INTERVISTE ItalyMedia.it
019

Anche la comicità può creare un legame speciale tra uomini e animali
"Il mio amico Has Fidanken"
Gianfranco D'Angelo e l'indimenticabile cocker che lo affiancava in Drive in

di Patrizia Notarnicola

Gianfranco D'Angelo - Foto Tiziano Marcoccia - vietato utilizzo senza autorizzazioneSono passati molti anni da quando Gianfranco D'Angelo era un impiegato della Sip che si divideva tra il lavoro, la famiglia e la sua grande passione, il teatro, a cui si dedicava con entusiasmo ogni sera sul palcoscenico del Bagaglino. L'esordio televisivo nel 1971 con Raffele Pisu in Foto di gruppo gli cambiò la vita. Da allora sono stati tantissimi i personaggi del mondo dello spettacolo al fianco dei quali D'Angelo è stato protagonista di programmi per la tv e di spettacoli teatrali, da Raffaella Carrà a Garinei e Giovannini, da Pippo Baudo ad Ezio Greggio, da Erica Blanc a Brigitta Boccoli. Ma tra i suoi compagni d' avventura ce n'era uno molto particolare, il mitico Has Fidanken .

Gianfranco, il pubblico non dimentica "i dialoghi" tra te e il cane Has Fidanken a Drive in. Era il 1986. Che ricordo hai di quel bellissimo cocker?
Il ricordo di un amico. Posso dire "di un collega"? A parte gli scherzi, ancora in parecchi mi chiedono "Has Fidanken come sta?". Una volta in aereo incontrai un signore distinto, un primario titolare di cattedra all'università di Padova. Mi fece anche lui la stessa domanda.

Come nacque l'idea di quegli sketch?
Has Fidanken era il cane di un mio caro amico, Peppino Palombo, che ama gli animali in modo speciale. Lo portò una volta nello studio dove registravamo Drive in e subito ad uno degli autori, Enrico Vaime, vennero in mente i due personaggi del cialtrone Armando e del suo cane. Io annunciavo cose incredibili che immancabilmente non accadevano. Per esempio: <<Guardate, adesso farà un doppio salto mortale>>. E poi il tormentone: <<Hassfidankennnnnn>>. Il cockerino era lì sempre fermo. La comicità nasceva dal non sense della situazione. D'altronde tutta la trasmissione si basava su uno schema demenziale che volutamente si poneva contro il varietà tradizionale dell'epoca. Drive in era un anti-varietà.

E, secondo te, Has Fidanken come viveva quell'esperienza?
Si divertiva! Non lo abbiamo mai costretto a nulla, diversamente da quello che tante volte succede al circo dove gli animali vengono addestrati, in qualche modo "violentati", per riuscire a fare delle cose. Nel nostro caso accadeva esattamente il contrario. Has Fidanken si comportava normalmente. Non aveva paura, non tremava, mi ascoltava come se capisse. Stava fermo perché gli andava di star fermo e poi, finita la registrazione, correva per lo studio e diventava vivacissimo.Racconto questo perché tante persone all'epoca mi fermavano preoccupate chiedendomi se, per tenere buono il cagnolino, gli dessimo qualcosa o lo trattassimo male. Invece io lo vedevo con piacere anche a prescindere dal programma e lui mi riconosceva.Adesso non c'è più.

Nella tua privata che rapporto hai con gli animali?
Un rapporto di simpatia. Ho imparato ad amarli ancora di più grazie a mia figlia Daniela che li cura, li raccoglie dalla strada e passa parte della sua vita dedicandosi a questa attività. Io e mia moglie abbiamo un cane e un gatto. Per il resto faccio un lavoro che rende difficile portarsi dietro degli animali. Molti colleghi lo fanno. Per esempio, quando eravamo in scena con "Il padre della sposa", Erica Blanc portava sempre con sé uno dei suoi sette cani. Lo portava in camerino, in teatro. Un giorno decisi di farlo entrare in palcoscenico e il pubblico lo accolse subito con un grande applauso. Era eccezionale!

Hai sempre avuto questo atteggiamento positivo?
Si. Da giovane un cagnetto mi prese con i denti il polpaccio. Me lo portai appresso per almeno cento metri. Non ho avuto una reazione violenta. Mi rendevo conto che lui giocava, mi aveva visto correre ed aveva seguito il suo istinto venendomi dietro. Se i cani non sono addestrati ad atteggiamenti violenti o di difesa, sono buoni.Io non ho paura di loro e loro non hanno paura di me. Al contrario, ci comprendiamo bene. Il mio gatto, ad esempio, sa capire di che umore sono! Quando si rende conto che sono un po' nervoso, che ho dei pensieri, si mette lì vicino, sta buono, e si limita a guardarmi senza salire sulle mie gambe, come invece fa in genere.

