La  storia del due giugno 1946 ripercorsa dallo studioso Giorgio Prinzi  | 
               
               
                  | L’Italia  s’è desta | 
               
               
                  Nel  LXL Anniversario della “Cosa Pubblica”, le donne, l’armi e la  parata, di un giorno speciale  | 
               
             
              di Maira Nacar  
             
               Roma. In  occasione della celebrazione del LXI  Anniversario della  proclamazione della Repubblica,  rivisitiamo la pagina del 2 giugno 1946, con Giorgio Prinzi, studioso  di storia militare, alle radici dell’allora Repubblica nascente,  con un elemento di folklore per  la “Cosa pubblica”, rappresentato  dalla “Rivista Militare”. 
              Professor  Prinzi, sessantuno anni fa, l’Italia torna in stato di libertà,  con alle spalle, due conflitti mondiali, che hanno minato  sensibilmente le risorse del paese. Gli italiani del 1946 si  ritrovano a rimboccarsi le maniche, per la ricostruzione di un  territorio che non c’è. Povera di mezzi, ma felice di  respirare, “l’Italia  s’è desta”  dalla scure monarchica che conclude il suo ciclo, grazie al  Referendum Istituzionale, il cui risultato è  inequivocabilmente schiacciante: i 12.717.923 voti espressi a favore  della Repubblica, contro i 10.719.284 voti, della Monarchia.  L’incarico di formare il governo è affidato ad Alcide De  Gasperi. In data 18 giugno 1946 il territorio italico può  dichiararsi, così, sostanzialmente “Repubblica Italiana”…   
              C’è  una strana coincidenza… la prima, è che la Festa della  Repubblica cade, quasi, esattamente, dopo l’Unità d’Italia,  con la Festa dello Statuto Albertino.  Sottolineo “quasi  esattamente”, perché non c’è una data fissa durante  la Monarchia, non la concessione dello Statuto, da parte di Carlo  Alberto, ma l’estensione dello Statuto Albertino a tutto il Regno  d’Italia. Dopo il 1860, la festa è celebrata, nella prima  domenica di giugno. Risulta una stranissima coincidenza, che i lavori  siano finiti, proprio, in corrispondenza della vecchia festa. In  seconda analisi, si potrebbe, sospettare che qualcuno abbia pilotato  l’evento… d’altronde non dobbiamo dimenticare che il trapasso  tra Monarchia e Repubblica non è indolore. Non vi sono scontri  violenti, anche, perché i monarchici ritenevano che la  repubblica sarebbe stata una parentesi piuttosto rapida e destinata a  dissolversi, nel giro di un tempo brevissimo. Questa mia personale  illazione, senza indizi, può trovare conferma nella tesi, che,  in prospettiva di un ritorno monarchico, si sia pilotato, il tutto,  in maniera, tale, che la festa non fosse così traumatizzante,  facendo coincidere le date delle due ricorrenze, per favorire, anche,  un ritorno dell’eventuale ripristino dello Statuto Albertino, di  cui tra l’altro la Costituzione della Repubblica, nella prima  parte, cosiddetta “dei principi ed intangibili”, ne ricalca le  orme. Il Capo dello Stato sotto certi aspetti è un Monarca  elettivo, sul vecchio stampo, soltanto che è “a termine”.  
                 
               L’abbandono,  dall’Italia alla volta del Portogallo, Cascais (Lisbona),  dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II, a risultato referendario  avvenuto, secondo le fonti  ufficiali, significa, anche, la fine del suo sodalizio matrimoniale  con Maria José di Sassonia Coburgo, terzogenita di Alberto I  ed Elisabetta, Sovrani del Belgio. Le nuove spoglie del re uscente…  quelle del Conte  di Sarre, lo  accompagnano fino alla sua morte, avvenuta, per un cancro, in esilio,  a Ginevra, il 18 marzo 1983. 
              E’  difficile sapere quale sia stata l’influenza esatta di Maria Josè,  sul principe Umberto. Senza dubbio la Sarre è molto  travagliata, deve far armistizio durante la Guerra di Liberazione.  Nel passaggio dal trapasso costituzionale… istituzionale, c’è  sempre il Principe Umberto, re per un mese, il quale va  controcorrente rispetto al comportamento di Casa Savoia. Sappiamo (e  questo è documentato, accertato e testimoniato da molti  storici), che la Principessa Maria Josè si dedica molto, ad  organizzare l’opposizione al fascismo, cercando di far ritornare  l’Italia su basi democratiche, quindi è probabile che su  Umberto, ella abbia influito moltissimo, però, questione,  loro, privata, riuscire a sapere in quali limiti e in quali termini.  E’ indubbio che Umberto pagò colpe che non erano sue, e fu  una specie di meteora… di stella cadente, nel quadro complessivo.  Neppure durante la fase risorgimentale, i monarchi furono adeguati e  la stessa Unità d’Italia la dobbiamo ad altre persone, per  es. al Conte di Cavour o ad abili statisti, e non,  certo, ad una particolare lungimiranza e capacità della  Monarchia. 
              Un  altro importante appuntamento, in quel 2 giugno del ’46, è  rappresentato dall’elezione dell’Assemblea Costituente, per  merito di 556 deputati chiamati a redigere la nuova carta  costituzionale (Decreto  Legislativo Luogotenenziale n. 151 del 25giugno1944). 
                 
