Mensile di Attualità e Spettacolo diretto da Antonello De Pierro

Il Parlamento ha votato a sfavore della leva obbligatoria
L’Italia dice addio alla "naja"
Entro sette anni  gli italiani avranno un esercito di volontari

di
Luana Silighini

Lo scorso ottobre è stata portata a termine una delle più grandi riforme della storia italiana: il Parlamento  ha abolito la leva.
Ormai è legge: la “naja” scompare definitivamente dal nostro paese e viene sostituita da Forze Armate interamente professionali.

L’Italia si avvicina così al resto d’Europa - in Gran Bretagna ed in Francia il servizio militare professionale è attivo già da tempo – e a quell’imprescindibile “diritto di scelta” che costituisce il principio fondamentale di un paese democratico.

La nuova legge consente che la leva chiu-da i suoi battenti, e lascia che l’ombra di tanti interrogativi irrisolti ricopra l’ambien-te militare: a tutt’oggi infatti è difficile, se non impossibile, dare un giudizio su di esso e sulla sua efficacia o meno. 

Le caserme sono state ritenute da molti altamente educative e formative per la rigidezza e l’essenzialità che le distin-gueva, mentre un ambiente troppo chiuso e gerarchico da altri, che vi vedeva-no proiettata la cultura dell’obbedienza, della sottomissione, dell’arroganza, dell’umiliazione, dell’eroe e del patriottismo esasperato. 

Oggettivamente nelle caserme non sono mancate le violenze più crude e umi-liazioni troppo spesso coperte dall’omertà, subite in disperato silenzio dalla vittima.

A tal proposito non possiamo far a meno di ricordare i tanti drammatici casi di umiliazione, sopraffazione, abusi -- che talvolta hanno avuto un tragico epilogo --riassunti nel termine “nonnismo”. 

Ci auguriamo che i futuri “nonni volontari”, figli di un dovere abolito, aboliranno anche questa inammissibile usanza, profonda violazione dei diritti inalienabili della persona, dei principi della disciplina e dell’autorità militare. 

Crediamo comunque che questa legge sia veramente decisiva per l’Italia poiché permette ai giovani italiani -- siano essi uomini o donne -- di scegliere, configurandosi così come una grande conquista sociale ed una vera e propria “rivoluzione” da tanto tempo attesa.


Angelo Longoni, regista di “Naja”, esulta dopo la decisione del governo italiano
di abolire il servizio militare obbligatorio

“Naja”, opera teatrale di grande successo scritta e diretta da lei , e riportata sul grande schermo nel 1998, è un viaggio nell’inferno delle caserme tra “nonnismi”, soprusi, prevaricazioni e umiliazioni: era soltanto una denuncia dei fatti spiacevoli e dei  disagi giovanili propri degli ambienti militari, o era anche un messaggio di speranza?
Quando l’ho scritto no, non c’era nessuna speranza. C’era la volontà di fare chiarezza all’interno dell’istituzione militare, ma la speranza di arrivare in così poco tempo poi all’abolizione della leva non c’era. Sono molto contento che fi-nalmente questo paese abbia preso questa decisione anche se ovviamente non sarà molto breve l’attuazione dell’abolizione totale della leva, infatti ci vor-ranno ancora sette anni. Mi domando se con l’abolizione del servizio di leva verrà mantenuto in qualche modo il servizio civile che invece ritenevo molto utile. Detto questo, il fatto che non ci sia più la naja  credo sia un bene sia per le Forze Armate che per i giovani. Chi vorrà fare il militare lo farà in modo professionistico e chi invece ha altre cose più importanti da fare non perderà inutilmente un anno della sua vita. L’importante è che però qualche mese del-la propria vita per il proprio paese lo si dia, questo secondo me è importante, per cui spero che l’abolizione della naja non pregiudichi in qualche modo la possibilità si svolgere il servizio civile.

Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a scegliere l’argomento della leva per il suo film? 
Prima di tutto una denuncia nei confronti delle Forze Armate e di tutte quelle regole non scritte che governavano la vita all’interno delle caserme: il nonnis-mo prima di tutto e tutte le prevaricazioni tra soldato e soldato.

C’è in fondo anche una denuncia nei confronti dei giovani che purtroppo in queste ultime generazioni soprattutto tendono ad accettare regole sbagliate, si adeguano passivamente a regole ingiuste violente e stupide senza avere la forza di ribellarsi a queste regole, regole anche non scritte ma che vigono nel-la convivenza in questo caso all’interno delle caserme.

Una sorta di denuncia nei confronti del conformismo dei giovani che accetta-no senza ribellarsi delle situazioni sbagliate e questo lo vediamo anche so-cialmente: questa indifferenza, questa superficialità, questa mancanza di vo-glia di ribellarsi alle cose sbagliate, lo vediamo tutti i giorni nella società, c’è una superficialità inquietante soprattutto tra gli adolescenti . 

