di Chiara Longo Bifano
Siti Internet vuoti, slogan assurdi, regioni in lotta tra loro. Risultato: il Paese non sa vendersi all'estero
Prendete un giapponese che abbia la mezza idea di farsi un viaggio in Italia. Mettete che vada al pc e digiti 'Italia.it'. Che cosa trova? Solo una scritta fissa: 'The Italian Tourism Portal is coming soon'. Ma siccome non si arrende, va su Google e cerca 'italian tourism'. A questo punto troverà al primo posto il sito Enit.it e al secondo Italiantourism.com: quale sarà quello ufficiale? Il giapponese non lo saprà mai. Dopodiché, se è un asso del computer, finirà nel girone dei siti regionali. Dove troverà tutto e il contrario di tutto. Solo due (Liguria e Campania) sono tradotti nella sua lingua, anche se ad accoglierlo ci saranno due giochi di parole difficilmente traducibili: 'Una terra damare' e 'Una regione alla luce del Sole'. Se mastica un po' di italiano, scoprirà che il nostro Paese ha un doppio 'cuore verde', visto che così si definiscono sia l'Umbria sia il Molise. Se invece capisce lo spagnolo, ripiegherà sulle Marche, dove - promette lo slogan - c'è 'l'Italia in una regione'.

Alla fine il nostro amico giapponese non ci capirà più nulla. Venti marchi regionali, più i 108 delle province, non fanno un marchio Italia: a tutt'oggi - se non a parole - non esiste un logo unico amicale, quello che gli stranieri chiamano 'lovemark', né una strategia unica da vendere all'estero.

L'anarchia ancor prima che informatica è terminologica. Basta partecipare a un workshop sul turismo: l'Apt della Basilicata (creata in base alla legge quadro del 1983, ma soppressa da quella del 2005), stringe la mano all'Atl del Piemonte (istituita in base alla legge del 2005), mentre l'Ept della Campania (rimasta addirittura alla normativa precedente al 1983) socializza con le Aiat valdostane. "Roba da mal di testa", commenta Josep Ejarque Bernet, ingaggiato da Riccardo Illy alla direzione del turismo del Friuli-Venezia Giulia, dopo essersi guadagnato sul campo di Barcellona '92 prima e poi delle Olimpiadi invernali di Torino il titolo di 'destination manager': "Troppo spesso", aggiunge, "i soggetti preposti all'accoglienza turistica non collaborano tra loro e si limitano a essere dispensatori di cartine delle località. Gli uffici sul territorio non sono coordinati, non prevedono l'apertura nel weekend e spesso hanno scarse conoscenze linguistiche".

Tanto varrebbe abolire tutto? è quello che pensa Gavino Maresu, direttore del dipartimento turismo dell'Eurispes: "Sarebbe meglio, a questo punto, affidare la promozione alle 6.200 pro loco presenti nei comuni da decenni". Eppure erano state proprio le regioni, nel 2002, ad accordarsi per riunire tutti gli uffici di informazione e accoglienza sotto l'unica denominazione di Iat. Il fatto è che la competenza esclusiva in materia di turismo attribuita alle regioni (in seguito alla modifica del Capitolo V della Costituzione del 2001) ha in molti casi generato più confusione che autonomia. L'ultima legge, la 135 del marzo 2001, si proponeva di fissare principi generali e strumenti di coordinamento attorno ai quali le regioni avrebbero poi costruito le proprie normative e prevedeva anche l'approvazione entro tre mesi di un decreto che desse omogeneità al settore. Il decreto arrivò invece un anno dopo, finendo con lo scontrarsi con la riforma federalista appena approvata: il nuovo articolo 117 della Costituzione non indica il turismo fra le materie di competenza dello Stato né fra quelle di legislazione concorrente. Il risultato è stato l'inevitabile conflitto istituzionale. La legge, poi, prevedeva la nascita di 'sistemi turistici locali' e progetti di promozione interregionali per sviluppare un'offerta comune. Il risultato? Qualcosa come 45 progetti talvolta in contrasto tra loro per un investimento totale di oltre 100 milioni di euro. Scorrendo la lista si trova ad esempio 'Turismo in rete' a cui aderiscono solo Calabria e Basilicata. La prima con un portale nato da poco e solo in italiano (dell'inglese per ora c'è soltanto l'icona), la seconda con un sito dell'Apt difficilmente rintracciabile e un'area tematica del portale regionale che potremmo definire 'personalizzata': se le notizie sono poche, sta al navigatore proporre integrazioni e consigli scrivendo - è l'invito che viene fatto - a tale Rocco. Costo del progetto (stipendio del signor Rocco incluso , si spera) poco meno di 1 milione e 700 mila euro. Sotto 'Promozione Turismo Verde' troviamo invece Toscana e Sicilia: assenti il 'cuore verde' umbro e molisano e i nostri parchi nazionali. Ma l'Italia è anche terra di laghi. E per la loro valorizzazione esistono tre progetti per un totale di quasi 9 milioni di euro: 'Vivere i laghi' per Lazio, Umbria e Molise, un programma per il lago di Garda e uno per quello Maggiore.
Insomma, siamo al turismo di campanile. Le regioni italiane scommettono sull'identità del proprio territorio con una spesa di promozione che si aggira complessivamente sui 200 milioni di euro l'anno. Spesso puntando molto in alto e sfiorando il ridicolo. è il caso delle Cinque Terre di Liguria, da poco gemellate con la Muraglia Cinese per via dei sette chilometri di muretti liguri. Nell'ottobre scorso Marche, Lazio e Umbria sono state in trasferta in Canada; Emilia e Liguria sono partite alla conquista dei 35 milioni di turisti cinesi, mentre l'Abruzzo ha puntato sugli Stati Uniti, annunciando un nuovo collegamento aereo tra Pescara e New York. La Sardegna ha affidato a Saatchi&Saatchi una campagna da 18,7 milioni di euro, mentre il Veneto, nel 2005, ha investito da solo più di 27 milioni in progetti di promozione turistica.