                Come  accennavo prima, la classe dirigente è di formazione  monarchica, anche, se, ci sono pure dei Repubblicani, c’è la  sinistra emergente, la sinistra rivoluzionaria e la classe dirigente.  Nel complesso, la presenza forte è quella di tradizione, con,  ancora, forti sentimenti monarchici, per questo motivo la Carta  Costituzionale risente di tutte queste componenti. Nella sua prima  parte notiamo degli elementi innovativi, dei riecheggiamenti  addirittura Marxisti, come l’Articolo 1, poi, di compromesso, la  Repubblica fondata sul lavoro. In ultimo, ci sono altri articoli  della Costituzione che riguardano, soprattutto, i poteri del Capo  dello Stato, compreso il fatto che egli, così com’èra  per il Sovrano, bolla il Comando delle Forze armate, “comando”,  questo, che casa Savoia non esercitò mai. E’, anche, la  nostra, una Carta Costituzionale che parla, dei problemi di facile  soluzione, in epoca repubblicana, dando una risposta pragmatica. Ad  esempio, la famosa lettera di Bettino  Craxi,  su, chi, in caso di conflitto, dovesse assumere il comando delle  forze armate, rispecchia, proprio, quest’ambiguità rimasta  nella nostra Costituzione. La parte fondamentale repubblicana sembra  quasi presa a fotocopia da quella che faceva riferimento al vecchio  ovvero alla Monarchia.   
              12  milioni di donne in quel 2 giugno 1946, per la prima volta, sono  chiamate alle urne. Teneramente timide, accompagnate da mamma o papà,  in tutta la loro prorompenza mediterranea, con un destino da pin up,  corredate, nelle loro civettuole borsette, dei voluttuosi rossetti,  provenienti dall’America, non passano certo inosservate. Le signore  & signorine, in questione, non colpiscono, però, solo per  la loro rassicurante femminilità, quanto per il fatto che  sotto il vestito o meglio quelle scorrevoli, lunghe gonne, nascondono  un cuore guerriero, dopo avere imbracciato i fucili, successivamente,  l’8 settembre, alla conquista della “rossa primavera”.  
                 