Nei protagonisti di Naja si può ritrovare la proiezione di qualche sua esperienza personale?
Tutti i personaggi che ho descritto li ho un po’ conosciuti, quindi sì, la mia esperienza militare è stata breve ma intensa, tuttavia durante il servizio mili-tare ho girato molto e ne ho viste di cose.

Ce ne può raccontare qualcuna?
La cosa più divertente – son passati tanti anni  - era l’ospedale militare di Napoli. Lei può immaginare come sono gli ospedali a Napoli, quello militare era ancora peggio. Era gestito dagli stessi ragazzi da ricoverare: quindi uno arrivava all’ospedale e veniva ricevuto da ragazzi in pigiama fino a che al mat-tino arrivava una suora, i letti erano tutti occupati, ci facevano bische, i giochi, insomma uno doveva andare a cercare un letto in cantina dove poter dormire…vabbè insomma era molto divertente!

Qual è la sua posizione in merito alla decisione del governo di abolire la leva?
Tardiva ma…meno male che è arrivata. Credo che non ci sia bisogno di un esercito di popolo, molto meglio di professionisti. 

 

La violenza “liberticida” del servizio di leva e le  sue
ripercussioni psicologiche. L’antica piaga del nonnismo
Ne parla a Italy la scrittrice e psicologa Irene Bozzi

Spesso si è sentito parlare dell’ambiente militare come di un luogo in cui la personalità del singolo veniva sacrificata in nome di un patriottismo e di un corporativismo esasperati.
Qual è il suo parere in merito all’inserimento di un giovane in un ambiente siffatto?
Dobbiamo partire innanzitutto da una cosa che secondo me è molto importante: fin da bambini noi elaboriamo il pensiero morale, in base a quello che è il rapporto educativo con la famiglia e con l’ambiente in cui si vive. Per quanto riguarda la rigidità dell’ambiente militare e l’alta competitività questa può portare o può creare delle situazioni anche di disagio del ragazzo perché molto spesso coloro i quali sono disagiati sono giovani che non sono abituati ad alcune situazioni di alta competitività e aggressività e quindi di frustrazione che caratterizzano un ambiente di un certo tipo e quindi può capitare che si creino delle situazioni di alta tensione tra questi giovani.

D’altro canto il fatto che tutti gli ambienti siano così descritti può essere vero, però oggi molto meno di quanto non lo era ieri. Io ho vissuto nell’ambiente mi-litare perché mio padre è un ex militare e quindi ho visto anche come può in parte funzionare avendo vissuto, essendo nata in fin dei conti nell’ambiente militare e si nota che da un lato in alcune situazioni c’è un’eccessiva rigidità e un’eccessiva competitività e aggressività e poi una poca possibilità di riuscire effettivamente ad esternare se stessi.

D’altro canto ci sono degli ambienti meno pesanti, molto più positivi, molto meno negativi. Lei prima mi chiedeva dell’eccessivo patriottismo: è un mondo di valori a volte che è diverso da quello che è fuori dalla caserma e quindi a volte diventa eccessivo, troppo rigido con schemi che non sono quelli che il ragazzo invece ha vissuto all’interno della propria famiglia o all’interno dell’am-biente sociale all’interno del quale vive e quindi si può trovare in una situazio-ne di profondo disagio.

Quali ripercussioni può avere sulla formazione del giovane dal punto di vista psicologico?
Se è eccessivo il rapporto di potere e il rapporto di aggressività allora questo può creare delle situazioni di frustrazione molto forte e come abbiamo visto possono accadere anche dei drammi.
Il “nonnismo”, a suo parere, mieteva vittime deboli, ossia ragazzi psicologicamente attaccabili, indifesi, o era lo specchio di un sistema “liberticida” fondato sulla negazione del “diritto di scelta” e sull’obbligo di assolvere il servizio militare?
Il nonnismo è il lato negativo di una situazione che nasce molto probabilmente proprio da un forte sentimento di competitività e di aggressività, dove l’aggressività non è positiva ma diventa un’aggressività negativa e quindi violenza. Sicuramente è deplorevole, da condannare una situazione del genere, cioè io non sono assolutamente concorde nell’inserire forzatamente un ragazzo in una situazione come questa.

La causa del nonnismo può venir fuori sicuramente dalla situazione di un am-biente dove la frustrazione è molto alta e quindi si è considerati dei numeri e allora all’interno di un contesto del genere dal punto di vista psicologico può venir fuori una sorta di meccanismo di difesa da parte di alcuni che diventano quindi violenti, e vogliono fare i leader, ma leader negativi. Il gruppo noi sap-piamo che soprattutto nell’età dell’adolescenza e nell’immediata post – adole-scenza (dove i giovani hanno bisogno di sentirsi per realizzare se stessi) è formato da una struttura nella quale alcuni emergono come dei leader ed altri sono dei sottomessi e in questo contesto è abbastanza facile che si vengano a creare delle situazioni come quelle del nonnismo. D’altronde può succedere che in certe situazioni diventi esasperato questo discorso e il fatto del gruppo e del leader negativo che viene seguito dal resto del gruppo che si sottomette nasce da una situazione di estrema conflittualità di tutti quelli che sono i componenti del gruppo stesso e quindi c’è chi sovrasta l’altro c’è chi si allea con il leader negativo c’è chi mitizza e imita lo stesso leader negativo e possono venir così fuori delle situazioni veramente spiacevoli, terribili.

