di Riccardo Bocca
L'onorevole Udeur: quelle frasi contro il pm registrate in carcere le disse Pacenza, non io. Ora voglio giustizia.  Colloquio con Ennio Morrone
Cosenza
Da due settimane sono alla gogna. Due settimane nelle quali nessuno, tranne il mio partito e Antonio Di Pietro, mi ha difeso, e nelle quali ho aspettato che qualcun altro lo facesse. Adesso basta. Non voglio pagare per quello che non ho fatto, e soprattutto non voglio essere crocefisso per quello che non ho detto. Visto che non salta fuori la verità, è giusto che la faccia uscire io. A costo di dimettermi da deputato, se si scoprisse che sto mentendo...

Così attacca il parlamentare dell'Udeur Ennio Morrone. L'ultima puntata di una gravissima storia partita da Franco Pacenza, capogruppo ds al consiglio regionale della Calabria, arrestato l'estate scorsa per sospetta concussione. La mattina del 18 agosto l'onorevole Morrone gli porta la sua solidarietà in carcere, ma il dialogo viene intercettato dai magistrati. E dalla trascrizione risulta che Morrone ha definito il pm Giuseppe Cozzolino (che ha chiesto l'arresto di Pacenza) "ladro e bastardo". Non solo. Morrone dice a Pacenza di stare tranquillo, che ha chiamato il procuratore capo Alfredo Serafini, e che comunque il gip verrà trasferito il 20 agosto. Frasi che hanno scatenato una bufera politica in Calabria e in Parlamento. "Lei e il suo giornale", riconosce Morrone, "vi siete limitati a riferire ciò che risulta dalle intercettazioni. Ma il problema è la storia di questi nastri. Ci sono cose che non sapete e sono di gravità assoluta".

Beh, di gravità assoluta è quello che dice lei nell'intercettazione. Dà del ladro e bastardo al pm Cozzolino, dice "sappiamo dove se la fa...".
"Quelle frasi non le ho pronunciate io. Lo giuro sul mio onore. Io ho detto un'altra cosa, sul pm Cozzolino. Ho detto che ha trent'anni, che è giovane e magari un po' ingenuo. E poi che ragione avevo io, di attaccarlo? Lo conosco appena, Cozzolino, e mi ha persino fatto una buona impressione".

Ma scusi: c'erano altre persone, oltre a lei e Pacenza, la mattina del 18 agosto nella sala colloqui del carcere?
"No. Ho letto sui giornali di una misteriosa terza persona che risulterebbe dalle intercettazioni. Ma io stavo lì, e so qual è la verità: c'eravamo soltanto noi due, io e Pacenza. D'altronde in un'intercettazione basta un cambiamento di tono, per dare l'impressione che sia presente un altro soggetto".

Quindi, dicendomi che non le ha pronunciate lei, le frasi contro Cozzolino, intende dire che vanno attribuire a Pacenza.
"Non vedo altre soluzioni. Anche se l'ultimo dei miei desideri è quello di attaccare un amico, oltre che un collega. Bisogna capire il suo stato d'animo, in quel momento, il fatto che era poco lucido...".

Non cerchi di ammorbidire quello che sta dicendo. Lei accusa il capo regionale dei ds di avere attaccato pesantemente il magistrato che lo ha fatto arrestare. E di non avere rivelato in queste settimane la verità, lasciandola sul banco degli accusati. Non è che, sentendosi all'angolo, lei cerca di mischiare le carte?
"Niente affatto. La mia è la difesa di una persona che si trova travolta da un'accusa che non merita. Lo sa come ho vissuto, in queste ore? Non ho potuto nemmeno lavorare alla Finanziaria. Un giorno sì e un giorno no sono sui giornali. Un incubo dal quale voglio uscire al più presto, a testa alta".

D'altro canto è logico, con quello che risulta dalle intercettazioni. E comunque: come sarebbe avvenuto, questo presunto complotto ai suoi danni?
"Intanto escludo un complotto di tipo politico. È successo che sono state manipolate le registrazioni".

Manipolate le registrazioni? Lei sta dicendo che chi l'ha fatta intercettare sarebbe poi intervenuto per danneggiarla? È una follia...
"Non credo che il pm Cozzolino c'entri qualcosa, in questa storia. Come ho detto a Pacenza, Cozzolino è giovane, e magari non consapevole di certe manovre. Ma ci sono cose che vanno chiarite. La prima è che i nastri sono stati fatti sbobinare in Puglia, da una società privata di fiducia della magistratura. E già qui c'è la prima anomalia. Perché non sono stati fatti sbobinare dalla polizia giudiziaria?".
 E lei come fa a sapere queste cose? I giornali non le hanno pubblicate.
"Mi lasci almeno il diritto di avere le mie fonti. Niente di segreto, ma comunque non è questo il punto...".

Quale sarebbe, il punto?
"È che dal momento in cui queste registrazioni vengono sbobinate a quando sono acquisite dalla Procura di Cosenza, qualcuno ha fatto in modo che risultassi io quello che aveva attaccato il pm Cozzolino".