                Sì,  per l’appunto, i fucili li avevano già imbracciati dopo l’8  settembre, fino all’esercito del sud, fino nelle forze armate della  Repubblica Sociale, dove le donne vengono introdotte. Questo è  l’effetto dell’impatto con le democrazie occidentali, dove la  donna ha una posizione notevolmente  più emancipata, di quanto è nella nostra società  che porta, altresì, all’affermazione del fascismo, dove si  verifica una rivalutazione della donna, che, comunque non ha né  diritto passivo né diritto attivo di voto. Durante il  conflitto, soprattutto, la parte riguardante dopo l’8 settembre,  ambedue le parti, sotto spinta reciproca dalla legione,  dimostrano, anche, il ruolo delle donne. Ad esempio l’Associazione  Nazionale Combattenti della Guerra di Liberazione,  inquadrata nelle forze armate regolari, ha dedicato un suo  calendario, proprio, alla notevolissima presenza femminile nella  guerra di liberazione. Proprio, per questa esperienza traversa, si  riesce ad avviare, anche, le donne, nel senso che esse possono essere  elette oltre che essere elettrici. Questo è l’aspetto che  dicevo prima, della Repubblica, che porta con sé, anche, una  certa carica conservatrice, di regresso, nonostante, sotto certi  altri aspetti, la nostra Costituzione è tra le più  avanzate del mondo, però la mentalità di quel tempo  rimaneva quella.  
              Prof.  Prinzi, nel 61° anniversario della proclamazione della Repubblica  italiana, desideriamo strapparle un commento finale, sul valore, il  significato della Rivista  Militare che, nonostante le varie e tante traversie, sospensioni, sostituzioni  e spostamenti subiti, ha costituito e costituisce, nel tempo,  l’espressione della magna manifestazione militare della nostra  Repubblica. 
              L’aspetto  d’identificazione della parata militare, con le proprie forze  armate, è tradizione dei secoli passati. A poco a poco vi è  stata una diminuzione d’interesse, proprio, dell’aspetto  militaresco, e di conseguenza della valorizzazione della parata, per  trattare, maggiormente, aspetti come quello dell’impegno civile,  delle missioni all’Estero, dell’appartenenza, addirittura,  all’Europa. Per alcuni anni uscivano le bandiere degli eserciti  nemici, quindi le Forze armate rimanevano nazionali, ma, al tempo  stesso, esse cominciavano a riconoscersi in appartenenze  sovranazionali. I tempi cambiano, rimane l’Istituzione della  “Rivista Militare”, ma l’Istituzione è sempre l’immagine  del tempo e della cultura che si respira.   
              La  parata militare ieri & oggi 
              La  prima parata militare della Repubblica è nel giugno 1948. Ad  ospitarla, Roma, nella maestosa cornice di Via dei Fori Imperiali.  Segue nel 1949 una sua estensione, per lo stivale, frutto  dell’entrata dell’Italia, nella Nato. Latina, L’Aquila,  Pordenone, tra le città ospitanti, la rivista militare. Il  1950 vede l’inserimento della massima parata, all’interno delle  celebrazioni per la Festa della Repubblica. 1961 cade nel segno del  Centenario dell’Unità; in quella occasione, anche, Torino e  Firenze accolgono la parata, in quanto, prime capitali dell’Italia  unita. Nel 1962 c’è vuoto… la morte del Sommo Pontefice  Giovanni XXIII fa scivolare, di un anno, l’evento militare,  esattamente al 4 novembre 1963. 1965, in occasione del Cinquantenario  dell’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, a sfilare  c’è un Gruppo di Bandiere composto di vessilli delle Unità  disciolte, partecipanti al primo conflitto mondiale. Queste bandiere,  vengono collocate, presso il Comando del Colonnello Alberto Li Gobbi  - ricordiamo - Medaglia  d'Oro al Valor Militare della Seconda Guerra Mondiale.  I ruggenti, rivoluzionari anni 70 non affievoliscono il valore dei  rituali della magna parata militare, tranne in un caso, nel 1976,  quello del devastante terremoto del Friuli. In segno di rispetto, la  parata viene sostituita con una deposizione di corona al Milite  Ignoto. L’anno prima, nel 1975, coincide con il trentennale della  fine della Seconda Guerra Mondiale; in tale circostanza, vengono  introdotte, in seno alla struttura della parata, dei gruppi bandiera  delle formazioni, regolari e non, partecipanti alla Guerra di  Liberazione, di concerto, con i Gonfaloni delle città, ornate  di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Gruppi bandiera delle  formazioni & Gonfaloni vengono inseriti, in maniera stabile,  nelle sfilate del 1983/89. E arriviamo al 1977, l’anno della  sostituzione della parata, con una cerimonia in Piazza Venezia,  tenuta da una Brigata di 43 compagnie, rappresentanti, in toto, le  varie Forze ed i Corpi armati e non dello Stato, mentre il 19 giugno,  si svolge, a Milano, una parata ridotta, coincidente con il Raduno  Nazionale dei Carristi. Gli anni ad venire sono quelli  contraddistinti da una parola: austerity e la manifestazione è  sospesa. Dobbiamo attendere il 1983 per il ripristino della parata,  adagiata in direzione Aventino-Porta S. Paolo. 1984 Si ritorna sulla  Via maestra, quella dei “Fori  Imperiali”;  l’anno successivo, l’’85, è tra via dei Cerchi e le  Terme di Caracalla, con un cambio, anche, di data, per quanto  concerne la  Festa Nazionale della Repubblica che, dal 2 giugno, viene così fissata alla prima domenica di  giugno. 1989, al posto della sfilata, c’è una Mostra Storico  Rievocativa, in Piazza di Siena, fino al 1990/91 quando la sfilata fa  il suo ritorno a Piazza Venezia. All’alba del nuovo  millennium,  in data 4 giugno 2001, si sfila, ancora una volta, in Via dei Fori  Imperiali, ciò, fino ai giorni nostri. 
                   
                   
                 
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