Magro il bilancio delle prime due settimane di saldi estivi. In 6 negozi su 10, vendite in calo e, rispetto alla scorsa stagione, solo il 9,5% dei negozianti registra un aumento del proprio volume d'affari.

 A soffrire di più sono principalmente i commercianti di piccole e medie dimensioni, mentre gli esercizi commerciali più grandi sembrano avvertire meno degli altri il calo delle vendite. A rilevarlo, un'indagine Confcommercio-Format, che evidenzia come il 60% dei consumatori abbia già acquistato o sta per fare acquisti di merce a prezzo scontato. A crescere, poi, è, soprattutto, la maggior attenzione da parte della gente alla qualità del prodotto che si vuole comperare, nella stragrande maggioranza dei casi addirittura più importante dell'effettivo prezzo di vendita. «I saldi - spiega il presidente di Federmodaitalia Confcommercio Renato Borghi - dimostrano un acquisto considerato sicuro, con buoni sconti e con prodotti ritenuti di qualità, comprese le griffe, per la gran parte dei consumatori, circa l'80%, e questo sgombra definitivamente il campo da vecchie polemiche circa l'inaffidabilità della merce venduta durante i saldi». Una buona notizia, quindi, anche per i commercianti, considerato, prosegue Borghi, come «oltre i 2/3 del campione (il 68%) attribuisce molta importanza al periodo dei saldi in termini di fatturato».

L'indagine traccia, poi, l'identikit del consumatore maggiormente propenso ad acquistare in saldo. È maschio, di età inferiore ai 45 anni, lavora e risiede in piccoli centri urbani del Nord Est e del Mezzogiorno. A tirare di più sono i capi di abbigliamento (acquistati dal 95,5% dei consumatori) e le calzature (70 per cento). A seguire, biancheria per la casa (57%), articoli sportivi (55,4%), accessori (46%), biancheria intima (45%), pelletteria e articoli di valigeria (31,7 per cento). E per acquistare questi beni, si arriva a spendere, in media, 200 euro, mentre solo l'11% investe un budget più elevato (oltre 300 euro).

Da segnalare, infine, come il 77% dei consumatori si dichiara favorevole a una eventuale liberalizzazione dei saldi, a fronte del 39% dei commercianti. Una forbice che si sta, tuttavia, riducendo, ma resta ancora alto il numero di negozianti (44%) che ritiene come la liberalizzazione del periodo di vendita a prezzi scontati non porterebbe alcun beneficio in termini di aumento dei consumi e di ricavi.

 

Fonte