Referendum? No, grazie. Il segretario del Pd Walter Veltroni ha messo la parola fine all’ipotesi che il Pd aderisca alla campagna di Antonio Di Pietro contro il Lodo Alfano.

 Mercoledì, dopo aver lanciato la raccolta delle 500 mila firme necessarie, il leader dell’Italia dei Valori aveva chiesto ai colleghi dell’opposizione di «avviare insieme a noi, e a tutte le associazione che hanno già aderito, la raccolta firme a sostegno del referendum abrogativo del Lodo Alfano».

Qualcuno gli aveva immediatamente detto di sì: Arturo Parisi, Franco Monaco, Mario Lettieri. Ma il segretario giovedì ha chiuso ogni dialogo. «Rimando alle saggissime parole di Oscar Luigi Scalfaro», ha detto Veltroni. E Scalfaro non aveva lasciato spazi di manovra: il referendum, spiegava l’ex presidente della Repubblica, «a ogni partito che lo promuove, a prescindere dagli esiti, porta sempre visibilità. Ma se per caso il quesito dovesse fallire, anche per mancanza del quorum, tutta l'opposizione ne uscirebbe male» e si rischierebbe «di far passare Berlusconi per uno invincibile».

Insomma, c’è il rischio che gli italiani abbiano per la testa altri problemi e che di andare a votare contro il Lodo Alfano non abbiano poi così voglia. A quel punto, il referendum si trasformerebbe in un «boomerang» per l’opposizione. E Berlusconi avrebbe un motivo in più per farsi forte.

«Le nostre priorità sono altre – ricorda Veltroni – salari, stipendi e pensioni, la crisi economica, l'inflazione. Su questo si concentra l'attività del Pd». Contraria alla chiamata alle urne anche Rosy Bindi, secondo la quale «il referendum è uno strumento di democrazia nelle mani dei cittadini e come tale va salvaguardato anche dall'invadenza dei partiti che se decidono da soli di promuoverli magari si trovano da soli a sostenerli».

Dal canto suo Di Pietro ha un'altra visione dei fatti: «Se c'è un modo per perdere sempre - dice - è proprio quello di non giocare mai la partita».
 


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