Esplode in Rete il fenomeno del 'marketing epidemico'. Che usa Web community e blog per far parlare di un prodotto. I protagonisti? Giganti come Nike e Sony
Se a un concerto rock vi capita di vedere un tipo salire di forza sul palco, cantare stonato e poi fare un'arringa contro lo strapotere delle major del disco, pensateci bene prima di fraternizzare con lui. Potrebbe essere solo una trovata pubblicitaria. Quanto descritto era appunto parte di una campagna pubblicitaria di Sony Italia. Si chiama 'marketing virale', ed è una nuova forma di strategia pubblicitaria che d'ora in avanti s'intrufolerà spesso nelle nostre vite. In realtà è già cosa nota da anni negli Usa e nel nord Europa, ma da noi è appena sbarcata: "Questo per noi è l'anno zero del marketing virale", dice Valerio Franco, partner strategist di Ebola Industries, agenzia di Milano che ha ideato la campagna Sony. La quale è un buon esempio per capire come funziona il fenomeno.

Scopo della campagna era rivalorizzare il marchio del Walkman. Ebola ha creato quindi un sito (www.saveyourears.it), dedicato a chi non sa cantare e zeppo di video a tema. È un sito-community, cioè è aperto alla partecipazione degli utenti, che possono depositarvi dei video, commentarli, e conversare tra loro. Il tutto era presentato come il frutto dell'iniziativa di un normale utente e non come una campagna pubblicitaria. Il Sony Walkman veniva indicato, sul sito, come un rimedio per rieducare il proprio orecchio alla musica, e veniva abbinato a un concorso per vincere un Walkman. Ebola, in più, ha creato un personaggio che doveva farsi portavoce degli stonati d'Italia: lo stesso che è stato mandato a interrompere due concerti rock (a Roma e a Milano). È stato trascinato via dal palco dalla polizia, ma era tutto un gioco, e gli organizzatori dei concerti sono stati pagati con i soldi di Sony. La recita è stata svelata alla fine della campagna, durata sette settimane, durante le quali il sito ha attirato 130 mila visitatori. I filmati sono stati visti 622 mila volte.

"Gli utenti non sono stati delusi, alla fine. Anzi, dicono di essersi sentiti come parte di un reality show e hanno continuato ad affollare il sito".

Si apprende così che è tutto all'opposto rispetto alla pubblicità tradizionale. Se questa per abitudine grida per parlare di un prodotto e interrompe i film, il marketing virale vuole coinvolgere i potenziali consumatori. Non li tratta come acquirenti, ma come complici di un gioco; il messaggio pubblicitario è implicito, seminascosto. Lo scopo è creare un chiacchiericcio spontaneo ed 'epidemico' ('viral'), che corre di bocca in bocca intorno a un marchio. E ottenere la partecipazione degli utenti su Internet. La si conquista, ad esempio, creando video-shock che fanno il giro della Rete o siti-community originali, dove la gente si incontra e fa amicizia. O architettando eventi-spettacolo nel mondo reale, come nella campagna Sony.

In questo, Nike è un'esperta: ha disegnato impronte di piedi in alcuni prati di Milano, Roma e Cerignola per promuovere la nuova scarpa Nike Free. Su Internet, un video-spot di Nike un anno fa è riuscito a creare una discussione accesa. Si vede Ronaldinho che, dopo essersi infilato le scarpe Nike, in allenamento, riesce a colpire ripetutamente la traversa senza fare mai toccare terra alla palla. "Sarà vero o falso?", si sono chiesti in molti. Ronaldinho giura che è tutto vero.

