Il dopo Berlusconi aprirà un cantiere in Forza Italia: per costruire, plasmare, modellare e lanciare il successore del leader
Berlusconi colpito dal malore a Montecatini Terme
Qualche volta la ribellione del corpo assume una funzione politica decisiva. Bettino Craxi fu fatto fuori dall'inchiesta su Tangentopoli, ma anche dal suo indebolimento fisico, un incidente cardiaco, il diabete. Che Craxi fosse insostituibile, per il Psi, fu dimostrato in seguito dal crollo del partito. Ora, la défaillance di Silvio Berlusconi al convegno dei giovani dellutriani a Montecatini sembra più che altro la sottolineatura di un problema già esistente, quello della successione al leader unico ed esclusivo di Forza Italia e della Casa delle libertà.

Vero che in politica vale il mai dire mai, ma se è lo stesso Berlusconi ad accarezzare l'idea della successione, se il Cavaliere si annoia nel ruolo di oppositore senza potere, se il suo destino non è più nell'impresa di famiglia, e se la prossima battaglia politica contro l'Unione è troppo lontana, la linea dinastica appare piuttosto chiara: dopo Berlusconi c'è semplicemente un problema, non la soluzione.

Intanto perché la personalità del Caimano non è replicabile. Come aveva scritto un grande storico come Ernst H. Kantorowicz, il corpo del sovrano è doppio, in quanto c'è la corporeità fisica e la corporeità simbolica: nell'epoca dell'Italia contemporanea e postmoderna, il Medioevo più la televisione, Berlusconi era corpo e immagine, warholiana icona pop e fisicità sostenuta dai trattamenti vitaminici del dottor Scapagnini, potere economico incarnato nella forza fisica da businessman cinquantenne e potere politico rappresentato dalla costruzione e ricostruzione continua della perfezione fisica, a base di ginnastica, trapianti, lifting, cocktail alla papaia, chirurgie varie.

Che Berlusconi abbia pensato di cercarsi un sostituto e di mettersi sullo sfondo a fare il regista del centrodestra, rinunciando al ruolo di primattore, appartiene al ragionevole: ma si sa che il leader della Cdl non è incline alle soluzioni ragionevoli. Fantasia, forza dell'improvvisazione, esplosività creativa hanno fatto di lui un Golem della politica, un concentrato di forza che è riuscito a dividere in due l'Italia, a spezzare la società del nostro paese in fronti contrapposti e incompatibili, ben al di là della logica dell'alternanza e del bipolarismo.

Per questo motivo riesce difficile trovare un erede: in un modo o nell'altro, gli autocandidati alla successione, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, sono figure che rappresentano soltanto una faccia, quella politica, del ruolo che Berlusconi ha interpretato. È di questo che il centrodestra ha bisogno? Di un professionista politico? No, gli serve un protagonista capace di incendiare le platee e di sobillare gli eserciti. Tanto più che la linea di successione si presta a trabocchetti e insidie, come si è visto con la scomunica lanciata dal presidente del Ppe Martens all'indirizzo di An, che per il momento ha frenato il passaggio al centro, ossia la reincarnazione democristiana, degli ex missini.

Dev'essere anche per queste ragioni che nel taccuino di Berlusconi figurava un'espressione, rimasta impronunciata a Montecatini, relativa al passaggio di consegne a favore di "un quarantenne". Un giovane si può individuare costruire, plasmare, lo si può lanciare, modellare, rifinire. Ed è un'operazione che va praticata all'interno di Forza Italia, senza dover fare i conti con i partiti esterni. È vero che fra gli azzurri ci sono figure importanti per il ruolo strategico che rivestono nei confronti della Lega (Roberto Formigoni e Giulio Tremonti in particolare), o come Beppe Pisanu nel settore centrista, figura di garanzia nel caso di evoluzione verso intese più o meno larghe.

Fallite le spallate contro il governo Prodi, e una volta che si sarà esaurita la protesta antigovernativa di piazza, è piuttosto probabile che la Casa delle libertà diventi un cantiere. I progetti possono essere molto diversi: ci sarà chi pensa alla riproposizione della Cdl come un berlusconismo senza Berlusconi; ma è molto più plausibile che si rafforzi la spinta verso il partito unico, gestita neanche troppo nascostamente dai leader di Forza Italia. Con l'obiettivo di affermare l'egemonia anche culturale del berlusconismo. Perché è illusorio pensare che oggi gli uomini di Forza Italia possano accettare di cedere il comando, e l'eredità politica intera, a un leader-outsider che viene da fuori, a un politico politicante, a un "fanagottone". Anche senza l'impegno diretto dell'uomo che ha rivoluzionato la politica italiana, il futuro del centrodestra porta il marchio indelebile del Cavaliere.