Roma - Visite fiscali obbligatorie, non più facoltative, magari a discrezione dei dirigenti. Il dottore busserà alla porta da subito, anche con un solo giorno di malattia. I certificati dovranno essere firmati da un medico convenzionato e per i primi dieci giorni di assenza gli stipendi saranno ridotti.

 

Come se non bastassero le proteste per il rinnovo dei contratti e i tanti mugugni scatenati dal giro di vite anti «fannulloni» (ma lui non li chiama più così), il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta va per la sua strada e rilancia. Prima annuncia che i pubblici dipendenti che fanno un secondo lavoro in nero saranno stanati, anche grazie alla collaborazione con la Guardia di finanza, e licenziati in tronco.

Poi torna sulla parte di manovra che lo riguarda. E, con una circolare, scioglie gli ultimi dubbi sulla nuova disciplina per le assenze nella Pa. Misure note, che comunque il dicastero ha voluto precisare e spiegare.

La parte più innovativa si conferma quella dei controlli sui dipendenti pubblici che si assentano dal lavoro. Il decreto «impone la richiesta della visita fiscale da parte delle amministrazioni anche nel caso in cui l’assenza sia limitata ad un solo giorno». Per chi avesse avuto dubbi, è proprio così. Da discrezionale qual era, la cosiddetta «visita fiscale» diventa «sempre obbligatoria, anche nelle ipotesi di prognosi di un solo giorno». Unica eccezione, «particolari impedimenti del servizio del personale derivanti da un eccezionale carico di lavoro o urgenze della giornata». Gli orari delle visite, poi. Alcuni contratti di lavoro prevedono che si concordino con i dipendenti. Invece, la legge «stabilisce un regime orario più ampio per la reperibilità al fine di agevolare i controlli». In sostanza lungo tutto l’arco della giornata e non più come avviene adesso, tre ore la mattina e altrettante nel pomeriggio.

Confermato anche il taglio dello stipendio per i primi dieci giorni di malattia. In questo periodo al dipendente pubblico è corrisposto solo «il trattamento economico fondamentale». Nessuna indennità o trattamento economico accessorio. Un taglio, ha precisato il ministero, che riguarda solo la parte «extra» della retribuzione, che vale una percentuale tra i 25 e i 30 punti. Fanno parte del «trattamento fondamentale», quindi quello che non viene toccato, la tredicesima e gli assegni ad personam.

Un chiarimento dovuto era quello sui certificati medici. Saranno obbligatori per le assenze superiori ai dieci giorni e, in ogni caso, per quelle «dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare». In altre parole alla terza assenza, anche se le precedenti sono di un solo giorno. C’era da chiarire chi può fare i certificati. La legge prevede che sia la «struttura sanitaria pubblica». La circolare in questo caso va incontro ai dipendenti pubblici, e precisa che possano essere firmati anche da liberi professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale.

Negative le reazioni dei sindacati. «Anche il sistema precedente andava bene, bastava intensificare i controlli. Comunque questi non sono temi prioritari per noi. Viene prima il rinnovo dei contratti e i tagli alla produttività», protesta il segretario generale della Uil-Pa Salvatore Bosco. «Brunetta sta solo buttando fumo negli occhi per spostare l’attenzione dai veri problemi della pubblica amministrazione italiana», aggiunge Carlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil. Quello di Brunetta è «accanimento terapeutico», ironizza Gianni Baratta, segretario confederale Cisl. Un modo «per evitare il nodo risorse», secondo il segretario dell’ Ugl Ministeri, Paola Saraceni.

Sarà, ma i risparmi che se ne potrebbero ricavare sono molti. Più di undici miliardi di euro, secondo stime recenti. Al ministro risulta poi che il suo «piano industriale» stia già dando risultati. Da fine maggio Brunetta ha registrato un calo dell’assenteismo pari al 20 per cento. Con un marcato calo delle assenze per malattia. Quindi: o la salute dei dipendenti è nettamente migliorata, oppure...

 

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