Ti è mai capitato di soccorrere un animale abbandonato o in difficoltà?
La scorsa estate mentre ero a Palermo dove ero in scena con una commedia di Plauto. Una notte, verso le due, per strada c'era un cane. Sembrava fosse stato investito da una macchina. Io e i miei compagni di lavoro ci siamo fermati ed abbiamo telefonato al 113. Per fortuna ci siamo resi conto che il cane non s'era fatto nulla. Stava semplicemente lì sdraiato. Noi eravamo impressionati, ritenendolo in fin di vita quando, invece, ad un certo punto lui si è grattato con la zampetta, si è alzato e se ne è andato.Nonostante il felice epilogo, abbiamo aspettato la macchina della polizia per correttezza. Ma questa non è mai arrivata!

Come Erica Blanc, tua figlia Daniela e tanti altri personaggi dello spettacolo, anche tu hai contribuito alla raccolta delle firme per la istituzione del pronto soccorso gratuito per gli animali nel comune di Roma. Cosa ti ha convinto ad aderire alla nostra iniziativa?
Un pronto soccorso gratuito è un'espressione di civiltà. Viviamo nel 2002, è il minimo che si possa fare per gli animali. Anzi, doveva essere fatto prima. Credo che riusciremo a trovare molti altri sostenitori che faranno aumentare il numero, già alto, delle 10.000 firme raccolte. E' importante aiutare anche chi è in difficoltà economica e non può affrontare le spese veterinarie.

A chi ti riferisci?
In particolare agli anziani che si trovano in queste condizioni e che più di altre categorie hanno bisogno della compagnia degli animali, soprattutto quando non stanno molto bene in salute. Aiutando gli animali si aiutano le persone e viceversa.

Gianfranco D'Angelo - Foto Tiziano Marcoccia - vietato utilizzo senza autorizzazioneNonostante sia difficile verificare l'esattezza delle cifre, è un dato di fatto che gli animali vengono ancora abbandonati. Come lo spieghi?
E' vero, è molto difficile stabilire se di anno in anno sono un po' più o un po' meno gli animali abbandonati. L'unica cosa certa è che l'uomo qualche volta è peggiore degli animali. Basta pensare ai due barboni uccisi qualche tempo fa su una panchina a Prato senza un vero motivo. E' la dimostrazione che l'essere umano di per sé è cattivo, non si fa molti scrupoli. Abbandonare un animale è per tanti come lasciare una cicca di sigaretta lungo la strada. L'unica soluzione sarebbe educare la gente, sensibilizzarla.

Se non c'è l'amore, cosa spinge a prendere con sé in casa un cane o un gatto?
Per molti è un fatto di moda, di costume. C'è persino chi sceglie cani di razza o frutto di incroci particolari semplicemente per esibirli e risultare così originali. In questi casi di certo gli animali non vengono abbandonati perché sono costati tanto, sono tenuti in gran conto come accessori di abbigliamento firmato. Chi invece ha comprato un cane tanto per emulare qualcuno, quando si accorge che è un grande impegno, con la stessa facilità con cui lo ha preso lo abbandona senza porsi dei perché.

Il tatuaggio potrebbe prevenire l'abbandono. Tatuare un cane significa dotarlo di una carta d'identità e, in caso di smarrimento o di abbandono, risalire al proprietario. Che ne pensi?
Secondo me i malviventi troverebbero un modo per cancellarlo. Ma, se c'è qualche possibilità di disincentivare gli abbandoni, ben venga anche il tatuaggio.

E come giudichi l'assenza di una legge penale che preveda come fattispecie autonoma di reato i combattimenti clandestini degli animali?
Non c'è in Italia, dove questi combattimenti stanno diventando più frequenti negli ultimi anni.Questo fenomeno è un sintomo della mancanza di cultura e di conoscenza del mondo animale sia da parte dei malviventi che, in fondo, del legislatore.

Allora sarebbe meglio insegnare già ai bambini nelle scuole cosa vuol dire "amare gli animali"?
Si, sono d'accordo. Educare i bambini soprattutto, anche se, quando si è piccoli, ci si diverte a fare dispetti pesanti agli animali. Bisogna far capire che gli animali, come le persone, sentono dolore, soffrono. Per questo ci vuole rispetto. Il discorso si potrebbe fare molto più ampio, ma limitiamoci a questo punto di partenza, il rispetto per tutti gli esseri viventi.

[Foto Tiziano Marcoccia]

Torna a Cultura, Sport e Spettacolo

Torna a Home Page Interviste