Nuovo farmaco scoperto in Scozia: fermerebbe la progressione della malattia

 

MATTIA B. BAGNOLI

LONDRA
Nella battaglia contro l’Alzheimer la Gran Bretagna segna un punto importante. La nuova speranza per i malati affetti dalla sindrome di demenza acuta si chiama Rember, una rivoluzionaria medicina messa a punto dalla TauRx Therapeutics e testata dai ricercatori dell’università di Aberdeen, Scozia.

Presentata a Chicago nell’ambito della Conferenza Internazionale sull’Alzheimer, la sostanza - provata su 321 pazienti - ha dimostrato, paragonata ad altri trattamenti, di poter ridurre di oltre 80 punti percentuali la progressione della malattia.

Nonostante la terapia messa appunto dagli scienziati britannici non faccia regredire il male ma lo stabilizzi, «Rember» appare come la scoperta più importante dal 1907, anno in cui lo psichiatra tedesco Alois Alzheimer individuò il morbo che porta il suo nome. Se i test necessari a rendere commerciabile la «pillola delle meraviglie» avranno successo, Rember potrebbe raggiungere il mercato già nel 2012. «È la prima volta che una medicina si dimostra effettivamente capace di migliorare la condizione di chi è affetto da questa malattia», ha commentato il dottor Clive Ballard, ricercatore capo dell’Alzheimer Society.

«È un risultato senza precedenti - ha spiegato Claude Wischik, l’autore della scoperta e co-fondatore della TauRx Therapeutics -. Siamo stati capaci di dimostrare che è possibile arrestare la progressione della malattia agendo sugli aggregati proteici responsabili della degenerazione cellulare». Il trattamento sviluppato da Wischik attacca direttamente la proteina Tau, la responsabile dei vuoti di memoria cronici che caratterizzano la malattia.

E come spesso accaduto nelle invenzioni, Rember è stata scoperta per caso. Il principio attivo che sta alla base del medicinale, la metiltionina cloruro, è normalmente usato come colorante chimico. Il professor Wischik, però, si è reso conto che distrugge la proteina Tau versandone qualche goccia, in modo accidentale, in un campione su cui stava lavorando. Da qui l’idea di usarla per sconfiggere l’Alzheimer. «Abbiamo compiuto delle analisi - ha spiegato Wischik - sugli effetti della medicina a 24 settimane dall’inizio della terapia e a 50 settimane: i risultati sono due volte e mezzo migliori di quelli ottenuti da altri trattamenti». I ricercatori stanno già cercando di capire se Rember può anche prevenire, oltre che curare, la malattia. La svolta, dunque, c’è, è significativa, ma potrebbe essere troppo presto per cantare vittoria: la sperimentazione, infatti, è stata condotta su pazienti affetti da Alzheimer a un livello «moderato». Non ci sono quindi dati disponibili per capire se anche i malati in stato avanzato potranno beneficiare della medicina.

«Nei test preliminari Rember ha ridotto la riduzione di pressione sanguigna in quelle parti del cervello che sono importanti per la memoria - ha sottolineato Rebecca Wood, direttrice dell’Alzheimer Research Trust, l’associazione britannica che raccoglie i fondi per la ricerca sulla malattia -. Ora abbiamo bisogno di nuovi controlli per accertare che non ci siano effetti collaterali». Wood ha però sottolineato come la sperimentazione sia stata finanziata da una casa farmaceutica. Come dire: una sconfitta del pubblico nei confronti del privato.

Con tutti i se e i ma del caso, Rember funziona e chi ha fatto da cavia oggi ringrazia. A Jimmy Hardie, 72 anni, l’Alzheimer venne diagnosticato tre anni fa: buchi di memoria, repentini cambi d’umore, incapacità di gestire le azioni quotidiane. «Ora riesce a pianificare la sua giornata, e se va nel casotto degli attrezzi per qualche lavoretto non ha più bisogno di chiedere aiuto e si ricorda cosa deve fare», ha spiegato la moglie Dorothy, 69 anni ed ex infermiera.

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