La necessità di fare sistema comincia a essere una emergenza nazionale. Le prime ad accorgersene sono state le regioni stesse che, in occasione della terza Conferenza nazionale del Turismo, due mesi fa, hanno plaudito alla scelta del governo Prodi di affidare a Francesco Rutelli, vicepremier e ministro dei Beni culturali, la delega di un settore tanto strategico. Il leader della Margherita, pur rimpiangendo pubblicamente il soppresso ministero del Turismo, ha garantito il rispetto della competenza esclusiva. Almeno a parole il terreno è pronto per un patto forte che coinvolga tutti gli attori. "Quella che stiamo vivendo è un'occasione unica", afferma Enrico Paolini, coordinatore degli assessori regionali al Turismo e vicepresidente dell'Enit fresco di nomina: "Il passato governo ha avuto il merito di istituire il Comitato nazionale per il turismo e la nuova Enit, trasformandola in un'agenzia di diritto pubblico che vede rafforzato il ruolo delle regioni, mentre la delega di Rutelli, il lancio di un concorso europeo per la creazione di un marchio Italia, la nascita del portale unico e quella dell'Osservatorio, i nuovi investimenti previsti dalla Finanziaria, sono tutti i segnali di un cambiamento di rotta senza precedenti". Per ora, tuttavia, non si è visto granché. I dati poco lusinghieri sul turismo nel Meridione hanno spinto le regioni a fare sistema nella ricerca di un marchio South Italy, così come si è fatto in campo congressuale con la creazione di Italy for Events. "Timidi segnali di governance del turismo", li definisce Josep Ejarque, che giudica "buona la proposta di Rutelli per favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici, giuste le misure per ristrutturare o creare nuove strutture, benvenuti gli investimenti". Ma aggiunge che la strada è ancora in salita: "Sono finiti i tempi in cui i turisti venivano in Italia solo perché eravamo belli. Un terzo delle vacanze ormai nasce su Internet e le low cost, non le bellezze locali, sono le vere creatrici di destinazioni".

Del resto, che l'Italia sia un Paese a vocazione turistica lo sanno anche i bambini. Non il legislatore, però, che è arrivato a definire buona parte del nostro territorio una "landa desolata" priva di "qualsivoglia attrattiva nei confronti dei flussi turistici". Questa incredibile affermazione si trova nel decreto del 18 marzo 2004 firmato dall'ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti in tema di aggiornamento delle aree della territorialità delle attività turistico-alberghiere. Ben 7.700 comuni non risulterebbero in possesso "di particolari beni di interesse storico, culturale, artistico, né di elementi di interesse paesaggistico-ambientale, né di specifica rilevanza per il turismo d'affari".

I primi a non crederci a volte sono proprio gli italiani. E non stupisce allora se di recente una coppia di americani in visita al lago Maggiore è entrata nel ufficio turistico di Stresa, ha chiesto a un'impiegata "che cosa c'è da fare da queste parti?" e si è sentita rispondere: "Niente, assolutamente niente...".

