Il modo in cui guardiamo il volto delle persone per riconoscerle non è lo stesso per orientali e occidentali. E' la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’università di Glasgow guidato dallo psicologo di origini italiane Roberto Caldara.



Lo studio, pubblicato dalla rivista Plos One, dimostra infatti che mentre gli occidentali riconoscono l’identità di una persona focalizzando l’attenzione sul triangolo occhi-bocca, gli asiatici puntano dritti al naso. Una vera sorpresa, visto che gli studiosi hanno sempre considerato universale e uguale per tutti il meccanismo biologico del riconoscimento. I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver sottoposto a una serie di test 14 studenti di razza caucasica e 14 asiatici. Hanno innanzitutto chiesto loro di memorizzare 14 volti visualizzati su uno schermo e poi di riconoscerli in mezzo a un serie di altre facce.

Per essere certi che gli studenti riconoscessero i volti basandosi sull’identità della persona e non sull’immagine, hanno pure "ritoccato" al computer le loro espressioni. Nella seconda fase dell’ esperimento, poi, gli studenti hanno dovuto catalogare come "occidentale" od "orientale" 56 volti. Durante le fasi di memorizzazione, riconoscimento e catalogazione, infine, i ricercatori hanno verificato dove gli studenti posassero lo sguardo monitorando il movimento dei loro occhi.

«I risultati ottenuti ci hanno sorpreso - spiega Roberto Caldara -. Abbiamo osservato che occidentali e orientali usano strategie diverse per riconoscere i volti. Mentre noi focalizziamo lo sguardo prima sugli occhi e poi sulla bocca, gli asiatici si concentrano sul naso. La zona centrale del viso - aggiunge - è un punto strategico, perchè permette di avere una migliore visione di insieme e di osservare contemporaneamente più particolari del viso». Due diverse strategie, dunque, che portano però a raggiungere lo stesso obiettivo: i ragazzi occidentali e quelli asiatici hanno infatti riconosciuto all’incirca lo stesso numero di volti durante il test.

«Queste differenze percettive - precisa Caldara - sono dovute alla società in cui nasciamo e cresciamo e non a una causa genetica. Altri test condotti su asiatici nati in America hanno infatti già dimostrato come la loro strategia di riconoscimento sia più simile a quella di noi occidentali che non a quella degli orientali. Si tratta dunque di differenze sviluppate con l’esperienza - conclude - che si riflettono anche nel fatto che gli occidentali sono più individualisti, mentre gli asiatici puntano all’armonia dell’insieme e all’idea di collettività».

 

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