Le Interviste
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"Quanto è accaduto a partire dal 12 luglio non c'entra nulla con le questioni interne libanesi, perché i protagonisti sono altri. Come nel 1968, quando i palestinesi fecero un'azione contro Israele partendo dal Libano e la risposta fu la distruzione della nostra flotta aerea". Samir Frangié, cristiano-maronita e deputato indipendente, denuncia "il tentativo di farci tornare indietro ai tempi della guerra civile".
Dove vogliono portarvi?
"Ai tempi in cui le cose libanesi venivano decise da altri Paesi".
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di Gigi Riva
Dal disarmo dei terroristi. Alla presenza di una forza multinazionale. Le condizioni dell'ex premier israeliano colloquio con Ehud Barak Ehud Barak
Non è pentito, anzi è 'orgoglioso' per aver fatto la cosa giusta decidendo, nel 2000, il ritiro di Israele dal sud del Libano. Così come oggi, se fosse al governo, avrebbe deciso di attaccare gli Hezbollah. Ehud Barak, 64 anni, primo ministro laburista d'Israele dal 17 maggio 1999 al 7 marzo 2001, mediatore a Camp David dove fallì, sotto la presidenza Clinton, la trattativa con Arafat, ha indissolubilmente legato il suo nome al Libano perché in quella terra si sono svolti due degli episodi fondamentali della sua vita pubblica: una da politico e l'abbiamo visto, l'altra da uomo d'azione. Travestito da donna, parrucca nera in testa, due granate nel reggiseno e pistola col silenziatore nella borsetta, guidò il commando che a Beirut assassinò tre dirigenti palestinesi considerati responsabili della strage di Monaco di Baviera. Ex generale, Barak è stato il protagonista di molte azioni dall'esito felice quando serviva nei corpi d'élite dell'esercito, tanto da diventare il militare più decorato della storia d'Israele. Eppure tanto onore guerriero non è servito a metterlo al riparo dalle aspre critiche, soprattutto in questi giorni, per via di quel ritiro che i suoi denigratori preferiscono definire come 'fuga'. Lui lo sa e mette tutta la foga dialettica nel difendere una scelta che rifarebbe anche oggi.
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di Gigi Riva
Tutti i poteri sui servizi segreti al capo del governo. Una legge di riforma bipartisan che crei il super Cesis. Mentre a Bruxelles è già al lavoro un coordinamento di tutte le agenzie della Ue. Parla il commissario europeo alla Giustizia e sicurezza Franco Frattini Franco Frattini, commissario europeo
alla Giustizia, libertà e sicurezza
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di Gigi Riva
Parla il ministro degli Esteri d'Israele: dietro agli Hezbollah ci sono l'Iran e la Siria. E assieme ad Hamas si sta creando un asse del terrore. Noi combattiamo una guerra che riguarda tutto l'Occidente
Tzipora Livni, ministro degli Esteri d'Israele
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di Daniela Minerva
Livia Turco alza il dito minacciosa, s'infiamma: chiede rigore e giura rigore. Lei è in campo per combattere la partita politica della sua vita: qui o si cambia la sanità o si muore. Perché una sanità equa è possibile, l'esperienza di molte regioni lo dimostra, e lei dichiara guerra a chi vede nei conti in rosso il segno che un sistema sanitario uguale per tutti non è sostenibile. Se Padoa-Schioppa vuole spendere meno, toccherà a lei fare in modo che non si tocchino i più deboli. Come? All'indomani del Dpf è chiaro soltanto che ai cittadini si chiede di 'partecipare' ai costi. Ancora ticket, insomma: sui ricoveri sotto forma di contributo alberghiero definito sulla base del reddito, e sull'uso improprio del pronto soccorso. E all'opinione pubblica il New Deal sanitario annunciato dalla Turco alle Camere comincia a odorare un po' di vecchio.
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