci, “Veduta di Tivoli con le cascatelle e la villa di Mecenate”. Realizzata nel 1730, la veduta sembra richiamare una sorta di età dell’oro della campagna romana. Oro per le arti e la cultura. Oro per la bellezza delle opere ed il favore dei mecenati. A quest’oro è dedicata la mostra, un viaggio tra vedute che va alla ricerca, però, degli occhi e della mano che quelle vedute hanno saputo immortalare. Un discorso valido per tutte le arti e non solo per la pittura. Così, la mostra parla dei protagonisti, o meglio, dei “miti” di tre secoli, pittori, scrittori e musicisti, ma anche famiglie nobili.
Il percorso della mostra si snoda attraverso cinque sezioni.
La prima è dedicata ai pittori italiani e stranieri, che hanno ritratto il territorio o che, più semplicemente, sono stati ospiti delle nobili dimore locali per decorarle. Antesignani sono Michelangelo (la Pietà di Palestrina), Gian Lorenzo Bernini (Ariccia), Pietro da Cortona (Palazzo Saccehhti Chigi di Castel Fusano). Poi Annibale Carracci, Carlo Maratta, Gaspar van Wittel e Gaspar Dughet.
Dai dipinti alle incisioni: Marcantonio Raimondi, Alessandro Specchi, fino ad arrivare a Giovan Battista Piranesi.
La seconda sezione è dedicata agli scrittori del Grand Tour: Michel de Montagne nel 1581, alla “scoperta” di Tivoli, Albert de Montesquieu che nel 1729 girovaga tra i Castelli Romani e perfino il Marchese de Sade. Non potevano mancare le passeggiate di Goethe, immortalate in scritti, disegni ed acquerelli.
Ai musicisti è intitolata la terza sezione: Pier Luigi da Palestrina, Giovanni Maria Nanino di Tivoli, Giovanni Bernardino Nanino, Francesco Soriano, i fratelli Felice Anerio, Giovanni Francesco Anerio e Giacomo Carissimi, nativo di Marino, organista a Tivoli, affermatosi a Roma come compositore di oratori.
Le famiglie nobili, protagoniste della quarta sezione, sono responsabili del cambiamento della provincia romana, dove i borghi del ‘500 lasciano il posto ad abitazioni aristocratiche fortificate. Sono gli Aldobrandini di Frascati, i Barberini di Articoli Corrado, i Borghese ad Artena, Montecompatri, Monteporzio Catone e Nettuno, i Cesarini a Genoano, i Chigi ad Ariccia e Castelfusano, i Colonna a Castelnuovo di Porto, Genazzano e Marino, gli Orsini a Bracciano, i Pallavicini Rospigliosi a Zagarolo.
Dai nobili con i loro cardinali ai pontefici il passo è breve. A loro è intitolata la quinta ed ultima sezione della mostra.

‘900: la grafica europea

Fino al 2 maggio, l’istituto nazionale per la grafica ospita la mostra “l’europa nella grafica del novecento”, che riunisce duecento incisioni provenienti dalla collezione appartenuta alla studiosa luciana tabarroni, poi acquistata dalla pinacoteca nazionale di bologna. L’esposizione mette in luce un particolare caso di collezionismo di grafica nella storia bolognese – quello della tabarroni appunto - che può dirsi erede di una lunga tradizione di collezionisti tra nobili, borghesi, artisti e studiosi. Il percorso segue una rigorosa impostazione storica che è poi alla base della collezione stessa, scandita dalle date di nascita e ripartita per nazioni. Non mancano collegamenti con le radici ottocentesche dell’arte della grafica. Interessante è anche la presenza di artisti che, malgrado non venga considerata la nazione da cui provengono, sono stati inseriti in collezione ed assimilati alla loro patria adottiva. Principio questo che ha permesso di inserire in mostra anche grafici non propriamente europei. Un percorso cronologico quindi che trasversamlmente va ad analizzare le diverse correnti artistiche, più o meno note: accanto a liberty, cubismo ed espressionismo troviamo ad esempio il vorticismo inglese, passando per impressionismo, secessione di monaco ed espressionismo arriviamo fino alle più recenti esperienze contemporanee. A completare un già ricco percorso, alcune stampe rare di gauguin, toulouse lautrec, munch, morandi, cezanne, picasso e carrà. Già esposta a bologna, la mostra a roma si arricchisce di alcune lastre incise dagli artisti italiani esposti, nel tentativo di costruire un percorso intorduttivo alle tecniche incisorie.

IL GIOCO E LA VITTORIA

Opere e versi per raccontare il mito del corpo nell’antichità greca e latina. Corpo che manifesta la pienezza delle sue potenzialità nel gioco e nella vittoria. È questo il tema cui è dedicata la mostra nike. Il gioco e la vittoria, allestita presso il Colosseo a Roma fino al 7 gennaio. Sono settanta le opere esposte, provenienti dai maggiori musei archeologici nazionali ed internazionali: vasi attici, sculture, mosaici ed oggetti di vari tipo per raccontare le origini delle olimpiadi, le specialità sportive e gli allenamenti degli atleti, in un itinerario che prende le mosse dagli allenamenti nel ginnasio per arrivare fino alla premiazione dei campioni.
L’allenamento del corpo aveva nella Grecia classica un peso pari a quello dell’educazione dello spirito. Filosofia, sport e cultura procedevano di pari passo e costituivano i momenti essenziali della formazione dell’individuo. Sport che veniva vissuto dall’atleta e dallo spettatore. Con la stessa importanza e serietà. Dall’allenamento al premio passando per le varie discipline, la mostra illustra, anche grazie ad un allestimento essenziale, la nobiltà delle olimpiadi greche, ma anche il diverso spirito dei giochi romani, in cui gli atleti lasciavano da parte l’eleganza classica, frutto dell’idealizzazione dell’immagine estetica, per diventare strumento di divertimento ed oggetto di un tifo spesso sfrenato. Uomini in gara per conquistare la nike, che con le ali spiegate e la veste ondeggiante, è pronta a balzare dall’olimpo alla terra per portare la gloria all’uomo. Le sue ali sono il simbolo della grandezza del campione che si eleva sugli altri uomini, ma nello stesso tempo ricordano anche la fugacità
del momento da cogliere. La vittoria è ora di uno ora dell’altro, corre senza sosta, offrendosi solo per un attimo all’abbraccio dell’atleta, dal quale fugge subito dopo alla ricerca di un nuovo campione. "E’ il vincitore, per il resto della sua vita" Come scrive pindaro "conosce la felicità e la gioia che gli vengono dai giochi. È una gioia che si trasmette nel tempo, nei giorni: è la gloria, bene supremo per gli uomini."

Valeria Arnaldi

LA MUSA ALCOLICA

Dall'11 ottobre all'8 febbraio, Toulouse Lautrec conquista Roma, con i suoi colori e le sue disperazioni, follie, perversioni. La sua Parigi tormentata, sempre alla ricerca di se stessa, travolta in un vortice di avvenimenti e stimoli che le fanno perdere la coscienza di ciò che è. Aristocratici, clown, sportivi e ballerine, can can bordelli e caffè: sono questi i personaggi e gli sfondi delle tele di Toulouse, fatti per perdersi e far perdere nell'oblio di notti confuse, stordite, consumate. Oli su tela e disegni costituiscono l'imponente materiale di questa prima rassegna che Roma dedica all'artista francese, che forse con maggior puntualità ha saputo rendere la Parigi di fine ottocento inizi Novecento. Affetto da una grave deformazione fisica, l'artista si rifugia in un mondo di fantasia ed arte che lo salva da se stesso, fin quando però la necessità di trovare stimoli ed ispirazione, il bisogno di una musa alcolica, lo rendono schiavo delle sue stesse fantasie. Habituèe dei locali, Toulouse è un alcolizzato che non riesce più ad esprimere la sua creatività artistica. I colori si incupiscono e perdono la loro lucentezza, scompaiono le trasparenze per lasciare spazi a dei rosso intensi, pastosi, compatti. Muore a trentasettenne anni, colpito da un ictus. Sulla sua opera i critici, nel tempo, hanno espresso giudizi molto differenti. C'è chi lo ha tacciato di superficialità, chi invece ha percepito i messaggi subliminali che l'artista tentava, forse, di affidare ai propri colori. I suoi locali, gli amori fugaci, a volte comprati, tra uomini e donne, il bere,la danza, gli svaghi, sono tristi, disperati e decadenti, rassegnati. È lo spirito della morte che si fa sentire, l'anima di una malattia, che si suggerisce per poi nascondersi sempre però mantenendosi presente. Quella malattia va in mostra, sotto i riflettori e gli sguardi, cercando di mascherare il proprio dolore con un nuovo vestito fatto della gioventù mai goduta a pieno.