E come avrebbe fatto?
"Invertendo il numero che nella sbobinatura indica chi sta parlando. È un gioco da ragazzi, basta mettere uno al posto di due. Così io mi trovo tutti contro e passo per quello che spara a zero contro i magistrati".

Le ripeto: lei dice cose di straordinaria pesantezza. E chi sarebbe stato, a compiere questa operazione?
"Credo ci sia un regista occulto, in questa storia. Qualcuno che ha interesse a screditarmi, e che per farlo è disposto a tutto".

Faccia il nome di questa persona, se esiste.
"E farmi massacrare un'altra volta? No grazie. Si scopra la verità sui nastri, si accerti chi ha detto cosa e chi ha manomesso. Questo chiedo e questo penso sia nei miei diritti di cittadino. Non le pare?".

Mi pare che lei non abbia le prove di quello che sta dicendo.
"C'è in ballo la mia credibilità di politico e di uomo. Se quello che dico non è vero, allora ne dovrò trarre le conseguenze".

Il rischio, nel frattempo, è che questo fango sotterri il lavoro dei magistrati, che confonda le acque e renda più difficile l'accertamento delle responsabilità.
"E allora cosa dovrei fare? Stare zitto? Anche questo è fango, per me. E non ne posso più di vedermelo tirare addosso".

A proposito. Lei finora ha parlato soltanto delle frasi che riguardano il pubblico ministero Cozzolino. Ma c'è dell'altro, nella sbobinatura delle intercettazioni. Lei dice che tutti gli amici vostri, a partire dal diessino Nicola Adamo, erano tranquilli, e che Pacenza sarebbe senza alcun dubbio uscito...
"E cosa c'è di male? Mi ero visto quella mattina con gli amici, Adamo e altri, e alcuni avvocati ci avevano detto che dagli atti non emergeva alcun reato penale. Ecco perché eravamo tranquilli".

Morrone, lei dice anche a Pacenza che il gip verrà spostato il 20 agosto, come in effetti è avvenuto.
"Ripeto: e allora? Il gip era un gip distrettuale, quindi supplente, e il 20 agosto sarebbe scaduto il suo mandato. E comunque, anche se spostato, il gip è rimasto applicato a questo processo fino a pochi giorni fa".

D'accordo, ma che senso aveva sottolinearlo con Pacenza? Un gip o l'altro dovrebbe essere lo stesso. Oppure cambiava qualcosa con il nuovo gip, quella Lucia Marletta che è moglie del suo ex collaboratore Max Granata?
"Fesserie. Non cambiava niente. E Max Granata non lavora più con me dal 2005, quindi non vedo il collegamento".

Intanto nelle intercettazioni lei dice a Pacenza di avere chiamato il procuratore capo di Cosenza Serafini.
"E qui torniamo al punto precedente, quello della sbobinatura. Io ho una memoria formidabile, riguardo alle cose che dico. E le posso assicurare che sono stato frainteso. Io ho detto a Pacenza che Serafini era stato informato telefonicamente. Ma non da me, bensì dal pm Cozzolino".

Capisce che sono un rischio, le sue parole ambigue. Cosa ne pensa il ministro della Giustizia Clemente Mastella, al quale la lega il partito e un'amicizia personale?
"Non gli ho neppure parlato. Tutti sanno del nostro rapporto, e proprio per questo non volevo che tirando addosso a me potessero colpire lui".

Mettiamola così, allora: Mastella non ha speso una sola parola per difenderla.
"E ha fatto bene, lui non c'entra. Piuttosto ho presentato un'interrogazione, assieme a tutti i parlamentari calabresi dell'Unione, per chiedere al ministro come intenda scoprire la verità".

In questo modo sembra che lo tiri per la giacca, il ministro.
"Ma quale giacca. Chiedo giustizia, e non sono l'unico. Sbaglio?".

Il fatto è che nemmeno i Ds sono scesi in campo per difenderla. Non è che, leggendo il contenuto delle intercettazioni, l'hanno mollata al suo destino?
"Ma quale destino... Comunque io non ce l'ho con nessuno. Salterà fuori la verità e tutti ne dovranno prendere atto".

Nel frattempo, si immagini le reazioni a queste sue dichiarazioni. Lei che accusa Pacenza di avere sparlato del pm che lo ha arrestato. Una crisi politica, per la Calabria, e una figuraccia a livello nazionale.
"Io non accuso affatto Pacenza, persona che stimo. Ma in carcere non era lucido, diceva frasi campate per aria".

Resta un punto, assai delicato: la sua famiglia. Lei, oltre che onorevole, è padre del giudice del tribunale civile di Cosenza Manuela Morrone, la quale a sua volta è moglie del capo della squadra mobile cosentina Stefano Dodaro. E il gip Lucia Marletta, che doveva gestire il caso Pacenza, è la moglie del suo ex collaboratore...
"La mia è una famiglia unita e perbene: sfido chiunque ad attaccarla, prove alla mano".

Sia come sia, la scorsa settimana è stato deciso lo spostamento del processo a Pacenza in un'altra procura. Almeno così non ci saranno più voci sgradevoli.
"Lo dico anch'io. Voglio che tutto sia alla luce del sole. E che ciascuno si prenda le proprie responsabilità. Io per primo".
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