di Valeria Palermi
Ha fatto dell'underwear un'icona culturale. Il mondo di Calvin Klein va ora in scena a Shanghai
"L'unico guaio di avere un padre nella moda è che ogni volta che sto per andare a letto con un uomo mi tocca vedere il nome di papà stampato sulle sue mutande". Lo disse con qualche sconforto anni fa Marci Klein, figlia di Calvin Klein. Ma è improbabile che oggi le andrebbe meglio. Il marchio americano-che-più-americano-non-si-può è ormai un brand globale-che-più-globale-non-si-può. E dopo aver vestito, spogliato, profumato, scandalizzato e in ogni caso reso più sexy già qualche generazione di europei e americani, ci prova con i cinesi. Che a quanto pare non aspettavano altro che farsi mettere un logo sugli slip.

Una sera di novembre, assurdamente calda. Al Warehouse di Lingshi Road, a Shanghai, in 1.500 si accalcano all'ingresso. Sono tutti 'vi ai pi', qualcuno si premura di precisare, insomma è la crema giovane e hip della metropoli, e non vede l'ora di prendere parte all'evento 'The World of Calvin Klein'. Colore d'ordinanza: nero in tutte le sue sfumature. Umore d'ordinanza: felicità. Di essere giovani, di vivere a Shanghai, di far parte degli happy few, di avere tanti marchi da scoprire. Rapiti di sapere che è solo l'inizio. Di scoprire che Calvin Klein è molto più che un gran bel paio di slip: è collezioni uomo e donna, è jeans, è profumo, presto anche beauty, è casa, insomma è un lifestyle brand, come dicono. In pratica un mondo, ed è tutto da provare.

L'eccitazione cresce quando arrivano le celebs locali: Li Bingbing, Xia Yu, Song Jia, Jin Jun della band coreana The Legends. Scattano mille videotelefonini, un bagno di folla. Ma la testa la perdono davvero tutti quando arriva, abbronzato e tirato a lucido, Louis Koo. Dice nulla? È una specie di traduzione in mandarino di Brad Pitt: 36 anni, attore di Hong Kong, parecchio belloccio, capello studiatamente bad hair day, è partito dalla carriera di modello per passare a Mtv Asia e poi al cinema. Adesso duetta con Jackie Chan, il più famoso attore contemporaneo di action movie, in 'Rob-B-Hood', presentato fuori concorso a Venezia, e non se la cava male.

Quando Louis Koo entra nel warehouse di Zhabei, lo seguono tutti. Ed entrano nel mondo di Calvin Klein.

Lo spazio è stato attrezzato come una serie di set multipli per presentare una preview delle collezioni della primavera-estate 2007. L'installazione aerea della collezione Donna, disegnata dal brasiliano Francisco Costa, con i manichini inchiodati al muro; la stanza a luci rosse con i modelli che indossano l'iconico underwear del marchio, quello che porterà quest'anno in cassa 700 milioni di dollari; la scalinata su cui decine di ragazzi interpretano il mondo di Calvin Klein jeans; il tableau vivant dedicato alla linea ck Calvin Klein, virtuosismo di una sinfonia giocata da Kevin Carrigan su sole quattro note, grigio, nero, bianco e beige; i 'ragazzi in ammollo' nella vasca trasparente nello spazio di Calvin Klein Uomo, la collezione firmata da Italo Zucchelli.

Il colpo d'occhio è notevole. Anche le cifre che ballano. "L'anno scorso il giro d'affari globale è arrivato a 4 miliardi di dollari", snocciola Tom Murry, presidente di Calvin Klein Inc: "Il 50 per cento viene dagli Usa, un 30 circa da Europa e Medio Oriente, il resto dall'Estremo Oriente, inteso come Cina e Giappone. Nei confronti della Cina abbiamo aspettative molto grandi, il nostro più importante indice di crescita è qui. In generale il marchio ha un'immagine fortissima, abbiamo 25 categorie di prodotto in 75 paesi del mondo. E pensiamo di poter avere una crescita globale di 2/3 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni".

La meglio gioventù di Shanghai, che gira, chiacchiera, flirta e scintilla negli spazi enormi del magazzino, queste cifre le ignora. Di Calvin Klein sa che è cool, e gli basta. Ne condivide il Dna: sono sexy, veloci, contemporanei. Affilati e sensuali come Nadia Vodianova e Kate Moss, testimonial la prima per più linee, l'altra per il jeans sotto la direzione artistica di Fabien Baron. "Kate Moss è una bellezza complessa e sensuale, spregiudicata, contemporanea. Per quello fu una svolta quando arrivò, negli anni '90. E tuttora funziona", dice Kevin Carrigan, direttore creativo di ck Calvin Klein e Calvin Klein jeans: "Lei è sexy, e Calvin è sempre stato sexy. Incarna la bellezza minimalista degli anni Novanta dopo quella delle supertop alla Linda Evangelista degli Ottanta, e oggi c'è un ritorno al minimalismo. Quello degli anni '90 era tecnico, aggressivo, affilato, questo è più morbido e grafico, ha più volumi e couture, ma l'eredità di Calvin Klein resta fortissima. Per la gente significa New York, significa nero, significa uno stile moderno e sensuale, una filosofia architettonica". "Il mio lavoro è evoluzione, non rivoluzione", gli fa eco Italo Zucchelli. "Io lavoro soprattutto su nuove forme e proporzioni. La mia icona maschile è l'attore Hugh Jackman, uno che è a suo agio con se stesso, un buon esempio di quello che oggi è un quarantenne. Lo vestirei con cose classiche e qualche dettaglio provocatorio. No alle esagerazioni, sì a t-shirt, jeans e giacca. Nel mio trolley ci sono sempre un jeans, sneaker e tante camicie".
No a ogni esagerazione anche per Francisco Costa. "A guardarsi in giro e a osservare come la gente si veste, è chiaro che c'è troppo di tutto. Troppa offerta, persino troppa informazione sulla moda. Il risultato è che va bene tutto e il contrario di tutto: ma non è così. La mia idea di stile? Personalmente, vivo in jeans e t-shirt. Per le donne, chi incarna bene ciò che intendo è Lauren Hutton".

Nessuno, qui, sembra ispirarsi ai personaggi 'bling bling' hollywoodiani. "Il problema è proprio quello: oggi tutti cercano di imitare le celebrities. Non hanno fiducia in se stessi, non osano, non sperimentano", chiosa Kevin Carrigan: "Io invece spero molto in questo nuovo mood minimalista. Soprattutto per le donne: che forse, nella loro totale libertà di vestirsi, stanno perdendo di vista il rigore".