Valeria Arnaldi

LA MALATTIA DELL'ARTE

Se ne parla da tempo come dell'esposizione più importante dell'anno: dal 27 settembre al 6 gennaio, le Scuderie del Quirinale diventano, nello stesso tempo, museo, studio e laboratorio, ospitando la mostra " Metafisica". De Chirico è il padre di questo filone che va alla ricerca di una realtà 'altra' che sia 'oltre'. Una realtà irreale che nel suo essere simbolica, immaginifica, perfetta e surreale, diventa l'unica realtà possibile per gli artisti e le loro Muse. Una pittura freudiana che nasce dall'ansia intima dell'uomo, che mira a sublimare gioie e dolori, storie ed illusioni dell'umanità intera, regalandole l'oblio della dimensione. Quello di De Chirico è un mondo ordinato nella sua assurdità. È la precisione dell'inutile e dell'impossibile, l'anima dell'intelletto tradotta in colore. Quelli su tela sono pensieri cui la sensibilità dell'artista regala un volto ed un corpo. Città ideali, manichini, prospettive enigmatiche, ombre ed elementi tradizionali, ricordi e progetti si mescolano dando vita alla realtà di una memoria contaminata dal sogno. Alla memoria di un esule, che lontano dalla patria, soffre di una nostalgia esistenziale e cerca di darle rimedio dando corpo alle filosofie novecentesche. Le Muse senza volto inquietano perché parlano di un'algida lontananza, che si nutre di bellezza e non anela a nulla d'altro. O forse a nulla. È la perfezione del Parnaso, da cui l'uomo è escluso proprio per il suo essere soggetto senziente, capace di provare dolore e quindi vinto. La metafisica è fuga, nel suo essere percorso e meta. Ed è fuga in se stessi, nel regno di un IO che è Subconscio. In questo indiscutibile figlia del secolo che l'ha generata.
Ma la Metafisica non è solo De Chirico. Sono esposte anche opere di Carrà, Morandi, Savinio, De Pisis e poi i surrealisti Tanguy, Mirò, Giacometti, Ernst e Magritte, Picasso, Dalì. Tutti insieme per conquistare il cielo, il sogno e l'illusione

Valeria Arnaldi

LA METAFISICA

Sono 114 le opere in mostra fino al 6 gennaio alle Scuderie del Quirinale a Roma per raccontare la tensione dell'uomo - ed in questo caso dell'artista - verso il metafisico, verso il surreale, verso ciò che pur non esistendo nella realtà viene percepito come reale da chi lo pensa, lo immagina, lo inventa. Padre della metafisica è da sempre considerato Giorgio De Chirico, con le sue algide muse senza volto, che vivono in città ideali figlie di un classicismo atemporale, capace di stordire l'uomo con tanta perfezione asettica e ricordargli la piccolezza della vita, figlia della ragione e del caos, ma anche le bellezze dell'imprevisto. De Chirico ma non solo De Chirico. In mostra sono esposti anche Savinio, Carrà, Moranti, Sironi e ancora Giacometti, Tanguy e Picasso, solo per citarne alcuni. Sono colori e linee che si inseguono, si scavalcano, affondano l'uno nell'altro, per porsi entrambi in evidenza alla ricerca di un corpo di tela, di un pianeta d'arte che permetta all'anima di uscire a fior di pelle, o forse a fior di ciglia, di mostrarsi mascherata di tutte le sue illusioni e fobie, per affacciarsi un attimo sul mondo, studiarlo e rivestirlo delle proprie sensazioni e dei propri pensieri. Così è l'arte a guardare lo spettatore e non viceversa, o perlomeno non soltanto. È l'arte che scava nell'uomo, alla ricerca di un concetto di bello, che vada oltre quello tradizionalmente e banalmente inteso, per superare la materia. È l'arte che si propone come l'unico al di là possibile. Torna il bene supremo di Platone, tornano gli dei dell'Olimpo, le Muse del Parnaso, tornano in scena i paradossi ed i contrasti, che casualmente o per magia, si rivelano armonici. Nel desiderio di recuperare un passato classico, gli artisti inventano il futuro, facendo incontrare Eraclito e Nietzsche, per utilizzare le loro diverse percezioni, deformandole, variandole, dipingendole per dare loro corpo. La materia perde di peso e di importanza. Il colore si accentua, diventando - per contrasto - sempre più trasparente e meno definito, ma più solido e concreto. Ogni quadro, ogni opera è un salto improvviso dentro l'anima. Di chi è autore e di chi semplicemente è spettatore, in un continuo scambio creativo tra i due, che fa dell'uno il sacerdote della poesia dell'altro e viceversa.

Valeria Arnaldi

PERSONE

Persone. A colori e in bianco e nero. Persone di ieri e di oggi, che hanno in maniera diversa segnato la storia. Persone che sono comunità, gruppi ed espressioni di un 'identità collettiva. persone che siamo stati, che siamo e che diventeremo. È questo il tema della mostra "Ritratti di gruppo da Van Dyck a De Chirico", allestita a Palazzo Venezia a Roma, fino al 15 febbraio.
con una ricca selezione di opere pittoriche e fotografiche, l'esposizione illustra la storia del concetto di identità, attraverso la sua rappresentazione. è il ritratto - ed in particolar modo quello di gruppo - a raccontare l'evoluzione, dal Cinquecento alla seconda metà del Novecento, dei concetti di continuità familiare, trasmissione dei beni e del potere, affermazione di sé nella scena pubblica e mitizzazione di intere classi sociali. Nonché - come ogni immagine - i valori di un'epoca: etici, estetici, politici ed artistici. Articolato in più sezioni tematiche, il percorso prende le mosse dalle raffigurazioni di importanti gerarchi ecclesiastiche ed aristocratiche per indagare l'importanza del ritratto politico come testimonianza di avanzamento sociale ed affermazione culturale di un gruppo. Ma anche come denuncia, laddove il gruppo non è più espressione di forza, ma summa di emarginati, esclusi dalla storia e dagli altri.
Da qui ad un'élite che impone il proprio volere contro l'individuo il passo non è poi così lungo. Una mostra tematica, quindi, questa di Palazzo Venezia che vuole sì puntare l'attenzione sul valore artistico delle opere proposte, ma esaltandone anche il significato sociale, antropologico e psicologico. Il ritratto di gruppo è stato, in un certo senso, trascurato da critici e studiosi. L'esposizione vuole contribuire all'indagine dei fondamenti della pittura religiosa e profana: da cerimoniali liturgici e passioni mistiche a miti, leggende e narrazioni che nel gruppo trovano la loro migliore espressione.
Van Dyck, Hayez, Annibale Carracci e non solo: molti i grandi nomi in mostra per tributare un omaggio alla comunità intesa nella sua interezza, ma anche e soprattutto all'individuo, che di quella stessa comunità è il cuore.

