Cofferati: «Grave revisionismo»

 

 

Sabato, nella piazza antistante alla piazza Bologna, il suo discorso è stato solo melinato, ma non letto.

 I fischi probabilmente l’avrebbero travolto. Già, perché il messaggio inviato dal presidente della Camera Gianfranco Fini alla commemorazione della strage del 2 agosto 1980 non è certo nel segno bipartisan che ha tentato di tracciare il ministro Rotondi, mandato a Bologna in rappresentanza del governo. E non per niente, il sindaco della città emiliana, Sergio Cofferati, che sabato aveva apprezzato le parole del ministro, non manda giù con la stessa facilità le parole del presidente Fini.

L’ex leader di An, infatti, nel suo discorso non letto, ha parlato della necessità di «dissolvere le zone d'ombra» sulla strage di 28 anni fa. Fini ha poi auspicato che «la determinazione con la quale le istituzioni e i cittadini di Bologna ricordano ogni anno l'atroce evento del 2 agosto 1980 possa essere di stimolo all'intero Paese nella costante difesa di quei valori di libertà e convivenza che sono alla base della nostra democrazia, contro ogni forma di fanatismo politico, di odio ideologico e di violenza terroristica». Nessun accenno, quindi, all’antifascismo, che invece Rotondi aveva richiamato, né tantomeno nessun accenno alle «risultanze accertate dalla magistratura» a cui sempre Rotondi si era riferito, sottolineando che la strage «è un rigurgito di un orrore antico da cui pensavamo di essere vaccinati e che invece è stato un male ancora vivo nella nostra democrazia». Fini invece insinua che sulla strage di Bologna vadano riaperte inchieste alternative a quelle sul terrorismo di destra e ai mandanti rimasti oscuri.

Peccato che siano piste che, come ricorda Cofferati, «la magistratura ha vagliato e poi accantonato perché prive di fondamento». Il sindaco di Bologna non ci sta, e giudica «grave che una carica istituzionale solleciti la riapertura di un processo sulla base di perplessità della pubblica opinione. Se esistono elementi per farlo – dice – lo decide semmai la magistratura. C'è chi vuole riscrivere o rileggere la storia degli anni più tormentati della nostra democrazia – aggiunge il primo cittadino bolognese – La strage di Bologna e la storia recente di questa città restano uno snodo decisivo sul quale esercitare maggiormente i tentativi di revisionismo. Attività che una carica istituzionale – conclude – non dovrebbe praticare».

Ma Fini non è il solo a sollecitare un’altra verità per la strage di Bologna. Chiede «una commissione di inchiesta» l'europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, che rispolvera la teoria della «lobby araba» e sostiene che Fini «è l'unico attuale esponente istituzionale ad avere il coraggio di squarciare il velo delle verità di comodo sulla strage di Bologna». Anche per il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, sostiene che «i dubbi avanzati dal Presidente Fini sulla ricostruzione dei fatti della strage di Bologna sono del tutto legittimi». Ma Cicchitto va oltre: «A suo tempo – dice- è stato stabilito un singolare teorema politico a senso unico: per definizione la strage deve essere fascista, i suoi autori sono Mambro e Fioravanti, chi mette in discussione questi due assiomi è fascista o amico dei fascisti. Ritengo – conclude il forzista – che tutta questa vicenda vada affrontata con un serio studio delle carte e senza essere assoggettati a dover dare per buona, per essere politicamente corretti, la versione ufficiale». Quella che la magistratura ha già accertato, studiando le carte, per tre gradi di giudizio.


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