Il celebre attore ci racconta una  pellicola che definisce “adulta”  | 
               
               
                “In  ostaggio” di Willem Dafoe  | 
               
               
                Nel  cast anche un grande Robert Redford. Di lui l’intervistato  sostiene: la sua presenza e la sua immagine hanno dato forma al film  | 
               
             
             di Laura Nuti 
           
             La  vita di una coppia felice, che ha realizzato il Sogno Americano,  viene scossa improvvisamente dal rapimento di lui, ad opera di un  individuo represso che non ha soddisfatto le aspirazioni della sua  esistenza, che mette a dura prova la loro unione. E’ questa la  trama di “In ostaggio”, l’ultima fatica cinematografica di  Pieter Jan Brugge, un film di grande qualità, studiato nel  minimo dettaglio, che in questi giorni è stato presentato a  Roma.  
            Abbiamo  incontrato l’attore Willem Dafoe, nel cast a fianco a Robert  Redford, che ci ha illustrato il suo punto di vista.
             Cosa l’ha  spinto a recitare in questo film? 
            Principalmente  la sceneggiatura. Dopo averla letta, la prima cosa che ho pensato è  stata: “Questa non è stata scritta da uno sceneggiatore, è  stata scritta da un romanziere”. 
            Infatti,  l’autore pur essendo estremamente meticoloso nei dettagli non  perdeva mai di vista la vera essenza della storia e soprattutto dei  personaggi. 
            “In  ostaggio” è una pellicola che mi piace definire “un film  americano adulto”. Non ci capita spesso di vedere film che ci  offrano sui temi trattati lo sguardo di persone di mezza età.  Inoltre, sono sempre stato attratto dalle sperimentazioni e da chi  trova un modo personale di fare cinema. 
            Secondo lei,  il diffondersi della tecnologia digitale apre nuove frontiere alla  creatività? 
            Niente  affatto. Secondo me il digitale limita quello che può essere  fatto artisticamente e aumenta il pressappochismo. Solo perché  i costi di produzione si sono ridotti, molti registi pensano di poter  rigirare una scena infinite volte e non si preoccupano troppo di  comporre una buona inquadratura. Niente di più sbagliato.  Quanto a trovare una buona storia e i soldi per finanziarla…rimangono  cose difficili digitale o non digitale. 
            Esiste  ancora il cinema indipendente? 
            E’  difficile a dirsi. Oggi c’è molto squilibrio. Si passa da  film piccoli, poco pubblicizzati e perlopiù digitali a colossi  con cast stellari e grande dispiego di mezzi. Nessuna via di mezzo.  Se per cinema indipendente s’intende il modello di cinema  indipendente americano degli anni ottanta, non credo esista più.  Oggi gli studios hanno creato dei “bracci armati” che si sono  infiltrati nel mondo del cinema indipendente e lo controllano.  Tuttavia, “In Ostaggio” rappresenta un’eccezione. Si tratta di  un vero prodotto indipendente che è stato affidato agli  studios per una distribuzione migliore. 
            Tornando al  film, come vedi il personaggio che interpreti: Arnold Mack? 
            Lo  vedo come il ritratto del “sogno americano” fallito. 
            Arnold  aveva delle aspirazioni che non sono state soddisfatte e ciò  lo ha reso pieno d’invidia e risentimento. Tuttavia non lo si può  definire un perdente. Di fatto, è riuscito a tenersi cose  importanti che il personaggio di Robert Redford, che lui invidia, ha  perso. Nessuno dei due è soddisfatto della propria vita e di  quello che ha raggiunto anche se, guardandoli da fuori, uno ha  realizzato il “sogno americano” e l’altro no. 
            Com’è  stato lavorare con Robert Redford? 
            Mi  è piaciuto lavorare con lui. E’ una persona piacevole,  idealista e innocente. Per innocente intendo che ha dei principi che  guidano le sue azioni. E che per seguire questi principi è  capace di andare contro ciò che la sua posizione di “star”  gli suggerirebbe. 
            Come  interpretare il personaggio di Wayne in questo film che è  stato girato in condizioni a dir poco difficili. Passavamo tutto il  tempo nel bosco, si lavorava senza interruzioni e non avevamo le  comodità dei grandi set. Lo ammiro molto e penso che la sua  immagine e la sua presenza abbiano svolto un ruolo fondamentale nel  dare forma al film. 
            
             
            
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