Valeria Arnaldi

LE COLLEZIONI DI CRISTINA

Una bambina stretta in un abito rosa a fiori: appariva così Cristina di Svezia il giorno in cui, all'età di soli cinque anni, successe sul trono al padre, morto in battaglia. Piccola e fragile, ma solo in apparenza. Le bastò poco tempo, infatti, per diventare una regina tanto potente e carismatica, da segnare un'intera epoca. Condusse la Svezia al termine della guerra dei trent'anni ed alla pace di Westfalia, si convertì al cristianesimo ed il suo intenso amore per l'arte la portò a vivere a Roma. E a Roma - e precisamente a Palazzo Ruspoli - torna proprio la sua ricca collezione d'opere d'arte, in mostra fino al 15 gennaio. L'esposizione "Cristina di Svezia. Le collezioni reali", con 150 oggetti, illustra l'evoluzione della storia e del gusto del paese scandinavo tra il XVII ed il XVIII secolo, o potremmo dire tra il regno di Cristina, la cui collezione dà inizio al percorso della mostra, e quello di Gustavo III, che invece quel percorso va a chiuderlo. Due figure decisamente interessanti e fortemente legate all'Italia. Se Cristina infatti decise addirittura di vivervi per un determinato periodo, Gustavo dal nostro paese fu sedotto ma ne fu anche seduttore: è lui, infatti, il re del "Ballo in maschera" di Verdi. La mostra racconta i salotti in cui Cristina si intratteneva con i maggiori dotti del suo tempo - ricordiamo che Cartesio morì a Stoccolma - ma anche il neoclassicismo svedese di cui gustavo fu il padre. A questo egli aggiunse la vocazione e l'amore smisurato per il teatro e per l'opera che lo portarono anche a scrivere drammi, e a disegnare scenografie e costumi. Tanto amore per il bello si manifestava in diverse maniere: dall'organizzazione di tornei e caroselli di stampo cavalleresco all'ammodernamento dell'architettura dei giardini svedesi, con i quali cambiò volto al paese.
Storia ed arte della Svezia quindi vanno in mostra a Roma, legate in maniera indissolubile, per parlare di case regnanti e di potere, ma soprattutto di bellezza e dell'anelito - profondamente umano - alla sua conquista.

Valeria Arnaldi

L'ORAFO DEGLI ZAR

Conquistò la Russia con le uova più belle del mondo. A Peter Carl Fabergè, il Museo del Corso a Roma dedica la mostra "L'orafo degli zar", visitabile fino al 18 gennaio.
Fabergè viaggiò a lungo per l'Europa, acquisendone gli infiniti stimoli culturali, prima di dare vita allo stile personalissimo che lo ha reso l'orafo più celebre della sua epoca e non solo. Frutto dell'ispirazione derivata da stili di epoche diverse - dall'arte gotica all'art Nouveau - con contaminazioni occidentali ed orientali, lo stile Fabergè è caratterizzato dalla predilezione per l'impiego di tecniche antiche - in tutto o in parte cadute in disuso - dall'utilizzo di leghe speciali, e di smalti traslucidi di vari colori lavorati a incavo su uno sfondo arabescato. Ma le definizioni tecniche poco o nulla riescono a far percepire dello splendore di questi oggetti finemente lavorati nei più piccoli dettagli. Un'oreficeria di tal fatta si prestava a gioielli fuori del comune, adatti ad essere indossati o posseduti dagli zar.
Fu proprio uno zar - Alessandro III - a determinare e decretare il successo Fabergè, commissionandogli un prezioso uovo di pasqua con sorpresa da donare alla Zarina Maria. Era il 1885, da quell'anno fino alla rivoluzione del 1917, Fabergè disegnò e realizzò la collezione di uova imperiali, diventando l'orafo di corte.
Se le uova sono di una bellezza incomparabile, non di meno lo sono le preziose miniature in esse contenute.
Uova ma non solo, l'oreficeria Fabergè raggiungeva infatti livelli di precisione e finezza in ognuno dei tanti oggetti realizzati, trasformando il più semplice pezzo in una esclusiva opera d'arte.

Valeria Arnaldi

LEONARDO O NON LEONARDO?

È stata dichiarata di certa paternità Leonardesca, suscitando non poche polemiche tra gli storici dell'arte la Madonna Litta, che grazie all'impegno di banca intesa è esposta al palazzo del Quirinale a Roma fino al 10 dicembre. Ed, in effetti, tanto certa questa paternità non è. La Madonna porta il nome Litta perché fu proprio il duca Litta, che l'aveva ereditata dai Visconti, a venderla allo Zar Alessandro II nel 1865. In Russia l'opera arrivò come un Leonardo, ma anche a quell'epoca la questione era dibattuta. Un viso da bambina contrapposto alla matura consapevolezza del Gesù che tiene in braccio; lo sguardo basso, carezzevole, ma forse più ancora consapevole e per questo già sofferente. Un quadro familiare, in cui una madre culla il suo bimbo, ma anche un'immagine solenne, ricca di simboli legati all'antico e nuovo testamento. Primo tra tutti il cardellino, che secondo la tradizione si sarebbe punto con le spine della corona del cristo. Un lavoro raffinato come dimostrano la cura per i dettagli ed il gioco intellettuale di una Madonna-madre che però, seppure in tono dimesso, si veste dei colori della sua iconografia. Ma nello stesso tempo, una fattura, uno stile impacciato e delle tecniche che, secondo alcuni critici, escludono con assoluta certezza la mano del genio quattrocentesco. Ad un suo schizzo forse l'autore di questo dipinto si sarebbe ispirato per il volto muliebre - questo il massimo concesso. Ed in effetti la madonna Litta non è citata in alcun catalogo delle opere di Leonardo da 130 anni. ma la scuola russa si fa al contrario, strenua assertrice dell'autografia. Forse, la soluzione migliore è sempre quella antica dell'in medio stat virtus, secondo cui da chiunque sia stato eseguito materialmente, questo dipinto respira comunque l'aria di Leonardo, vivendo della sua presenza tecnica, intellettuale e spirituale ed essendo, quindi, partecipe del suo genio.
Il dipinto da Roma, si sposterà poi a Palazzo Ducale a Venezia dove rimarrà fino al 15 gennaio.

Valeria Arnaldi

 

IL CANTIERE DELL'ACROPOLI

Festeggia un quarto di secolo il cantiere di restauro che dal 1975 nasconde e protegge l'Acropoli di Atene, nei suoi monumenti più noti e significativi: dal Partenone al Tempio di Atena Nike. Un cantiere che sembra non disturbare eccessivamente i turisti e che, anzi, diventa in un certo senso esso stesso attrattiva. Ad Atene, perché è il restauro, con le sue lentezze e la sua minuzia a diventare oggetto di studio e di interesse. A Roma perché la sua documentazione fotografica diventa una mostra, visitabile fino al 15 febbraio 2004 ai Mercati di Traiano. Ed, in entrambe le capitali perché questo restauro offre lo spunto per approfondimenti e ricerche sul tema della ricostruzione in ambito archeologico. Metallo per una trama di sostegno attentamente calibrata e pietra bianca e non lavorata in cui inserire i frammenti marmorei – sono questi gli elementi che consentono agli archeologi e consentiranno al pubblico di tornare indietro nel tempo, muovendo i propri passi nel passato, senza più bisogno di una buona dose di cultura personale ed immaginazione. Lo dimostra il Foro Attico di Augusto ricostruito ed esposto anch'esso in mostra per testimoniare lo stretto legame tra il restauro greco e quello romano dei fori imperiali. madri dell'occidente, l'Atene e la Roma dell'antichità torneranno presto a vivere. Per i Fori in un apposito museo. Per la Grecia, sul colle che domina la sua capitale e che, forse, per le prossime olimpiadi, ci riserverà la “sorpresa” di un nuovo ed integro Partenone a metà tra realtà e finzione.

