Il padre: «Anche lei direbbe basta a chi ora l'assiste»

CHIARA BERIA DI ARGENTINE
AIRUNO (Lecco)
Il compito più doloroso che Beppino Englaro, padre di Eluana, la giovane in coma vegetativo da 16 anni, ha dovuto affrontare nelle ultime ore è stato quello d’informare - con la maggior delicatezza possibile - sua moglie Saturna, anche lei gravemente malata, che il lungo calvario della loro unica figlia potrà finire in una ex canonica, sotto una grande pianta di nespolo, a Airuno. un piccolo paese a 30 chilometri da Lecco.

In casa Englaro è tempo di melanconici ricordi - «Eluana aveva un sorriso meraviglioso, non meritava di subire tanta violenza» - ma non di ripensamenti. «Il caso di Eluana è limpido, tutto è definito. Chi fa confusione non ha letto le sentenze», dice l’ingegner Englaro. Parla con gratitudine e affetto delle suore Misericordine che vegliano da 14 anni la malata e che si sono offerte di continuare a tenerla in vita ma, aggiunge, che se Eluana potesse parlare risponderebbe alle suore: «No, basta! Grazie».

Ultimo capitolo, per ora, dello straziante caso di Eluana. «Ci stiamo preoccupando di come fare al meglio», spiega il padre-tutore. In un comunicato il suo legale, Vittorio Angiolini e l’avvocato Franca Alessio, curatore speciale di Eluana, hanno ribadito il carattere esecutivo della sentenza della Corte di Appello di Milano: «Stiamo valutando l’attuazione nel più rigoroso, pieno e trasparente nel rispetto di ogni direttiva e indicazione espressa in sede giurisdizionale». Tradotto: sarà un medico a togliere a Eluana il sondino interrompendo così il sottile filo che la tiene ancora in vita. La via di Eluana è tracciata. «Se la famiglia me lo chiede, sono disponibile a iniziare le procedure», dichiara il professor Carlo Alberto Defanti, il neurologo e bioeticista che segue da 10 anni la malata e ha stilato la relazione medica per la Corte di Appello. Quanto al luogo scelto, come già era trapelato giovedì sera, sarà l’Hospice «Il Nespolo», gestito a Airuno dall’Associazione Fabio Sassi: una struttura residenziale per i malati terminali che non possono essere curati a domicilio.

«La decisione se accettare questa paziente particolare toccherà alla direzione», ha dichiarato Giulio Boscagli, assessore del Pdl alla Solidarietà sociale della Lombardia. Decisione già presa. Appuntamento ieri a mezzogiorno, ad Airuno (2 mila abitanti); un bar di milanisti, la scuola intitolata a Aldo Moro. Tra vecchie cascine e rossi gerani, la strada di ciotoli conduce alla scalinata della parrocchia di Santi Cosma e Damiano con il rigoglioso nespolo accanto a una Madonnina. Un volontario apre il portone dell’ex canonica, trasformata nel 2002 grazie al contributo di tanti cittadini e della Fondazione Floriani per le cure palliative, in una struttura d’assistenza d’assoluta avanguardia. 217 pazienti seguiti nel 2007 per quasi 4 mila ore di degenza; 12 stanze singole con tv, telefono, bagno e in alcune anche la cucina; i pasti all’ora scelta dal paziente; nessun orario per le visite, il tutto gratis senza neanche il ticket.

Un’equipe multidisciplinare (4 medici, 9 infermieri, 7 operatori socio sanitari, assistente sociale, psicologo, psicologo e musicoterapeuta) più una rete straordinaria di 180 volontari, la maggior parte impegnata in assistenza domiciliare, fanno de «Il Nespolo» che dipende dall’Asl di Lecco ed è accreditato con la Regione un esempio d’eccellenza della legge 39 del 1999, dell’allora ministro Rosy Bindi che ha istituito gli Hospice. Morire con dolcezza e dignità. Nel soggiorno del «Nespolo» un ragazzo mostra al padre intubato le foto del suo cellulare; su un tavolo il libro di Nicholas Spark «Le parole che non ti ho mai detto», la luce dell’estate filtra dalle vetrate colorate nella cappella multiconfessionale.

«Siamo pronti ad accogliere Eluana», annunciano il dottor Mauro Marinari, direttore sanitario dell’Hospice e Domenico Basile presidente dell’Associazione Fabio Sassi. «Eluana - precisa Marinari - è in coma vegetativo, quindi ha una patologia cronica. Quando suo padre deciderà di sospendere il trattamento di alimentazione e idratazione forzato diventerà una malata terminale. In quel momento ci occuperemo che il cammino di Eluana avvenga degnamente e con tutte le premure del caso». Marinari per molti anni primario di Rianimazione all’ospedale di Merate è un pioniere delle cure palliative. Nel 1989 in ricordo di Fabio Sassi, un giovane di Merate morto di tumore, è nata la rete di volontari che segue a casa i malati e con grandi sforzi e spese (3 milioni e mezzo di euro) ancor prima della legge Bindi, benedicente il cardinale Carlo Maria Martini, presente alla posa della prima pietra, ha fatto della vecchia canonica la casa della dolce morte.

Terapia del dolore, master per la formazione dei medici e infermieri con l’università Bicocca di Milano. Nel silenzio e nella pace del Nespolo Marinari conclude: «Al centro della nostra attenzione c’è il malato. Ogni malato ha diritto a un suo percorso. Nel caso di Eluana sospendere l’idratazione non è eutanasia ma un atto terapeutico palliativo».