Diplomazie al lavoro tra palazzo Chigi e Quirinale, restano le distanze sul dl sicurezza. Sul Colle il Guardasigilli e Gianni Letta ma il presidente è inflessibile

 

di LIANA MILELLA

 

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

ROMA - Sono saliti sul Colle prima l'uno poi l'altro. Quasi dandosi il cambio.

 Bussa Angelino Alfano, il Guardasigilli. Ribussa Gianni Letta, il plenipotenziario del Cavaliere per le tessiture difficili. In mano lo stesso testo, lo scudo blocca-processi per le alte cariche. Nessuna negoziazione, per carità, ché il Colle non lo consentirebbe. Solo la ricerca di una "condivisione informale", visto che il lodo Alfano, oltre che graziare Berlusconi, riguarda pure il capo dello Stato.

I saggi del presidente leggono, ufficialmente non si sbilanciano, ufficiosamente raccomandano che si rispettino alla lettera i dettati che la Consulta fissò nel 2004. Su una cosa puntano i piedi. Niente scambio tra lo scudo e la sospensione dei processi. Su quella il Quirinale ribadisce un insistente e inflessibile richiamo riassumibile in una sola parola: "Dovete cambiarla".

C'è questo dietro la scena del Consiglio dei ministri di ieri. L'affanno degli uomini più vicini a Berlusconi per strappare un assenso al capo dello Stato e chiudere un patto. Un lodo giuridicamente spendibile, "un testo senza furbizie" come lo definisce il ministro della Giustizia, in cambio del via libera alla sospensione dei processi, magari in una versione leggermente ammorbidita che consenta al premier di fermare comunque il dibattimento Mills, ma non sia "l'amnistia occulta" paventata dal Csm.

Lo scambio, ovviamente, non poteva riuscire. Il lodo va avanti, Berlusconi se lo vota in Consiglio, Alfano ci mette il nome e la faccia, lo rassicura: "Lassù il testo è piaciuto". Ma il Quirinale sulla "salva premier" non molla. Chiede che si lavori a "un punto di equilibrio", vuole la prova di "un dialogo", insiste su "un confronto realistico". La sospensione dei processi va modificata, altrimenti la firma del capo dello Stato sotto il dl sicurezza potrebbe essere seguita da un messaggio alle Camere contro gli eccessi dei decreti e gli sconfinamenti nella materia.


Ma il premier non cede. L'ha detto ai suoi: "La norma si cambia solo se mi date la garanzia che i giudici di Milano non arrivano alla sentenza prima che il lodo venga approvato. Altrimenti io vado avanti. Ho i numeri per farlo. La sospensione passa com'è. E me ne avvalgo pure". I suoi gli hanno risposto: "Il Quirinale questa garanzia non ce la può dare". Né potrebbe. Quindi Berlusconi calibra i passi da fare e i giorni che gli restano. A metà luglio la sospensione potrebbe essere legge. Il 31 luglio pure il lodo passerà alla Camera. Potranno i giudici, con una legge a metà, "correre" per chiudere il processo prima che il Senato la vari? Bel quesito, su cui nessuno può firmare al premier una cambiale in bianco. Tantomeno il Quirinale.

Per questo il Cavaliere continua a scagliarsi contro i giudici. "O governo l'Italia o passo le giornate a preparare le udienze" ha detto in consiglio. Seguito da tutti. Nessuna contestazione. Adesione bulgara. Parla solo l'aennino Matteoli ma per sollecitare un lodo più favorevole a chi ne fruisce. "Angelino, cos'è questa storia che è rinunciabile? Se è legato alla funzione e non ai soggetti, nessun soggetto può rinunciare perché non ha titolo a farlo". Il paziente Angelino gli spiega che così vuole la Consulta, Matteoli si placa. Nessuno solleva dubbi sul comma cinque, che invece agita il Pd. "La sospensione opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura".

Alfano legge. Silenzio. Approvata. A consiglio finito si scatenano i dubbi. Alfano li smentisce leggendo la norma. Poi spiega: "È inutile che cercate l'imbroglio. Tanto non c'è. Il lodo vale per una sola legislatura. L'unica eccezione è che il premier può continuare a fruirne solo in caso di reincarico". La relazione al testo pare dargli ragione, poiché parla di "una limitata eccezione alla regola della non reiterabilità, nel caso del nuovo incarico assunto nella stessa legislatura".

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ride dei dubbi: "Ma di che parlate? È solo la copertura per un Berlusconi bis. E basta. La corsa al Quirinale non c'entra". Anche sul Colle sono convinti che il comma funzioni così perché lì si parla di "nomina" e l'unico a essere "nominato" è il capo del governo, mentre le altre tre figure (presidenti Repubblica, Senato, Camera) sono elette. E quindi non sono preoccupati.

Invece tutti disegnano uno scenario: Berlusconi premier che poi diventa capo dello Stato e continua a godere del lodo. Oltre la legislatura, e per tutti i sette anni. Niccolò Ghedini, l'avvocato e consigliere giuridico del premier, però sembra aprire una porta: "Il lodo non è reiterabile oltre una legislatura, ma nell'ambito della stessa è possibile sia il reincarico che il passaggio da una funzione all'altra. Comunque smettetela di malignare. È un ddl. Se non è chiaro lo sistemeremo in Parlamento. Non abbiamo interesse a farlo bocciare dalla Consulta".

Già, questo è il punto. Lo dice anche Alfano: "Non è affatto detto che la Corte si pronuncerà di nuovo". Perché il lodo "è austero nel contenuto, tecnicamente sobrio, non lascia spazi ad eccessi". Risponde alla richiesta fatta da Berlusconi: "Fate una legge che mi salvi dai processi una volta per tutte".

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