Valeria Arnaldi

A PASSEGGIO NELLA STORIA

Materiale fotografico, progetti e dipinti per ripercorrere la storia della Galleria Colonna e, attraverso di essa, quella della città. Sede storica della cultura romana, oggi la galleria, diventa oggetto di una mostra, ospitata a Palazzo Braschi a Roma fino al 18 gennaio. Il percorso prende le mosse dalla demolizione di Palazzo Piombino, avvenuta nel 1889, passando per l'approvazione del progetto carbone del 1911, per arrivare ai lavori di restauro, condotti in tempi diversi fino a quelli più recenti che regaleranno alla città un nuovo centro culturale polifunzionale. Ad un primo momento dedicato alla fase precedente la costruzione, fa seguito una panoramica di progetti proposti da piccoli e grandi architetti dell'epoca, affiancati da alcune visioni d'artista, che raccontano la forma ideale che la piazza avrebbe dovuto avere ed il sogno di una passeggiata liberty dissimulata in un palazzo romano. Progetti e foto dell'epoca vengono messi a raffronto con l'immagine attuale dell'edificio, a seguito delle opere di restauro e riqualificazione per illustrare la difficoltà di restituire l'aspetto originario alla galleria, arricchendola però di nuovi strumenti di alta tecnologia e di negozi prestigiosi. Da progetto, la galleria sarà dotata, infatti, di 50 esercizi commerciali e di un parcheggio sotterraneo di 2000 mq. La mostra è un'occasione per ricordare ed omaggiare la Roma sparita. Non a caso è stato scelto come sede espositiva Palazzo Braschi, tesoro di opere d'arte situato nel cuore della città.

Valeria Arnaldi

IN CIELO, IN MARE, IN TERRA

Fino al 5 marzo, l'Accademia Belgica di Roma ospita la mostra "In cielo, in mare, in terra: due secoli di scienza in Belgio". l'esposizione racconta le grandi conquiste scientifiche operate tra il 1815 ed il 2001, e soprattutto le ricadute che queste stesse scoperte hanno avuto nella percezione che si aveva del mondo. Dalla geologia alla meteorologia, passando per la chimica, la botanica, la biologia e la fisica, il Belgio ha segnato dei grandi traguardi in campo scientifico, distinguendosi per un'interessante apertura al mecenatismo privato e alle collaborazioni con scienziati di altre nazionalità. Fu re Alberto I, nel 1927, a parlare della necessità che gli industriali investissero nella ricerca e nella conquista di un sempre maggiore progresso, precorrendo nettamente i tempi e ponendo le basi per la nascita del fondo nazionale di ricerca scientifica. Chi non va avanti, ad oggi, va indietro: questa la motivazione del re, nel puntare attenzione e fondi sulla ricerca scientifica nei suoi diversi aspetti. Una politica che ha dato importanti voci al dibattito scientifico internazionale. i pezzi esposti costituiscono, per ovvie ragioni di spazio, una minima parte di quelli che in autunno in Belgio sono stati il cuore della mostra "Labo XIX-21. Dalla scienza nazionale alle reti planetarie", che, patrocinata dalle istituzioni politico-scientifiche federali, è destinata a viaggiare all'estero, raggiungendo subito dopo Roma, la città di Parigi. una mostra interessante, che accosta la scienza all'arte e all'illusione, ma anche alla morale sociale ed alla religione per parlare sempre e comunque dell'uomo e del suo desiderio di superare i limiti o di illudersi che quei limiti proprio non esistano.

Valeria Arnaldi

L'EDEN DI OTA

Dell'oriente la semplicità, dell'occidente la ricchezza: sono questi gli ingredienti dell'opera di Kohei Ota, mistico dell'arte che nato in Giappone ha deciso di trasferirsi in Italia, e precisamente a Cortona. Il suo universo è quello di un eden primordiale da cui provengono e a cui tendono gli uomini. Meta del viaggio dell'umanità è la riconquista di una semplicità, connaturata all'uomo ma da questi troppo spesso dimenticata. Il futuro è quindi il punto di arrivo di un percorso ciclico che prende le mosse dal passato a quello stesso passato ritorna, in maniera più consapevole perché arricchito dall'esperienza.
Semplicità quindi ma anche raffinatezza ed eleganza. Quella di Ota è un'arte che al di là del semplice godimento estetico è ricca di stimoli concettuali. Basti pensare alla Venere di Botticelli e al David michelangiolesco che da Ota vengono scelti come Adamo ed Eva di un nuovo paradiso. Tutto da inventare. Tracce - questo il titolo della mostra visitabile fino al 4 marzo allo Zen Sushi Bar di Roma. Tracce da seguire sicuramente, ma anche tracce da lasciare a chi verrà.

Valeria Arnaldi

LUCI MEDITERRANEE

Luce che punta l'attenzione sul soggetto, ma che sembra poi scavalcarlo per porsi essa stessa al centro dell'azione: è Giuseppe Modica, pittore siciliano che porta sulla tela la sua anima mediterranea, ma anche dei toni azzurrati di quiete che da quell'anima sembrano volersi discostare. A cavallo tra reale e surreale, immaginazione e concretezza, Modica racconta la sua personale percezione del quotidiano, mostrandola attraverso un vetro, uno specchio comunque una parete che sia d'ostacolo ma solo in apparenza, per diventare poi veicolo e cassa di risonanza dell'immagine stessa. Ma soprattutto per porre l'attenzione sul concetto di "filtro", intendendo con questo termine lo stesso sguardo dell'uomo che non è mai libero di guardare con semplicità, ma porta con sé sempre un background culturale che di quello sguardo è padre. Fino al 20 febbraio, le sue opere sono in mostra al Complesso del Vittoriano a Roma, in un percorso che prendendo le mosse dai lavori del 1989 arriva fino a quelli recentissimi dell'anno appena passato. L'amore per la Sicilia si evince sin dai primi lavori negli sfondi che sanno di sole ed acqua di mare, nelle ceramiche spezzate e nell'aria che sembra rarefarsi intorno ai soggetti dando loro una patina di immortalità. Altrettanto evidente è il rimando al surrealismo di stampo magrittiano che sfrutta i vuoti per parlare degli uomini - e delle donne - che li attraversano. Diretta conseguenza di una tradizione antica, la pittura di modica illustra una realtà atemporale che è però ben legata ai cambiamenti del sociale. A dimostrarlo i corpi femminili, voluttuosi e morbidi solo nell'inganno di una sensualità mediterranea percepita per stereotipi, che però si rivelano invece diafani ed in una certa misura diluiti nello spazio, a togliere peso al corpo, e concretezza al ritratto.

Valeria Arnaldi

COLORI GITANI

Colori vivaci, ardenti, variegati, esplosioni di luce che raccontano danza, musica, allegria, ma anche sofferenza, dolore, privazioni e difficoltà di integrazione. All'Accademia d'Ungheria a Roma, fino al 13 febbraio sono esposte oltre cento tele realizzate da artisti rom ungheresi autodidatti. Promossa dalla fondazione "Romart" l'esposizione "La pittura naif dei pittori rom ungheresi" traccia un percorso ben delineato nello stile pittorico di un popolo, conosciuto - a livello artistico - principalmente per la musica. Ciò che colpisce è l'immediatezza dei dipinti, che avvalendosi a volte anche di un piccolo testo spennellato a dare voce alla figura ritratta, raccontano i viaggi, le tradizioni, la filosofia e le aperture di una cultura in perenne movimento. Accanto ad un'ispirazione di matrice fantastica ed onirica, troviamo la lucida concretezza della tragedia, il tentativo di esplorare e raccontare la profondità della vita. E di autoraccontarsi. Molte sono infatti le tele che celebrano la cultura rom, attraverso i mestieri tradizionali che stanno sparendo, le consuetudini, o semplicemente le tappe del lungo percorso migratorio tra paesi ed epoche diverse. La mostra nasce con l'intento di ribadire l'importanza di una politica di apertura nei confronti delle culture di tutti i paesi membri dell'UE, allo scopo di favorire l'integrazione anche delle minoranze. Un esempio importante di questa politica viene proprio dall'Ungheria. Qui infatti, dove i Rom costituiscono la minoranza più grande del territorio, è stato loro concesso di avere un rappresentante in parlamento per discutere questioni che, ad oggi, malgrado grandi passi avanti, per questo popolo
ancora costituiscono delle serie problematiche: abitazione, istruzione, occupazione e sanità.