Una delle armi più potenti del viral marketing, su Internet, sono quindi i video e lo strumento più usato per farli circolare è il sito YouTube. È il principale sito di video al mondo: a luglio 2006 ha avuto 47,2 milioni di visitatori, secondo l'osservatorio Nielsen/ NetRatings. Un boom: più 495 per cento rispetto a gennaio 2006. "Ai saponi Dove è bastato mettere un video su YouTube per fare della nuova campagna un successo", dice Jaap Favier, analista dell'osservatorio di ricerca internazionale Forrester Research. Su YouTube ha scatenato 50 mila commenti, ha fatto il giro di migliaia di blog nel mondo. Il video mostra come si possa trasformare, con il computer, l'immagine di una donna bruttina in una bellissima modella per un manifesto pubblicitario.
Da noi, però, YouTube viene al secondo posto, secondo i dati Nielsen: il sito di video più visitato dagli italiani è Libero Video & Fun, con un audience di 1,7 milioni (su un totale di 3,5 milioni di italiani che usano siti di video). Wind, papà di Libero, ha appena deciso di trasformare questo patrimonio in un business. Lanciando Play Video: "Il primo esempio, in Italia, di offerta pubblicitaria basata su marketing virale e video in Internet su larga scala", dice Antonio Converti, direttore marketing di Libero: "Noi vendiamo la campagna pubblicitaria virale e poi per realizzarla ci serviamo di aziende specializzate, come Ebola". Quella di Sony è stata appunto una delle prime campagne vendute da Libero; tra gli altri clienti ci sono stati Canon, Opel, la vodka Keglevich. "Il lancio definitivo di Play Video è stato a metà novembre", dice Converti: "Ora parte una campagna per la Banca San Paolo". Per gennaio Wind promette fuochi di artificio: "Leggerete sui giornali di un evento che farà scalpore. E solo dopo si scoprirà che era tutto organizzato". Il costo di una campagna virale? "Da 70 a 200 mila euro", dice Franco.

Tra le prime aziende italiane a usare il viral marketing c'è anche Simmenthal: ha pubblicato su Internet, in video-episodi, una storia di un manzo scomparso. Ma anche Fiat: per promuovere il lancio della nuova Cinquecento, previsto per ottobre 2007, ha creato un sito, Fiat500.com. È in molti modi interattivo: tra l'altro, c'è un laboratorio virtuale dove si può giocare a disegnare la nuova 500 con il restyling che si vorrebbe. Fiat ha ricevuto finora 130 mila proposte.

Altri due strumenti Internet amati dal viral marketing sono i social network e i blog. Il principale social network è MySpace (66 milioni di utenti mensili) di Rupert Murdoch, padrone di Sky. Qui ciascun utente può avere un proprio spazio dove pubblicare i propri contenuti e incontrare persone affini. I pubblicitari si inseriscono nel network creando spazi dove gli utenti interessati a un certo prodotto possono incontrarsi e commentarlo (per esempio, l'ha fatto Disney per l'ultimo film 'I Pirati dei Caraibi'). Il modo più semplice con cui i pubblicitari usano blog e forum è scrivere un commento per segnalare il link di un video che è parte di una campagna (ma senza poter essere accusati di fare informazione pubblicitaria). L'ultima novità è pagare gli autori di blog perché parlino di un prodotto: è quanto propone, da novembre, ReviewMe.com, che paga da 20 a 200 dollari ad articolo (a seconda dell'autorevolezza dell'autore).

L'idea di fondo è che i blog sono ormai diventati influenti. L'ha confermato, a novembre, una ricerca Hotwire Ipsos Mori, condotta su 2.214 adulti tra Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Italia. Risulta che il 52 per cento è stato più propenso ad acquistare qualcosa dopo avere letto commenti positivi sui blog. È difficile, però, usarli a scopi pubblicitari senza bruciare la loro credibilità. È sconsigliato pagare recensioni all'insaputa dei lettori, perché questi trucchetti su Internet si scoprono subito, come accaduto per una campagna della catena di supermercati WalMart. ReviewMe tenta di risolvere così: lascia libero l'autore pagato di scrivere giudizi negativi e comunque gli chiede di indicare che l'articolo è sponsorizzato.