Invece cercando di educare a comprendere i sentimenti, ad avere un campo di valori diverso da quello che invece viene a crearsi in una leadership negativa allora a quel punto si riesce forse a superare il problema. Certo è che molto spesso questo cose nascono anche dall’ignoranza e nascono anche in situa-zioni diverse da quelle del servizio militare perché situazioni analoghe le possiamo trovare anche in altri gruppi, nelle famose bande per esempio, perché i giovani nel gruppo arrivano ad imitare il leader negativo per affermare la propria identità, perché ognuno la afferma a suo modo: il leader negativo afferma la propria, e chi è sottomesso, chi subisce situazioni tragiche, imita il leader negativo mitizzandolo. Gli uni e gli altri quindi diventano carnefici e allo stesso tempo coloro i quali soccombono ai carnefici.

Qual è la sua opinione in merito all’abolizione della leva?
Lo sono d’accordo nell’abolire la leva perché in fin dei conti è una situazione costrittiva per un giovane perché un giovane viene tolto dal proprio ambiente, inserito in un ambiente che è completamente diverso dal suo, dove purtroppo possono succedere anche prevaricazioni e soprusi e soprattutto perché pro-prio in quella che dovrebbe essere l’evoluzione dei ragazzi. Prima erano due anni poi è stato ridotto il periodo, però comunque è un’interruzione che non sempre giova alla vita dell’adulto. Certo è che ci sono persone che si sono trovate bene a fare il servizio militare, ci sono persone che hanno imparato delle cose. Però secondo me deve essere una scelta, per alcuni poi diventa anche una scelta di vita, di voglia di aiutare gli altri di fare qualcosa. Oggi non è più una situazione dove lo scopo è l’offesa ma anche la difesa, non solo la difesa di patria ma anche per portare aiuto agli altri come è successo e come succede spesso tra coloro i quali fanno il militare.

C’è un’apertura diversa: mentre prima era una cosa che si faceva perché biso-gnava farla era obbligatorio farla e se non la facevi passavi i guai, venivi perse-guito dalla legge perché non lo facevi. Spero che d’ora in poi non ci saranno più grandi problemi come quello del nonnismo.

 

L’astensione dei verdi


L’on. Angelo Bonelli ci spiega le ragioni di questa scelta
Perché i Verdi si sono astenuti?
Perché nell’esercito professionale mancano gli obiettivi di pace, ed un eserci-to di professionisti deve averli, cioè non deve essere finalizzato soltanto alla difesa dell’Italia ma del territorio, delle popolazioni e siccome nel disegno di legge non comparivano questi aspetti, in particolar modo gli aspetti legati al-l’obiezione e quant’altro, abbiamo cercato di astenerci pur apprezzando la razionalizzazione del sistema rispetto a quello vecchio.

Secondo lei l’astensione dei verdi è dovuta principalmente a motivi politici o “di coscienza”?

Entrambi gli aspetti, gli aspetti di coscienza che legano la nostra cultura ad una visione pacifista, e quindi al non uso delle armi, e l’aspetto politico per-ché pensiamo che gli obiettivi dovevano essere raggiunti in maniera diver-sa, più pacifista. Il Governo, tra le altre cose,  ha anche deciso la costruzione di una nuova portaerei che costa circa sei mila miliardi.

Qual è la sua visione personale in merito all’abolizione della leva?

E’ una legge positiva perché quei dodici mesi che prima erano diciotto erano diventati uno spreco, anche motivo di violenze, tra cui il “nonnismo” e quant’altro di negativo l’opinione pubblica ha denunciato. Si è sempre più an-data consolidando la necessità di trasformare il servizio militare obbligatorio in qualcosa che fosse utile alla società. Questo è il punto: non soltanto una struttura militare, ma qualcosa che possa essere veramente utile alla società. Ecco perché noi ci siamo posti contro l’eventualità di ritardi, di boicottaggi nell’applicazione del servizio di leva all’obiezione di coscienza. I tanti problemi che in molti obiettori hanno dovuto subire per poter svolgere il servizio civile. Quindi dal mio punto di vista è un aspetto positivo, però mi pare che ci sia una concezione eccessivamente militaristica che lascia poco spazio al dialo-go, alla diplomazia e alla costruzione di una struttura che può essere sia mili-tare che professionale che di aiuto alle popolazioni anche in caso di situazio-ni di grave calamità.