Valeria Arnaldi

LE GOAUCHES NAPOLETANE - fino al 16 novembre

Meta privilegiata del Grand Tour, Napoli è stata un importante oggetto e soggetto d'arte e di studio tra il '700 e l'800. In questo periodo, infatti, i gentiluomini stranieri, che scendevano in Italia, non potevano non fermarsi a Roma e nell'hinterland napoletano. Spesso, anzi, le due città, venivano considerate gemelle, per le splendide antichità che ospitavano ed ospitano e per la calda ospitalità dei loro abitanti. Tanto turismo 'di lusso' non poteva non portare con sé una vera e propria industria d'arte. Sono nate così le Goauches - souvenirs immancabili per un'élite colta e raffinata. Oggi quei ricordi diventano protagonisti di una mostra, allestita presso i Musei Capitolini e visitabile fino al 16 novembre. Ercolano e Pompei, scoperte proprio nel '700, e Paestum sono le vestigia di un'antichità maestosa che accoglie il visitatore, per stabilire immediato il raccordo tra passato e presente, e ribadire la familiarità di un Mediterraneo culla della cultura occidentale del quale gli intellettuali si consideravano comunque figli. Sono toni pastello, di un pennello intinto di nostalgia e decadenza, sedotto dall'anima romantica di cui è e sarà un'affascinante espressione. Memorie di viaggio, quindi, fatte per muovere l'anima anche alla distanza, che nel colore cercano di fermare sole e sabbia, profumi e sincerità di una terra ricca di storia. Ma anche la sua drammaticità, laddove la natura, a volte arcigna, redarguisce gli uomini ricordandone la meschinità, attraverso l'esplosione irruente di tutti i suoi colori. È il vulcano - ombra nera sporcata del sangue rosso delle sue intimità - che inonda l'orizzonte con un dolore viscerale. Ma che lo illumina anche, tagliando la notte di lapilli e fontane di luce, come fossero i fuochi artificiali di una napoletanità paga di se stessa.
Infine, l'ultimo sguardo è dedicato al pittoresco, e quindi alla vita quotidiana, che guardata con l'occhio e la sensibilità dell'artista, diventa oggetto d'arte, trasformando la 'plebe lazzarona' in metafora di una felicità umana. Semplice e alla portata di ognuno.


Valeria Arnaldi

E42

Disegni preliminari, bozzetti preparatori, disegni tecnici, e ancora fotografie d'epoca, ricostruzioni, mobili ed arredi originali, filmati storici. Sono questi i materiali documentari esposti all'archivio di stato dell'Eur a Roma, nella mostra 'E 42' visitabile fino al 5 dicembre. Obiettivo dell'esposizione è quello di far conoscere le atmosfere culturali capitoline degli anni '30 e '40 di cui il quartiere è uno splendido esempio. Con i suoi edifici e piazze così imponenti ed un urbanistica regolare al punto da far pensare alla città ideale di un dipinto quattrocentesco, potremmo dire che l'Eur introduce in architettura il concetto di metafisica. questa almeno, era l'interpretazione che del quartiere offriva Federico Fellini, profondamente affascinato da quello che definiva 'un senso di improbabilità, di provvisorietà, di continuo rinnovamento" tradotto in marmo. 'E 42' vuole essere un omaggio al quartiere, realizzato mostrandone la storia e la memoria, ma anche guardando avanti, prendendo spunto dal passato. Giovani architetti saranno infatti chiamati a fornire una loro personale e moderna interpretazione delle opere dei grandi maestri dell'architettura della metà del XX secolo ed accompagneranno i visitatori, illustrando le loro creazioni e quelle dei loro più celebri colleghi.
Il percorso della mostra è articolato in nove strutture espositive, mini architetture progettate dagli studenti del corso di arredamento e architettura degli interni dell'Università "La Sapienza". Ognuna di queste strutture è dedicata ad uno specifico tema, illustrato con documenti dell'epoca: dal palazzo della civiltà italiana alle esedre fino ad arrivare ad una specifica sezione contenenti i progetti di arredamento di Guglielmo Ulrich, con mobili appositamente disegnati per il palazzo degli uffici. 9 tappe di un percorso artistico, storico e culturale che ha portato l'Eur ad essere oggi una sorta di City della capitale, sede di importanti istituzioni internazionali, ministeri e musei.

Valeria Arnaldi

Samuel Fosso

Il particolare per il tutto, l’individuo per la collettività, il proprio passato personale per la storia dell’uomo: negli autoritratti esposti alla calcografia a roma, samuel fosso racconta la difficile storia della sua vita, ma anche la tragica cronaca africana della guerra in biafra, del dolore e delle difficoltà quotidiane. Paralizzato alle gambe fino all’età di quattro anni, durante la guerra fosso si nascose nella boscaglia riuscendo così a salvarsi, da lì riparò in nigeria e poi nella repubblica centrafricana, portando comunque negli occhi la memoria di un milione di morti e cinque milioni di rifugiati senza cibo, ma anche il ricordo delle tensioni postcoloniali: tutti fattori questi che lo hanno portato ad isolarsi e rinchiudersi in un microcosmo di cui essere signore unico. Di quel microcosmo fosso è la mente ma anche il corpo, e proprio con il corpo gioca, mascherandolo e portandolo da un estremo all’altro, coprendo con il colore la disperazione di essere comunque uno: una voce, un pensiero, uno strumento. Ma da quell’unicità sentendosi anche inorgoglito, e responsabilizzato, trasformando il bisogno di uscire da sé nell’imperativo del comunicatore. L’autoritratto abbandona i canoni tradizionali ed i tradizionali significati per elaborare tematiche sociali e politiche con fantasia ed originalità. Accanto a questi, sono esposti anche alcuni esempi della sua attività professionale che mostrano l’importanza che in africa ha ancora oggi il ritratto in studio.

Frammenti in Festa

“quando mi metto a dipingere, faccio l’impossibile per eliminare dalla tela tutto ciò che è bianco, tutto ciò che mi darebbe fastidio. Mi sforzo di creare una superficie torbida sulla quale poter cominciare a cercare, a tentoni, un certo ordine che modifichi man mano quello precedente e crei un altro disordine. È il materiale che crea la superficie mentale dalla quale posso partire alla ricerca del tempo.” Con queste parole endre roszda cercava di spiegare la sua filosofia pittorica. Ungherese, rozsda visse in prima persona i difficili anni dell’oscurantismo comunista che lo portarono nel 1957 a scegliere la via dell’esilio eleggendo a sua patria artistica parigi. A quell’oscurantismo, egli rispose con l’esaltazione e la celebrazione di un colore tanto sgargiante da frammentarsi e frammentare la forma che avrebbe dovuto rivestire. Colore ma non solo: è luce quella che rozsda porta sulle sue tele, una luce interiore, vibrante di tutto quello che solo il surrealismo poteva prendersi il rischio di dichiarare, perché la sua astrattezza lo faceva salvo dalla comprensione dei più. Nascono così la torre di babele spezzata in rivoli e frammenti di colore che si sovrappongono senza fondersi o confondersi, frammenti che nella festosità del loro sembrare quasi coriandoli, denunciano con forza la solitudine dell’incomprensione e del mancato dialogo. Rivoli sono anche quelli dell’esplosione della cattedrale e della volta barocca – opere che, insieme ad altre, sono esposte all’accademia d’ungheria di roma, fino al 13 marzo, nella mostra “l’olio in festa”. Bello e spaventoso, terrificante e meraviglioso si spezzano generando una crisi che, nella sua primigenia accezione, è il gradino necessario per ogni trasformazione ed anche per la rinascita. “io sogno di vivere –continua rozsda – in un mondo in cui potrei camminare sulla dimensione del tempo, avanti, indietro, in su e in giù; in cui potrei camminare, da adulto, in un tempo dove fui in realtà bambino. Epotervi camminare da bambino ora che sono vecchio. Apro le finestre per guardare fuori. Apro quelle chiuse per guardare dentro”.

