di Giorgio Dell'Arti

Per sommi capi. Le vittime del massacro di Parigi sono al momento 129, i feriti 352, 99 dei quali gravissimi. Tra le vittime due belgi e un portoghese.

Due italiani sono feriti, una terza italiana, di nome Valeria Solesin, di 28 anni, non si trova e la madre dice che non sta nella lista dei deceduti. Gli attentatori morti nell’impresa sono sette e uno di questi era francese, Ismael M., 30 anni, nato a Courcouronnes, inutilmente ben noto ai servizi. Uno degli assalitori del Bataclan potrebbe essere una donna. Altri jihadisti sono fuggiti e tra questi potrebbero esserci i tre arrestati in Belgio. Del resto l’auto che ha rilasciato gli assalitori davanti al Bataclan aveva la targa belga e dentro c’erano biglietti del parcheggio Moleenbeck di Bruxelles. La chiusura francese delle frontiere – di fatto la fine di Schengen – ha provocato notevoli intasamenti ai confini e preoccupa enormemente i mercati, se il blocco delle merci sarà confermato. È possibile che si disponga la chiusura della Borsa di Parigi per uno o più giorni, come fece Alan Greenspan con Wall Street subito dopo l’11 settembre. In ogni caso domani si prevedono piazze molto, molto depresse. Starebbe pensando di chiudere le frontiere con la Francia anche l’Italia, che ha mandato 700 militari a Roma. Le strade di Parigi sono pattugliate dai soldati, Hollande ne ha mandati 1.500, è apparso ancora una volta in tv e parlerà alle Camere eccezionalmente riunite in seduta comune a Versailles. Si dice che le misure di sicurezza allo studio prevedano addirittura il divieto di manifestare. Non si contano i discorsi, le solidarietà, le vesti strappate per l’attacco alla democrazia, e tutto l’armamentario di chiacchiere che viene esibito in questi casi e di cui, come sempre, non daremo nessun conto. Non c’è neanche una rivendicazione con i crismi da parte dell’Isis, ma solo una serie di comunicati, hashtag e simili (mentre la foto di un presunto attentatore si rivela una bufala), anche questi abbastanza di prammatica. Quello che ha fatto maggior impressione è uno in cui si dice che i raid di Parigi sono una risposta all’intervento francese in Siria, e che presto toccherà a Roma, Washington, Londra.

 

C’è la questione del Giubileo. Papa Francesco lo ha indetto senza consultarsi con nessuno, e la Chiesa pretende ora che in poche settimane Roma sia pronta e il Paese messo in sicurezza.

In rete furoreggia l’hashtag #stopGiubileo. Padre Lombardi, portavoce vaticano, ha risposto: «Se ci lasciamo spaventare, hanno già raggiunto un primo obiettivo». È vero, ma mi permetto di dire che bisognava pensarci prima.

C’è anche il problema degli Europei di calcio.

Ce ne occupiamo in altra parte del giornale. Certo che l’idea di concentrare proprio in Francia le nazionali di tutta Europa per una manifestazione ufficiale, quando è bastata un’amichevole tra Francia e Germania per far venire ai terroristi certe voglie…

S’è capito un po’ meglio che cosa è successo venerdì sera?

C’è ancora molto da scoprire. Gli islamisti hanno attaccato in almeno sei punti: Stade de France, rue de Charonne, boulevard Voltaire, rue Alibert, rue de la Fontaine au Roi, sala Bataclan. Il maggior numero di vittime si è avuto al Bataclan. I padroni del Bataclan sono ebrei, qui si sono svolti una quantità di convegni e conferenze a sfondo ebraico, si sapeva che per questo il locale era un bersaglio almeno fin dal 2011, ma forse anche da prima, islamisti radicali lo avevano minacciato anche nel 2007 e nel 2008. I servizi francesi, fallimentari su tutta la linea, hanno forse preso qui il buco più clamoroso. Ieri in rete girava un video in cui si vede gente che scappa urlando da un’uscita laterale, si appende alle finestre, piange. Poco più in alto una donna penzola nel vuoto e nella finestra accanto, un uomo sta in bilico sulla ringhiera. Immagini che ricordano quelle dell’11/9. È confermato che nel locale i terroristi erano tre, giovanissimi, hanno ricaricato l’arma tre o quattro volte fucilando uno dietro l’altro gli ostaggi. I musicisti del complesso Eagles of the Death Metal (nome mai apparso tanto cretino come l’altra sera, “Aquile del Metallo Mortale”) se la sono data a gambe levate al primo scoppio e ne sono usciti illesi. Allo stadio è confermato che i tre kamikaze si sono fatti saltare all’esterno. Uno di loro si è fatto esplodere in un take away di fronte a un’entrata dell’impianto sportivo. Per il resto, non si può che stilare una contabilità: caffè Carillon e ristorante Petit Cambodge, 15 morti e 10 feriti in fin di vita; rue de La Fontaine au Roi, 5 morti.

