Come un diritto extradoganale ha reso d'oro la montagna
Della vecchia Livigno, il Tibet d'Italia isolato dal mondo per molti mesi l'anno, resta solo la cornice. Uno scenario mozzafiato con le montagne e gli sterminati prati verdi che d'inverno diventano un paradiso per lo sci da fondo. Tutto il resto è stato travolto dai segni del benessere portato dal turismo: decine di insegne, dall'abbigliamento alle profumerie, vetrine scintillanti di telefonini e videocamere, vecchie baite trasformate in hotel e ristoranti. A Livigno tutto è davvero cambiato dai tempi in cui la gente viveva di emigrazione, pastorizia e contrabbando con la Svizzera. Tutto è cambiato, salvo il privilegio che ha fatto da motore alla trasformazione. Nel 1910, infatti, il paese lombardo (4 mila residenti) dell'Alta Valtellina è diventato zona extradoganale. Niente Iva, quindi, né dazi. Il Comune si limita a incassare un balzello, i cosiddetti diritti speciali doganali, sui generi esentasse. Così la benzina costa il 30 per cento in meno. E i turisti vanno a caccia anche di sigarette, liquori, prodotti elettronici. Tutto a prezzi scontati. Un successone, che però provoca giganteschi ingorghi di auto nei periodi di punta. Mentre i Comuni vicini protestano per la concorrenza sleale. Ciascun turista non può fare acquisti per un valore superiore a 175 euro, ma i controlli in un'apposita dogana non sembrano scoraggiare l'esercito dei visitatori, spesso semplici turisti mordi e fuggi. "Che senso ha un privilegio simile per pochi residenti?", si chiedono i critici. Senza però riuscire a espugnare il Tibet della Valtellina.