Un Sogno a Due Ruote

La motocicletta è stata definita la perfetta metafora del ventesimo secolo. Affermazione che - senza bisogno di ulteriori spiegazioni – sintetizza il perché della mostra “moto guzzi – il sogno italiano”, visitabile presso il complesso del vittoriano a roma, fino al 12 aprile. Attraverso la storia della moto guzzi, ad andare in mostra in realtà è un’italia che cambia rapidamente, un’italia che vuole crescere dal punto di vista tecnologico ed ingeneristico, inventando nuovi design e costruendosi dei nuovi miti per un’immagine che sia profondamente diversa da quella tradizionale. La moto da semplice veicolo diventa simbolo di ribellione, velocità, sfida, ma anche desiderio, passione, libertà, sesso. Una sorta di desiderio proibito che si traduce nella realtà di un motore accesso con prepotenza per correre sulla strada con l’illusione di disegnarla nel momento esatto in cui le ruote vi si posano. Il percorso espositivo prende le mosse dalle origini – quando cioè nel 1919 carlo guzzi costruì la sua prima motocicletta nell’officina del fabbro ripamonti – per arrivare fino ai nostri giorni, passando per la creazione della società anonima moto guzzi, le gare di motociclismo, i premi, le mode, i film. Non si può dimenticare infatti che con fellini, alberto sordi, pasolini, benigni e zeffirelli la moto guzzi viene riconosciuta ed in fondo promossa come una delle bellezze italiane. Una sezione particolare dell’esposizione è dedicata alle moto istituzionali, se così possiamo dire. È guzzi è infatti la motocicletta di carabinieri, esercito, polizia e corazzieri.

Arte In Rosa

“pittrici nella valle dell’aniene” con questo titolo il complesso del vittoriano a roma fino all’11 aprile ospita una mostra di opere appartenenti a pittrici che vissero ed operarono ad anticoli corrado dai primi del novecento fino ai nostri giorni. Presentata l’8 marzo, la mostra vuole offrire lo spunto per una riflessione sulla storia della valle dell’aniene che con le sue bellezze ambientali ha ispirato molti artisti – poeti, pittori e scrittori. Il percorso, snodandosi attraverso opere diverse per sensibilità e tecnica, vuole raccontare la storia culturale, sociale ed artistica – tutta femminile – di un nuovo aspetto della società, in cui la donna improvvisamente scopre o decide di essere protagonista. Non più modella o moglie dell’artista ma artista essa stessa, con la voglia e soprattutto la capacità di raccontare il proprio vissuto, le proprie emozioni, i propri desideri. Con la voglia di creare legami solidi che spazino proietandola da un ambito strettamente familiare ad un ambiente internazionale di intellettuali. L’esposizione comprende 27 quadri di 17 artiste, per lo più provenienti dalla collezione del museo civico di anticoli, ospitato dal 1895 a palazzo brancaccio. Soffermandosi particolarmente sugli anni venti e trenta del novecento, considerabili il periodo d’oro di anticoli corrado come polo artistico, la mostra predilige soggetti intimi, familiari, con pochissimo paesaggi che si svincolano dalla semplice rappresnetazione del luogo per diventare immagine dell’affetto che a quel luogo lega. Forse un modo per porre l’accento sul diverso modo delle donne di intendere l’arte e la comunicazione.

Il nodo del tempo

Scatti in bianco e nero, forti di contrasti. Di concetto e forma. Scatti che portano dentro una luce particolare, che parlano di terre lontane e del viaggio di chi cerca di arrivarvi, per conoscerne la cultura e farla conoscere, di chi si fa cantore di una filosofia di apertura e dialogo. Scatti che riuniti, sono “afghanistan. Il nodo del tempo”, visitabile fino al 17 marzo nella sala santa rita a roma. A promuovere l’esposizione, l’organizzazione non governativa intersos che in afghanistan è attiva da molti anni con progetti principalmente legati al sostegno agli sfollati, alla ristrutturazione delle imprese agricole ed allo sminamento. Fotoreporter ed artista autore della mostra è riccardo venturi, la cui fama internazionale è legata proprio ad un lavoro di ricerca e sperimentazione che lo ha visto sempre in prima linea in situazioni difficili e storicamente importanti: kosovo, sierra leone, senegal, solo per citarne alcune. Linea guida del suo modo di intendere la fotografia è la semplicità: rifuggendo da tecniche e tecnicismi, venturi sceglie di lasciar parlare il soggetto, attraverso la sua fisicità e soprattutto le sue luci. All’obiettivo della macchinetta il compito di rendere il più possibile fedelmente ogni situazione senza violarne l’intimità. Afghanistan il nodo del tempo è l’evento con cui il comune di roma ha deciso di inagurare la sala santa rita, edificio barocco smantellato durante il fascismo, ora interamente ristrutturato e trasformato in nuovo spazio espositivo polifunzionale.

 

IL SANGUE DELLA PITTURA

Contro la guerra e la tortura, per la promozione di una cultura di pace e di memoria: “tra le due guerre”, ciclo di opere pittoriche di renzo vespignani in mostra al complesso del vittoriano a roma fino al 25 aprile, illustra la storia e le sue oscurità, ma soprattutto riflette e fa riflettere su uno dei periodi più drammatici del novecento, dando corpo e colore alle opinioni ed ai percorsi di pensiero di alcuni dei più interessanti pensatori dell’epoca, vespignani racconta il fascismo, la dittatura che toglie dignità all’uomo riducendolo a carne da cannone e da macello e denuncia l’orrore reso ancor più atroce da gratuità e sistematicità. Testimone dei fatti che narra – il suo esordio artistico avviene durante l’occupazione tedesca – vespignani non riesce a liberarsi dal ricordo e non vuole farlo, scoprendo nel pennello un valido testimone e nella tela la sua giusta cassa di risonanza. Un valore documentario quindi, reso ancor più importante dall’interpretazione che del fatto rendono occhi e sensibilità del singolo, la sua pittura ha infatti la peculiarità di riuscire a trasportare in arte l’orrore ed il dolore per l’umanità umiliata e tradita semplicemente con un tocco di colore e la scelta del piano del soggetto. Nascono così opere “in cancrena” ed una pittura che lui stesso ha definito “vischiosa come un fungo velenoso”.

 

LA NUVOLA DI FUKSAS

Sarà aperta al pubblico nei primi mesi del 2007 la "Nuvola", nuovo Centro Congressi Italia, progettato da Massimiliano Fuksas, che insieme a Palazzo dei Congressi costituirà il nuovo sistema congressuale dell’Eur. Periodo di grande creatività artistica per Roma, che dopo l’Auditorium di Renzo Piano, ed i progetti di Zaha Adid, Odile Decq e Paolo Desideri, acquista un ulteriore gioiello architettonico. Una teca di vetro che contiene la ‘nuvola’, torre alta 70 metri ed un percorso pedonale di collegamento al Vecchio Palazzo dei Congressi sono i punti di forza di un progetto che è stato avvicinato al Museo Guggenheim di Bilbao. Il centro comprenderà un auditorium di 1800 posti, due grandi sale congressuali ed un albergo di circa 600 stanze. 2500 i posti auto previsti.

Valeria Arnaldi

I DIPINTI DELLO SCRITTORE

Fino al 29 giugno sono in mostra al Museo di Palazzo Venezia, le opere donate dallo scrittore Paolo Volponi alla Galleria Nazionale delle Marche, che ha sede nel Palazzo Ducale di Urbino.
Sono 21 i dipinti esposti nella mostra "Le due donazioni Volponi alla Galleria nazionale delle Marche a Urbino". Molti i capolavori del Seicento, tra cui opere di Guido Reni, Guercino, Orazio Gentileschi, Mattia Preti. 13 opere sono della prima metà del Trecento bolognese e emiliano. Molte le curiosità iconografiche. La ricerca antiquaria di Volponi non si concentrava infatti sulle opere più note, ma su quelle che fossero particolarmente rare. Così la Madonna col Bambino, in cui la Vergine stringe il lobo dell’orecchio del bambino, in un gesto di quotidiana familiarità, un vezzo che ha tutta l’umanità e la semplicità del rapporto madre-figlio.
Ancora più sorprese nella seconda donazione, composta da otto dipinti tutti del Seicento italiano. Queste opere sono state donate dalla vedova e dalla figlia di Volponi, in sua memoria. Uno splendido gioco di luci ed ombre disegna la stanchezza del David che ha appena reciso la testa di Golia in un non finito di Orazio Gentileschi. Minore tensione drammatica per lo stesso soggetto interpretato da Guido Reni.

