Risarcimento da 5 miliardi di dollari

 

Silvio Berlusconi firma l’accordo con Tripoli per la chiusura dell’annosa questione dei nostri debiti nei confronti dell’ex colonia.

Per lui, sembra un gioco da ragazzi. Peccato che il governo Prodi gli avesse già spianato la strada.

Il contenzioso con Gheddafi era iniziato 25 anni fa, quando il leader libico aveva fatto una richiesta di risarcimento al nostro paese, per i danni lasciati dal colonialismo. Gheddafi da subito ha puntato in alto, giocando al rialzo e usando la leva dell’immigrazione. L’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema aveva fatto passi importanti per trovare un’intesa, a cominciare dall’ammissione degli orrori che hanno segnato i trent’anni della presenza italiana in Libia.

Ma è una questione di tempi, e l’accordo lo chiude Berlusconi. Sabato il premier è a Tripoli per farsi fotografare mentre riconsegna a Gheddafi la statua della Venere di Cirene, che era stata portata a Roma nel 1913. Insieme alla statua, Berlusconi porta in Libia la garanzia di un risarcimento di 5 miliardi di dollari, da spalmare su 25 anni. La Libia li utilizzerà per opere infrastrutturali: immobili e un’autostrada costiera che attraverserà la Libia, l’Egitto e la Tunisia. Ma anche Berlusconi porta a casa qualcosa, oltre alla bella figura nemmeno troppo meritata: Gheddafi si è impegnato infatti a collaborare sul terreno dei flussi migratori e delle risorse energetiche.

Commenta la vicenda anche il giornalista del Manifesto Valentino Parlato, nato e vissuto a Tripoli fino ai vent'anni. L’accordo, secondo il giornalista, «è un dovere morale. Gli italiani non sono mica stati gentili con la Libia, trent'anni di colonialismo sono costati migliaia di morti. L'eroe indipendentista, Omar Mukhtar, è stato impiccato in piazza. Ma quest'accordo – aggiunge – ha anche una sua convenienza economica. La Libia non è più lo Stato canaglia, i nostri rapporti commerciali sono stretti. L'Eni in Libia ha grossi interessi economici».


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