Scrive poesie, quindi è «finocchio». E allora va violentato.

Triste vicenda nel carcere di Catania, dove un detenuto, in carcere per mafia, è stato stuprato da alcuni affiliati del suo stesso clan che lo consideravano omosessuale perché passava le giornate scrivendo versi.

A raccontare questa storia di pregiudizi e discriminazioni è l’avvocato della vittima, Antonio Fiumefreddo. Il fatto è avvenuto due anni fa nel carcere di piazza Lanza, a Catania. Nessuno però da allora ha indagato su questo stupro feroce. «Il ragazzo - racconta Fiumefreddo - scriveva poesie e aveva modi che potremmo definire effeminati. Non so nemmeno se fosse omosessuale, ma per il suo modo di essere, per la sensibilità artistica, e le sue poesie d'amore, venne ritenuto dagli altri detenuti omosessuale e venne trattato in carcere come tale. Fu violentato da un gruppo di otto detenuti, tutti in carcere per gli stessi reati, e fu costretto al ricovero in infermeria con nove punti di sutura all'ano. Questo giovane ritenuto diverso per la sua scelta sessuale, fu discriminato e violentato senza pietà. Oggi – conclude l'avvocato – il ragazzo è ancora in carcere, ma per quell'episodio non ci fu alcuna conseguenza o punizione per i suoi aggressori».

La notizia è «stupefacente» per l’Arcigay, colpita soprattutto dal fatto che in due anni nessuno abbia aperto bocca: «Chiediamo immediati ragguagli alle autorità competenti – dicono ora dall’associazione – chiediamo di conoscere le attuali condizioni di vita della vittima all'interno dell'istituto di pena, chiediamo, al di là dei crimini commessi dal giovane, se e quali siano le misure messe in atto per la sua protezione».

 

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