L'ex deputato dell'Udc rischia processo per tentata estorsione

 

ROMA
Rinviato a giudizio per cessione di sostanze stupefacenti l’ex deputato dell’Udc Cosimo Mele, che passò la notte tra il 27 e il 28 luglio dello scorso anno in una suite dell’Hotel Flora, in via Veneto, in compagnia di due donne. Il gup Renato Laviola ha accolto le richieste della Procura e disposto il processo, la cui prima udienza è stata fissata al 15 dicembre prossimo. Le accuse per Mele, secondo l’atto che era stato formulato dall’aggiunto Italo Ormanni, vertono sulla violazione dell’articolo 73 del dpr 309/90 «perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in coincidenza con reiterati incontri sessuali, offriva e metteva a disposizione dei suoi occasionali "partners" - taluni non identificati - ed altri identificati in Francesca Zenobi, Gianluca P. e Mariya Z. (gli ultimi due, a differenza della prima, non sono mai usciti pubblicamente allo scoperto, ndr) - quantità non modica di sostanza stupefacente del tipo cocaina».

Dal referto del pronto soccorso del San Giacomo risulta poi «l’assenza di segni obiettivi che possano riferirsi all’aggressione fisica asseritamente subita dalla Zenobi». E ancora, secondo l’ufficio dell’accusa, la donna non si è mai trovata, nè nel corso della nottata, nè nella mattina seguente «in condizioni tali da richiedere un intervento immediato da parte di terzi non essendo lei stessa in grado di provvedere a se stessa. La Zenobi non si è mai trovata in condizioni tali da non poter chiedere aiuto avendo avuto la disponibilità di strumenti di comunicazione che non le sono mai stati sottratti e che ha costantemente usati nel corso dell’intera nottata trascorsa con Mele».

«Dimostreremo davanti al tribunale la totale estraneità del nostro assistito rispetto ai fatti contestati. Nonostante la labilità della prova d’accusa i mezzi limitati dell’udienza preliminare non ci hanno consentito una dimostrazione piena della sua innocenza, che in giudizio sarà sicuramente effettuata». Ha affermato il difensore di Mele, l’avvocato Mario Guagliani, al termine dell’udienza preliminare. Oggi il gup Laviola non ha accolto la richiesta di costituzione come parte offesa della Zenobi. Il legale della ragazza, Roberto Ruggiero, ha spiegato: «Il rinvio a giudizio, a mio parere, era un atto dovuto per una chiarificazione della vicenda all’interno della quale ognuno dovrà prendersi le proprie responsabilità. Fermo restando che la trasformazione di una transazione in una tentata estorsione fa capire che si gioca pesante».

Il riferimento del penalista è alla richiesta di rinvio a giudizio per la Zenobi, e per il suo ex legale Emanuele Antonaci. Secondo l’accusa la giovane avrebbe chiesto ad alcuni legali di Mele del denaro (centomila euro oppure novantamila più un contratto televisivo di un anno con Rai o Mediaset) per ritrattare o comunque ammorbidire il racconto di quella sera all’hotel Flora. Alla base, forse, della decisione del giudice c’è stato anche quanto contenuto nella richiesta di rinvio a giudizio per Mele, nella parte in cui non contestano all’ex parlamentare l’accusa di omissione di soccorso. I magistrati, nel documento, spiegano che le indagini hanno smentito la circostanza secondo cui il parlamentare le strappò dalle mani il telefonino per impedirle di chiedere aiuto, diversamente da quanto era stato denunciato dalla Zenobi. Anzi il personale dell’albergo di via Veneto «ha ricordato che Mele aveva chiamato la "reception" per due o tre volte tra le 7.30 e le 8 segnalando - sia pure in maniera ’confusà - che nella stanza c’era una persona che si sentiva male».