Sgominata gang, 10 arresti a Gorizia

 

Pagavano fino a 5mila euro per entrare clandestinamente in Italia grazie ad una gang che li istruiva su come passare il confine sloveno.

 Così la polizia di Gorizia ha fatto luce sulla sorte di un centinaio di minorenni albanesi, arrivati da clandestini in Italia con questo sistema. Gli agenti hanno arrestato dieci persone appartenenti ad una banda che avrebbe permesso gli ingressi dei ragazzi, facendosi pagare ingenti somme.

La Squadra Mobile della Questura, assieme al Servizio Centrale Operativo e la Polizia di Frontiera Terrestre di Gorizia ha arrestato in flagranza otto cittadini albanesi, uno in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e una cittadina italiana con obbligo di dimora. Le indagini sono state avviate dopo la scoperta di un gruppo di albanesi minorenni entrati clandestinamente attraverso un ponticello che collega la Slovenia all'Italia.

L'organizzazione operava con ragazzi minorenni, i quali non possono essere espulsi per le tutele previste dalle convenzioni internazionali e dal testo unico sull'immigrazione. Sono stati accertati 16 viaggi dall'Albania all'Italia, per oltre 100 ingressi clandestini; sono stati rintracciati 43 albanesi irregolari, di cui 27 minori, che pagavano dai 3mila a 5mila euro a testa. Il giro d'affari annuale calcolato è di circa un milione di euro. L'Interpol ha raccordato le attività operative delle Forze di Polizia Albanese, Croata e Slovena.

Il ponte della speranza
Il "ponticello" attraverso cui venivano fatti passare i clandestini albanesi era a ridosso dell'ospedale di Gorizia. L'organizzazione criminale aveva individuato infatti il ponte come "punto di raccolta" per l'ingresso in Italia, favorita dal fatto che la zona è coperta da una fitta vegetazione ed è decisamente poco trafficata, in particolare nelle ore serali. Le indagini hanno indotto l'organizzazione, anche a causa delle perdite economiche causate dal suo smantellamento, a trasferire il "punto di raccolta" a ridosso del confine italo-sloveno nelle Province di Udine e Trieste.

Il traffico avveniva percorrendo rotta balcanica, attraversando Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia. I clandestini venivano chiamati "vitelli". A capo dell'organizzazione, a Tirana, vi era un albanese, Gezim Tafaj, 39 anni, che usava "cellule" presenti nei paesi attraversati dai traffici ed era in contatto con i parenti e amici degli immigrati residenti in Italia. In Italia, la rete comprendeva alcuni connazionali che con la complicità della cittadina italiana, era incaricato di incassare le somme di denaro.

 

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