Valeria Arnaldi

Giacomo Manzù

Il mistico scultore del novecento, Giacomo Manzù, che come pochi ha saputo esprimere e trasmetterci il senso del sacro. Palazzo Venezia inebria di misticismo con “Giacomo Manzù, l’uomo e l’artista.” (Fino al 2 marzo)

F. Di Spirito

UNA MOSTRA DEDICATA AI DESAPARECIDOS

Fino al 2 marzo, il Complesso del Vittoriano, ospita una mostra della pittrice argentino-israeliana Silvia Dayan, dedicata ai desaparecidos. Si tratta di una galleria di ritratti simbolici, costituita da piccole scatole rettangolari coperte da lembi di tessuto e cosparse di colore: marrone per ricordare quanti ormai riposano sotto terra, l’azzurro quanti furono gettati in mare; il rosso è il colore di tutti. La mostra “A piedi nudi per terra”, è curata da Carlo Fabrizio Carli e Linda de Sanctis.

V.Arnaldi

ARTISTI FRANCESI

L’Accademia di Francia e Villa Medici a marzo ospiteranno una mostra sugli artisti francesi che hanno operato tra il 1803 al 1873: da In gres a Degas.

F. Di Spirito

GLI SPAZI ESPOSITIVI DELLA STAZIONE TERMINI

Dal 25 gennaio al 26 aprile 2003, Trenitalia organizza, presso la Stazione Termini di Roma, la mostra “Il misterioso viaggio di Otzi”. Rinvenuta nel 1991 sul ghiaccio di Similaun, Otzi è la mummia più antica che sia mai stata scoperta. Si tratta di un uomo di circa 40 anni, di statura medio-piccola, con lunghi capelli bruni ed ondulati, che, probabilmente vittima di un agguato, è morto sulle cime di un ghiacciaio. Dal 1998, la mummia è conservata presso il Museo Archeologico dell’Alto Adige, in una cella frigorifera alla temperatura di – 6°.
Realizzata in collaborazione con il Museo Archeologico di Bolzano e con Grandi Stazioni, la mostra è allestita su un’area di 200 mq. Il visitatore viene ‘accompagnato’ nell’ambiente del ritrovamento attraverso un percorso video e multimediale, composto da filmati, ologrammi, illustrazioni, fotografie, animazioni tridimensionali e stazioni interattive. Un apposito programma didattico è stato studiato per i gruppi scolastici.

V.Arnaldi

LA FOTOGRAFIA DI LEE MILLER

Dal 16 gennaio al 14 marzo, in mostra alla Galleria Valentina Mocada, gli scatti in bianco e nero di Lee Miller. Nata a Poughkeespie agli inizi del Novecento, a diciannove anni fu notata per la sua bellezza ed intraprese la carriera di modella. Il suo desiderio di sperimentazione però necessitava di una maggior libertà di espressione. Per questo motivo, iniziò a studiare fotografia.
Nel 1929, si recò a Parigi e cominciò a lavorare con Man Ray. Aprì un suo studio e diede un taglio decisamente personale alla sua arte, scegliendo suggestioni surrealiste, basate sullo spaesamento dei dettagli e su accostamenti fuori dal comune. Accanto alle foto sperimentali, molte quelle di moda. Negli anni ’30, si sposò con un uomo d’affari egiziano e si trasferì con lui al Cairo.
Una vita che potremmo definire ‘epica’ quella di Lee Miller, donna di indubbia bellezza e pari talento. Fortemente motivata dalla sua arte, la Miller ama sperimentare diversi canali di comunicazione. Si cimenta così nella foto di moda, lavorando per la nota rivista Vogue, compie continui reportage in diverse parti del mondo ed infine, dietro l’esercito americano, segue lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi, la liberazione dei lager nazisti di Buchenwald e Dachau.
Dal dopoguerra in poi si concentra sui ritratti. La peculiarità del suo stile è la conoscenza profonda che ha dei soggetti che ritrae, conoscenza che le consente di dare un taglio intimo alle fotografie.
Scatti di libertà che si impongono violentemente allo sguardo nella loro bellezza intransigente e disperata. Il mondo della Miller ha le sfumature di una poesia e di una sensibilità rara, che trovano la loro ‘pelle’ migliore sulla pellicola, facendola vibrare di luci e sotterranei messaggi.

V.Arnaldi

‘SEGNO NASCONDE SEGNO’

Dal 26 febbraio al 29 marzo, la Galleria-Stamperia d’arte Il Bulino presenta la mostra di pitture e incisioni di Guido Strazza. Dieci quadri e dodici incisioni riuniti sotto il titolo ‘Orizzonte’ illustrano il percorso dell’artista, puntando l’attenzione sulla naturalezza e la semplicità raggiunte con la maturità. In anteprima è esposto il libro d’artista “Segno nasconde Segno. Contromanuale dell’incisore”.

V.Arnaldi

SAVONA
MICHELANGELO E LA SISTINA

Dal 30 novembre al 12 aprile, Savona ospita la mostra "La Sistina e Michelangelo. Storia e fortuna di un capolavoro", nata con l'obiettivo di sottolineare i rapporti tra l'artista e la città di Savona. O meglio tra Savona e la Sistina. La Cappella fu, infatti, voluta da Sisto IV, papa di origine savonese, e da Papa Giulio II, nato a pochi chilometri dalla città. Fu il mecenatismo di Giulio II a regalare a Roma ed all'Italia alcuni dei più grandi capolavori del suo Rinascimento. Bramante, Michelangelo e Raffaello, solo per citare i più importanti, furono chiamati alla corte papale, nell'intento di dare lustro al Pontificato, contribuendo ad unificare l'Italia sotto il dominio dello Stato della Chiesa. A Michelangelo furono commissionate la realizzazione di un'imponente tomba in San Pietro e l'affrescatura della volta della Sistina.
L'esposizione ripercorre la storia di quel lavoro, dedicando una particolare attenzione anche al post Michelangelo, in un percorso che di restauro in restauro prende le mosse da Daniele da Volterra, che, dopo il Concilio di Trento del 1564, fu chiamato ad apporre le 'brache' alle anime nude.

Valeria Arnaldi

SIENA
EXAT ' 51

Exat – Experimental Atelier – è il nome di un movimento di pittori ed architetti fondato a Zagabria nel 1951, che raccolse attorno a sé molti interpreti croati dell'arte astratta, dando vita ad un vero e proprio laboratorio ma soprattutto ad uno stile inconfondibile. Saggi di quello stile sono oggi esposti ai Magazzini del Sale a Palazzo Comunale e raccontano non solo una tendenza artistica, ma la storia del clima culturale dell'ex Jugoslavia nel dopoguerra, testimoniandone il superamento delle passate ideologie ed il bisogno di sperimentazione e ammodernamento. Per questo gli artisti, riconosciutisi figli del costruttivismo occidentale, si orientarono verso ottica, cinetica e cibernetica, dando vita a “nuove Tendenze”, movimento che ebbe un'eco europea.

Valeria Arnaldi

TIVOLI

VILLA GREGORIANA

Riaprirà nel 2004 Villa Gregoriana, ormai affidata al Fai. I lavori inizieranno a gennaio e si concluderanno approssimativamente per il mese di ottobre, in cui è prevista l'inaugurazione. Tre milioni di euro sono previsti per la realizzazione del progetto di conservazione e valorizzazione della Villa.
La Villa rimarrà di proprietà dello Stato cui il Fai dovrà pagare un affitto annuo di 15.000 euro. Nelle aspirazioni di quanti hanno preso parte al progetto è l'inserimento della Gregoriana nella lista dei beni reputati patrimonio dell'umanità stilata dall'UNESCO.

