«La libertà di commercio internazionale mai così a rischio dagli anni Ottanta»

 

 

ROMA - «La libertà di commercio internazionale è oggi messa in discussione come mai dagli anni Ottanta, i negoziati lanciati a Doha nel 2001 sono in stallo e le opinioni pubbliche di tutti i paesi sono disilluse e allarmate dalla globalizzazione ».

Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi affronta, al workshop di Aspen institute Italia presieduto dal ministro Giulio Tremonti e dedicato ai rapporti tra Europa e Stati Uniti, il tema centrale che affligge i governi di tutto il mondo «chiamati a un compito non facile».

«I prezzi delle materie prime essenziali crescono - afferma Draghi intervenendo prima in inglese poi in italiano - stipendi e salari perdono potere d'acquisto, è minacciata la tranquillità dei risparmi ». Il governatore ritiene che l'impressione negativa della globalizzazione sta nel fatto - «vero» - che i frutti dell'economia globalizzata «si sono distribuiti in modo diseguale tra i diversi gruppi sociali». La gente è «frastornata da un mondo confuso e, nella crisi, cerca rassicurazione». «Capisco che i governi riscoprano il valore di formule protezionistiche che appare come un ristoro - continua il banchiere centrale - ma il problema di distribuzione del reddito non si risolve inaridendo una delle fonti più importanti del reddito stesso». La globalizzazione dunque non è sbagliata ma deve essere fondata su «un sistema di regole più eque» che coinvolga anche i Paesi emergenti come la Cina e l'India che dovrebbero accettare regole internazionali più cogenti». Il compito di pilotare questo cambiamento spetta a Europa e Stati Uniti, una vecchia partnership che ora deve «servire per mantenere i vantaggi di mercati finanziari stabili». I lavori di Aspen Institute si occupano proprio di questo e sono dedicati alla memoria di Gianni Agnelli, presente Henry Kissinger. Draghi continua dicendosi convinto che «nuove prospettive si apriranno presto, il legame transatlantico è prezioso e va coltivato sul terreno delle politiche».

E, per fare un esempio concreto, afferma come sia «difficile immaginare che i partner non siano in grado di trovare un compromesso per ridurre in modo bilanciato le barriere tariffarie in Europa e i sussidi ai produttori nazionali negli Usa». L'analisi del governatore ha un respiro globale ma le reazioni ai suoi appunti sui salari e sulle ingiustizia della distribuzione dei redditi, hanno immediata risonanza in Italia dove in questi giorni è in corso un difficile negoziato tra governo e parti sociali che rilanci il potere d'acquisto divorato da una inflazione che viaggia ormai verso il 4%. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani esulta. «Draghi dice quello che noi sosteniamo da tempo afferma - è cioè l'impoverimento delle famiglie». «Non l'aveva fatto nella sua relazione annuale - puntualizza il leader sindacale - la novità ora è che anche la Banca d'Italia condivide portando un mattone importante a questa emergenza». Ma se tutti sono d'accordo sulla ma-lattia, restano le differenze sulle cure. Il sindacato chiede al governo il riconoscimento di una inflazione programmata più alta dell' 1,7% inserito nel Dpef, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi difende la logica di legare aumenti salariali consistenti all'andamento della produttività aziendale «evitando la spirale prezzi-salari».

Roberto Bagnoli

 

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