Il segretario del Pd Walter Veltroni non ha voluto commentare la richiesta di cambio della leadership del partito avanzata da Arturo Parisi, limitandosi a dire «non mi sorprende». Veltroni, che ha partecipato a Reggio Emilia all'inaugurazione della nuova sede del Pd, ha poi difeso l'operato del suo partito. «Credo che in 5-6 mesi di lavoro, vista la condizione molto difficile dalla quale ci siamo trovati a partire, abbiamo fatto moltissimo.

Il gruppo dirigente del Pd dovrebbe rendersi conto che oggi c'è una grande forza come non c'è mai stata e che è uguale se non superiore alle altre forze europee». «Nei prossimi mesi - ha aggiunto Veltroni - creeremo le condizioni perché quando si tornerà a votare, e non so quando visto il modo in cui il Governo si comporta, credo che potremmo avere i risultati che aspettiamo».

«Noi non ci faremo prendere dalla sindrome della spallata - ha assicurato il segretario del Pd -, la nostra strategia è di maggiore respiro». «La nostra gara non sono i 100 metri - ha detto - la nostra strategia la faremo vivere nei prossimi anni. Non parleremo di spallata come ha fatto il centrodestra, spallata che a loro non è riuscita e che poi non ci hanno dato loro».

L'ipotesi di un cambio della linea politica e del leader del Pd «è stata respinta dalla maggioranza del partito», assicura Ermete Realacci, ministro dell'Ambiente del governo ombra del Pd. «Come è noto - ha ricordato Realacci - Veltroni sin dall'inizio ha posto all'ordine del giorno la possibilità di un congresso. Se ci fosse un massa critica di dissenso sufficiente l'ipotesi sarebbe in campo; infatti ci vuole un minimo di consenso alla richiesta di un cambio di linea e di leadership. Ma il congresso non è stato convocato perché nessuno ha detto quello che oggi sostiene Parisi». «Quella di Parisi - prosegue Realacci - è una tesi sostenuta pochissimo nel partito. La tesi prevalente è che in un situazione difficilissima la linea espressa da Veltroni ha consentito di raggiungere un consenso tale che ci consente di affrontare il futuro: con la vecchia Unione e la vecchia leadership sarebbe stato il massacro di Forte Apache».

«Se dovessi scegliere una frase della relazione di Veltroni all'Assemblea di Venerdì - ha aggiunto Realacci - indicherei quella in cui ha invitato a smettere di criticare l'Italia e ad ascoltare invece gli italiani. Dobbiamo capire perchè in tante parti del paese la proposta del Pd non è stata recepita in maniera così convincente, o magari c'è stata attenzione ma non si è tramutata in voto». «Certo - conclude Realacci - è bizzarro che Parisi all'Assemblea del Pd di venerdì non abbia detto nulla, ma lo faccia oggi con un'intervista: è un pessimo vizio della politica italiana».

Secondo il sindaco di Venezia Massimo Cacciari non c'è una «alternativa» a Walter Veltroni alla guida del Pd, ma il segretario deve accettare la sfida del congresso su «mozioni contrapposte». Veltroni «vada a congresso su mozioni contrapposte. A gennaio, non dopo le europee», spiega il primo cittadino rimarcando come la composizione sociale dell'elettorato del Pd sia «drammatica» dal momento che il partito, a suo avviso, perde nelle nuove professioni, nei ceti produttivi e tra gli operai. Questo il motivo per cui ora è al di sotto del 30% dei consensi. Per Cacciari il Nord «è decisivo» per il rilancio ed è qui che il partito deve darsi «una linea ed una struttura». C'è bisogno di un «partito federale»- ribadisce- per essere «credibile» in zone dove la Lega si muove «come sindacato del territorio». Apprezzamento per l'attuale linea di Veltroni viene poi da Rosy Bindi che, in una intervista sottolinea che il segretario «si sta muovendo bene» essendosi «corretto» su come gestire l'opposizione e sulle alleanze.

Un po´ di dissenso interno però c´è. «La concezione e la pratica del partito come gruppo chiuso ed oligarchico - afferma l'ulivista Mario Barbi -, messa in scena davanti a un quarto dei delegati nell'Assemblea del 20 giugno, contraddice le ragioni di fondo per cui il Pd è nato e ne mortifica l'ispirazione essenziale, che dovrebbe essere la pratica limpida della democrazia». «L'accordo spartitorio che ha presieduto alla nomina della direzione da parte dei capi-corrente e le modifiche statutarie che hanno tecnicamente espropriato di ogni potere l'Assemblea costituente e i 3,5 milioni di cittadini che l´hanno eletta, hanno la stessa natura - accusa l'esponente democratico - di un "cartello" fondato su un accordo di mutuo soccorso tra soggetti interessati ad assicurarsi il controllo delle imprese e del mercato evitando la concorrenza».

«Veltroni non si rende conto - incalza Barbi - che così viene praticata nel Pd quella "recessione della democrazia", di cui ha parlato nella sua relazione di venerdì, che sarebbe il grande rischio del nostro tempo per le società aperte in cui viviamo? Non gli viene il dubbio che vi sia un rapporto tra questo modo di procedere e i verdetti politici del giudice di ultima istanza? Sconfitte a ripetizione: alle politiche, a Roma, in Sicilia... Ma lui fermo al suo posto. Tutti fermi al loro posto, si intende per senso di responsabilità e spirito di sacrificio! Mai un passo indietro, mai un gesto di limpida assunzione di responsabilità. Basta! Non si può fondare e costruire un partito - conclude Barbi - sul patto oligarchico dei capi-correnti uniti dal precetto "consolare gli sconfitti" e da una anti-moderna solidarietà tribale».

 

 

Fonte