Due bombe su due autobus nella provincia cinese dello Yunnan accendono l'aria delle olimpiadi di Pechino

 

di Francesco Sisci

PECHINO -- Due bombe su due autobus, tre morti e 14 feriti tra la gente comune, hanno riscaldato l’atmosfera cinese, già elettrica in attesa dell’inizio delle prossime olimpiadi di Pechino.

 

In queste ore è ancora oscura la matrice degli attentati di ieri a Kunming, capoluogo della provincia meridionale dello Yunnan, ma di certo hanno gettato nel panico tutto in Paese.

La prima bomba è esplosa alle 7.10 del mattino sull’autobus n. 54 nella centralissima via del popolo, che taglia Kunming. Un’ora dopo la seconda bomba, sempre sullo stesso autobus e sulla stessa strada.

Nella prima esplosione, la più grave, è morta subito una donna di 29 anni Wang Dezhi, un’altra persona è morta sulla via per l’ospedale e in nove sono rimasti feriti. In quel momento a bordo c’erano una ventina di persone.

Con il secondo scoppio c’è stato un morto, un ragazzo di 26 anni, e cinque feriti.

Secondo dei testimoni oculari due uomini si sono alzati e sono scesi dall’autobus poco prima dello scoppio. Un uomo di bassa statura è stato visto lasciare una busta di plastica nera, sotto il sedile.

Gli artificieri hanno in base a una prima analisi riscontrato che l’innesco era a tempo di fattura piuttosto semplice. Esperti della polizia sono arrivati a Kunming nel pomeriggio per condurre esami più approfonditi.

Nella giornata la città era in stato di assedio in preda al panico. La municipalità smentiva in tarda mattinata che c’era stato un attentato contro un palazzo centrale e per ore circolavano notizie non confermate di un’altra bomba scoppiata a un terminal degli autobus.

Un allarme bomba era stato lanciato domenica nella metropolitana di Pechino che è rimasta chiusa per un’ora. Nelle settimane scorse son stati istallati dei dispositivi di metal detector contro esplosivi negli autobus di linea a Pechino.

Nei giorni scorsi le forze di sicurezza hanno anche compiuto un censimento di tutti quelli che sanno operare con gli esplosivi, per fuochi d’artificio o per mine in cave o miniere.

La matrice degli attentati al momento è ancora poco chiara, mentre non pare sia arrivata alcuna rivendicazione.

Diplomatici stranieri escludono la matrice terroristica fondamentalista. I gruppi terroristi del Xinjiang, che in passato hanno effettivamente messo bombe sugli autobus, sono stati quasi completamente smantellati o sono molto deboli. Negli ultimi raid la polizia non ha scoperto armi da fuoco o esplosivi.

Vista la complessa organizzazione delle bombe sono da escludere anche le proteste di contadini infuriati, pure avvenute nel passato. In quel caso ci sarebbe stata una bomba sola e con un innesco basico, a miccia.

Una linea di indagine persegue invece la pista mafiosa.

Negli ultimi tempi il governo centrale ha sferrato un violento attacco contro gruppi mafiosi cinesi.
La settimana scorsa è stato arrestato il vice sindaco della città di Xintai, provincia settentrionale dello Hebei, per complicità con gruppi mafiosi. Ieri due mafiosi della città meridionale di Shenzhen sono stati uccisi dalla polizia mentre resistevano l’arresto.

Lo Yunnan è una regione tradizionalmente ad alta densità mafiosa, al confine con la Birmania e terra di passaggio delle meta anfetamine, fabbricate nella Birmania del nord e smerciate in Cina e in tuta l’Asia.

Questa matrice troverebbe conferma nella meccanica degli attentati, mirati non a fre molte vittime quanto a dare una dimostrazione di forza.

Da un primissimo rilievo le bombe erano di piccola quanità, circa 50 grammi di esplosivo. Inoltre i bersagli erano mezzi non affollati: un autobus cinese in ora di punta può contenere anche 100 persone, non la ventina di questo caso. Sarebbe bastato più esplosivo e più folla per avere un massacro.

 

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