Ora, si vorrebbe tirar fuori dalla cosa un minimo di senso.

Il senso generale è di sicuro questo: nella guerra interna al mondo sunnita, il califfo al Baghdadi sta schiacciando il suo avversario al Zawahiri. Consideriamola una concorrenza tra brand: il brand Isis ha una capacità di comunicazione enormemente superiore a quella del brand concorrente al Qaeda. Il primo obiettivo dell’operazione di venerdì era questo ed è stato raggiunto. C’è poi il messaggio lanciato al mondo sciita: Teheran e Washington si sono messe d’accordo, il presidente iraniano Rouhani che oggi sarebbe dovuto essere in Francia, non ci sarà, dopo aver dato forfait ieri anche in Italia, proprio a causa degli attentati parigini. L’Iran è in prima linea nella guerra all’Isis, in prima linea sul terreno, voglio dire, suoi soldati combattono a fianco dei peshmerga curdi e delle milizie fedeli ad Assad, mentre gli americani bombardano dai cieli gli uomini dello Stato islamico. Il raid di Parigi lancia al mondo islamico sciita il messaggio: sono infedeli, sono traditori, l’unica parola vera è la nostra. C’è poi la questione del rapporto tra Islam e Francia, porta d’ingresso della problematica relativa al rapporto tra Isis e Occidente. Anche se i dati non sono sicuri, è assodato che in Francia vive la comunità islamica più numerosa d’Europa, probabilmente sei milioni di fedeli, il 10% per cento della popolazione. Questi immigrati, ormai di seconda se non di terza generazione, hanno colonizzato le periferie, trasformate in piccoli califfati governati dagli imam locali e dove la polizia non si permette di metter piede. Questa separatezza è stata addirittura sancita con la creazione delle Zones urbane sensibles e delle Zones de sécurité prioritaires. In queste aeree, povere, con un tasso di disoccupazione alto, il messaggio del Califfo ha più possibilità di passare. Il 70% dei detenuti francesi è musulmano e in carcere al Baghdadi fa facilmente proseliti. C’è ormai anche un partito islamico, di ideologia moderata, ma c’è, come aveva predetto lo scrittore Houellebecq: si chiama Union des Democrates Musulmans de France e si presenterà alle prossime regionali. Questa situazione ha come conseguenza un’estrema sensi- bilità della politica d’Oltralpe verso le questioni mediorientali. La Francia è attivamente presente in Siria e in Iraq con i suoi caccia Mirage. Sul terreno, a combatterla, ci sono 1.200 jihadisti francesi, alcuni dei quali sono pronti a tornare in patria per mettere se possibile a ferro e a fuoco una città come Parigi. C’è da essere sorpresi che tra i terroristi finora identificati ci sia solo un francese. Da segnalare, infine, che il titolare del passaporto siriano trovato su uno dei corpi degli aggressori di Parigi era stato registrato in Grecia lo scorso ottobre, come rifugiato. Un dato che getta una luce inquietante sul tema dei migranti in arrivo nel Vecchio Continente. Non a caso la Polonia ieri si è sfilata dagli impegni sul ricollocamento dei profughi e un accordo Ue sul tema ora sarà difficilissimo.

Perché gli americani non si mettono d’accordo con i russi e sgominano questo cancro?

Secondo l’analisi del mensile Limes , l’America di Barack Obama ha un interesse relativo per l’area mediorientale, che considera una gatta da pelare soprattutto per gli europei e i russi. La sua priorità è la Cina, e la questione di chi debba essere tra Washington e Pechino a comandare il mondo. È questo il conflitto, ancora latente, che tiene tutto insieme: crisi del debito, basso prezzo del petrolio, deflazione, sanzioni alla Russia, terrorismo.

 

Fonte Altri Mondi