Valeria Arnaldi

TORINO


UN’ANTOLOGICA DEDICATA A GINO GORZA

Dal 27 febbraio al 4 maggio, viene presentata all’Accademia di Belle Arti, la mostra antologica dedicata a Gino Gorza. Allievo di Felice Casorati, Gorza fu pittore, incisore e operatore estetico. Si distinse nel panorama torinese dell’avanguardia non figurativa della seconda metà del secolo scorso. Un’arte simbolica, sensibile, materica, nutrita da una vastissima cultura filosofica, linguistica, antropologica, che varia dai miti classici alla spiritualità orientale. Il catalogo è edito dalla casa editrice hopefulmonster.

V.Arnaldi

LA RIPRORIDUZIONE

Dal 20 febbraio al 30 marzo, presso l’Archivio di Stato si tiene la terza edizione del Progetto Vetrine alla Calcografia, che per dieci anni curerà manifestazioni ed allestimenti dedicati all’arte contemporanea. Particolare attenzione è dedicata al disegno, alla stampa e alla fotografia. L’edizione 2003 è incentrata sulle problematiche di: riproduzione e riduzione nell’arte contemporanea; utilizzo della riproduzione fotografica nell’arte contemporanea; utilizzo della riproduzione fotografica nella produzione e nella fruizione delle arti visive e dei rapporti tra fotografi ed artisti.

V.Arnaldi

TREVISO

I manifesti di Adolf Hohenstein

Dal 25 gennaio al 25 aprile, Palazzo Giacomelli ospita la mostra “Adolf Hohenstein, un pioniere del manifesto”, che raccoglie manifesti italiani realizzati tra Ottocento e Novecento.
Nato a San Pietroburgo, Hohenstein compie la sua formazione artistica a Vienna. Giunto in Italia nel 1879, lavora come scenografo e costumista per la Scala e per altri teatri milanesi. In particolar modo, la sua arte trova impiego nella messa in scena di opere liriche.
Chiamato da Giulio Ricordi a coordinare la promozione editoriale delle sue produzioni musicali, Hohenstein diventa l’equivalente di un moderno art director, curando la gestione di progetti di ‘lancio’ dei prodotti, dalla realizzazione della copertina dei libretti e degli spartiti, a manifesti, locandine e cartoline. Alla produzione per l’Opera, Hohenstein affianca l’ideazione di manifesti commerciali, turistici, culturali e commemorativi.
La Raccolta Salce conserva circa 60 manifesti dell’artista. Di questi 30 sono esposti nella mostra.
Nata per valorizzare un’arte cosiddetta minore, rivelandone le grandi qualità artistiche ed estetiche, “Adolf Hohenestein, un pioniere delmanifesto” mette in luce le peculiarità dello stile dell’artista. Colto, elegante, di un araffinatezza aristocratica, frutto della sua carriera accademica, Hohenstein medita ed ‘intellettualizza’ i suoi soggetti, sfruttando le tendenze liberty solo come cornice. Le sue donne sono seducenti ed allusive, ma nello stesso tempo ‘bidimensionali’, private di una loro corporeità, e dotate della perfezione che solo la carta può donare. Rappresentate spesso in un momento di dolore (Tosca, Madame Butterfly… ) lo vivono, senza esserne sconvolte o scomposte. Le sue figure sono perfettamente armoniose ed equilibrate, come vivessero una disperazione rassegnata. Come avessero la lucida coscienza dell’eroe classico, conscio che la grandezza risiede nell’accettare il proprio destino.

V.Arnaldi

L'ORO E L'AZZURRO - FINO AL 7 MARZO 2004

"Una tavolozza di diamanti e pietre preziose" era questo il sogno di Monet: possederla per poter ritrarre tutte le bellezze del mondo. E tutto quel blu - di mare e di cielo - che trovava a Bordighera, la piccola località della Riviera tra Montecarlo e San Remo - dove aveva scoperto, insieme a Renoir, le luci del Mediterraneo. I suoi colori si fanno improvvisamente caldo-freddi, nel tentativo di seguire le vibrazioni e le sfumature dell'orizzonte. Un orizzonte che li meravigliava entrambi, conquistandoli alla sua nuova luminosità, figlia dell'antico e proiettata invece verso la rivoluzione. Non d'arme, ma una rivoluzione artistica combattuta sui campi delle loro tele, che prende le mosse dalla ricerca per diventarne essa stessa oggetto. Luci anche per Cezanne, che ne veste le ombre, facendo scomparire i confini cromatici. E stesse seduzioni anche per Munch, allontanatosi per motivi di salute dal Nord Europa e, forse, per scoprire la sua breve stagione impressionista. Monet, Cezanne, Munch: autori profondamente diversi l'uno dall'atro, che trovano nella fascinazione mediterranea un punto di incontro e dialogo. A loro ma non solo è dedicata la mostra "L'oro e l'azzurro. I colori del sud da Cezanne a Bonnard", che sarà visitabile fino al 7 marzo 2004 presso la Casa dei Carraresi. 120 opere esposte per raccontare il viaggio, ma soprattutto il bisogno di pausa che l'uomo prova, desiderando separarsi a volte dalle sue stesse passioni. Un percorso estetico e nello stesso tempo filosofico, che parla della fuga come approdo.

Valeria Arnaldi

VENEZIA

LA PALA DI CASTELFRANCO

Una mostra che nasce dal timore di perdere per sempre un capolavoro. Fino al 22 febbraio, le Veneziane Gallerie dell'Accademie aprono i loro spazi a Giorgione, per richiamare l'attenzione sulla conservazione della Pala di Castelfranco. Nata agli inizi del Cinquecento, la "Madonna in trono con il Bambino, fra San Francesco e San Nicasio (o Liberale), soffre infatti il suo essere realizzata su tavole di pioppo maltagliate e su strati preparatori poco tenaci. "Corrupta et deformata" già dal 1635, l'opera è una delle 25 riconosciute con certezza dell'artista. Accanto alla Pala sono esposte "La Tempesta"; la "Vecchia" e la "Nuda", nonché il "Cristo portacroce". A questi si aggiungono i prestiti del Kunsthistorisches Museum di Vienna: "I tra filosofi" e "Laura". Ed anche il Museo di Rotterdam ha contribuito all'imponente esposizione, concedendo l'unico disegno certo dell'artista: "Veduta di Castel San Zeno a Montagnana e figura seduta". L'esposizione permette di approfondire l'arte di Giorgione e la sua tecnica: dal disegno preparatorio ad olio e tempera usati come leganti e soprattutto permette di ammirare la ricchezza dell'artista e la sua capacità di dare corpo a delicatezza e filosofia con pochi tratti di colore.

Valeria Arnaldi

VERONA

LA CREAZIONE ANSIOSA - dal 13 settembre all' 11 gennaio

Ansia in mostra a Verona dal 13 settembre alla Galleria d'Arte moderna, che ha sede presso Palazzo Forti. Sono 200 le opere esposte per un totale di 90 artisti, protagonisti assoluti dell'arte novecentesca. Nel tentativo di discostarsi bruscamente dai modelli interpretativi dell' '800, l'arte abbandona i percorsi abituali, alla ricerca di nuovi canali di comunicazione e linguaggi. In un certo senso, possiamo dire che l'Arte 'perde l'equilibrio' addentrandosi nelle zone inesplorate della pische,essendone sedotta e nello stesso tempo profondamente turbata. Sono le grida mute di Munch, le ribellioni ironiche di Ensor e di Toulouse-Lautrec, solo per citarne alcuni. Intento della mostra è quello di scrutare l'anima di 'attori e spettatori' del mondo dell'immagine, di chi la disegna, la traccia, la cattura, e di chi invece la percepisce. Entrambi scossi da un'unica emozione, che è poi quella che dà senso e completezza all'opera.
La mostra sarà visitabile fino all' 11 gennaio.


Valeria Arnaldi

Vai a Home Page InformArte

Vai a Home Page Mostre (Italia)

Vai a Home Page ItalyMedia.it

© ITALYMEDIA Tutti i diritti sono riservati