Modello Madrid

Secondo Piergiorgio Togni, rappresentante designato dal governo all'Enit, per il turismo sono in arrivo 400 milioni di euro contro i 30 della passata Finanziaria: "è dal 1918 che non si faceva tanto" dice.

Il conto è presto fatto: dalla cancellazione della norma che aumentava le tasse sui canoni demaniali del 300 per cento dovrebbero arrivare 180 milioni; altri 100 dalla detrazione dell'Iva sul turismo congressuale; altri 6 sono i fondi destinati in tre anni all'Osservatorio sul turismo per le attività di monitoraggio e l'identificazione delle strategie di interesse. Sempre su tre anni sono in arrivo 144 milioni di euro previsti dalla Finanziaria per incentivare la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la crescita delle imprese di settore. Fondi che dovrebbero permettere la diversificazione e riqualificazione delle strutture. Trenta infine i milioni destinati alla nuova Enit, che così raggiunge il bilancio record di 51 milioni, al netto dei proventi delle attività di promozione delle Regioni. La nostra agenzia di promozione si avvicina così ai ricchi budget dell'omologa Turespaña (138 milioni di euro) e ai 64 destinati dal governo di Parigi alla Maison de France. Dopo la trasformazione in Agenzia del 2005, l'Enit sembra così uscire definitivamente dal limbo più che decennale del commissariamento, seguito nel 1993 alla soppressione per referendum del ministero del Turismo.

Il nuovo consiglio di amministrazione appena nominato è composto in maggioranza dai rappresentanti delle regioni, oltre che dello Stato, delle associazioni di categoria e delle camere di Commercio. Un 'giocatore in comproprietà' che dovrebbe avvicinare l'Italia al modello della Spagna federalista, dove le Comunità autonome sono responsabili della promozione domestica e partecipano al Comitato direttivo dell'ente di promozione, responsabile esclusivo del marketing e della comunicazione all'estero e di tutta la piattaforma tecnologica. Un gioco di squadra che ha fatto balzare la Spagna dai 31 milioni di arrivi del '95 ai 57 del 2005.

Sito virtuale
spreco reale

Secondo fonti del governo, il turismo on line, che ha superato nel mondo i 100 miliardi di euro, rappresenta quasi un terzo del valore dell'e-commerce mondiale e continua a svilupparsi con un tasso di crescita del 30 per cento annuo. Eppure la presenza delle strutture ricettive italiane su Internet è soltanto del 5 per cento contro il 35 della media europea. Insomma, se le autostrade telematiche sono il futuro del turismo, fino a oggi l'Italia ha viaggiato solo sulla Salerno-Reggio Calabria.

Il portale italiano doveva chiamarsi ScegliItalia.it (già in sé un nome abbastanza incomprensibile agli stranieri). Per realizzarlo sono stati stanziati 30 milioni di euro e alla presentazione dell'iniziativa - il 31 marzo 2006 - avevano promesso un sito in otto lingue, con 20 mila schede, possibilità di prenotazioni on line, con una redazione di 20 persone. L'allora ministro per l'Innovazione tecnologica Lucio Stanca annunciò la firma dell'accordo di programma che, dopo gara europea, affidava a Its, Tiscover e all'Ibm (da cui Stanca proveniva) lo sviluppo e la gestione tecnologica del portale fino al 2007, anno in cui tutto sarebbe passato all'Enit.

Peccato che, dopo quella presentazione alla stampa, non si sia mai visto niente: i soldi sono spariti, e il sito semplicemente non c'è. Intanto un decreto del 7 marzo scorso stanziava altri 21 milioni per i contenuti digitali delle regioni. E così ora si è deciso di fare un nuovo portale che si chiamerà www.Italia.it e dovrebbe accorpare i siti dell'Enit e del Coordinamento delle regioni. Il ministro Francesco Rutelli lo ha promesso nel luglio scorso, il ministro per gli Affari regionali Linda Lanzillotta si è spinta ad annunciarne la partenza per l'inizio della stagione 2007, le regioni hanno ottenuto password e login per implementarlo e una prima bozza dovrebbe essere presentata a febbraio alla Borsa internazionale del turismo di Milano.

 

Ma, dopo 50 milioni di euro spesi, i lavori sono ancora in corso: 'The Italian Tourism Portal is coming soon.'.