La decisione dopo il caso del video-ricatto. Tensione nel Pd alla vigilia delle primarie. Maroni: «Resti». Restano in carcere i quattro carabinieri


Piero Marrazzo (foto M. Di Vita)

MILANO - Per adesso l'auto-sospensione. Ma la strade è segnata: Piero Marrazzo lascia la presidenza della Regione Lazio.

La decisione è arrivata al termine di una giornata convulsa: in mattinata la riunione con i suoi collaboratori principali a proposito del caso del video-ricatto, nel pomeriggio il comunicato che ufficializza la sua posizione. In questo modo, tutti i poteri passano al vicepresidente regionale Esterino Montino.

LA NOTA- «Sono consapevole - afferma Marrazzo in una nota - che la situazione ha assunto un rilievo pubblico di tali dimensioni da rendere oggettivamente e soggettivamente inopportuna la mia permanenza alla guida della Regione, anche al fine di evitare nel giudizio dell'opinione pubblica la sovrapposizione tra la valutazione delle vicende personali e quella sull'esperienza politico-amministrativa. Ho quindi deciso di auto-sospendermi immediatamente e a tal fine ho conferito al vicepresidente la delega ad assumere la provvisoria responsabilità di governo e di rappresentanza ai sensi della normativa vigente, rinunciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica. In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell'immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso - conclude - che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione».

LA GIORNATA- Dopo le notizie sul ricatto ai danni del governatore (che sarebbe stato filmato in compagnia di un trans), la giornata si era aperta con una riunione tra i più stretti collaboratori politici di Marrazzo: presenti sia il vicepresidente della giunta regionale, Esterino Montino, che del legale del governatore, Luca Petrucci. Una riunione per mettere a punto una exit strategy che correggesse la rotta intrapresa in un primo momento dal governatore, ovvero quella di non lasciare e concludere la legislatura (scadenza naturale tra 155 giorni), ora che i contorni dell'inchiesta che vedono Marrazzo vittima di un'estorsione e quattro carabinieri in carcere sono più nitidi. Tra le ipotesi era circolata anche quella di dimissioni immediate da parte del governatore. Ma c'è anche chi spingeva verso una soluzione soft: restare «per senso del dovere», soprattutto perché la Regione ha in campo questioni aperte del calibro del piano sanitario e del piano rifiuti, ma di fatto passare le «consegne» al vicepresidente Esterino Montino. Quest'ultima ipotesi evita il commissariamento e soprattutto evita al Pd di precipitare in campagna elettorale subito e di votare tra 90 giorni. Alla fine, è stata proprio questa la strada intrapresa. In questo modo viene rispettata la scadenza elettorale già prevista. Se invece Marrazzo avesse deciso di andarsene subito le nuove elezioni si sarebbero dovute tenere verosimilmente a gennaio.

RESPONSABILITA' - Nel tardo pomeriggio viene diffusa una nota, concordata tra i tre candidati alla segreteria del Pd (Bersani, Franceschini e Marino): «La scelta di Marrazzo di dimettersi, attraverso un breve percorso che garantisca il funzionamento della Regione Lazio, è un atto di responsabilità» si legge nel comunicato.

MONTINO- Marazzo, afferma Montino, è in questo momento «un uomo ferito nell'animo e negli affetti». «L'ho trovato molto debilitato, scosso - racconta. - È anche per questa ragione che ha scelto di autosospendersi. Si tratta di un modo per avere il tempo di preparare l'amministrazione alle dimissioni vere e proprie», spiega ancora Montino: «Dopo questo passaggio, ci saranno comunque le dimissioni».

GASBARRA: INDISPONIBILE - L'ex presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra, intanto, si tira indietro: «Questa è una vicenda molto amara. Sono sconcertato su come si possano infangare le persone e le famiglie. Di come assurdamente la vittima paghi più dei criminali. Ritengo assurdo il gioco del toto-presidente, me ne sottraggo e comunque ribadisco la mia indisponibilità». «In questo momento difficile - aggiunge - il Pd deve rassicurare politicamente i militanti e gli elettori, facendo sentire nel contempo a Piero sincera solidarietà e sostegno politico e umano. Marrazzo ha battuto la destra, ha assicurato la vittoria della coalizione avviando con la sua giunta un ottimo e onesto lavoro per i cittadini del Lazio. Sono certo - ha concluso Gasbarra - che presto il presidente saprà chiarire ogni cosa. Questa vicenda rafforza ancora di più la mia amicizia personale con Piero e la sua famiglia».

SMENTITO DAGLI SVILUPPI - Venerdì Marrazzo aveva dichiarato l’intenzione di continuare il suo mandato: «Continuerò con serenità e determinazione a essere presidente», tutto è «basato su una bufala», aveva detto, seppure visibilmente scosso. Ma è stato smentito dagli sviluppi della vicenda. Aveva affermato di non aver pagato i ricattatori, mentre esistono gli assegni, sia pure non incassati, e addirittura di non aver nemmeno saputo del ricatto, mentre dai verbali emerge il contrario. Smentita anche la non esistenza del video: il maresciallo Antonio Tamburrino, uno dei quattro indagati sentiti sabato dal gip, ha consegnato una copia del cd ai carabinieri. Infine, il trans Natalie ha riferito in un'intervista che il presidente l'avrebbe chiamata venerdì «per tre volte» chiedendole di «non parlare con nessuno» in merito alla vicenda. Natalie asserisce, tra l'altro, di conoscere Marrazzo da sette anni.

MARONI: «NON SI DIMETTA» - Commentando la vicenda Marrazzo, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha affermato: «È una vicenda personale, non credo debba dimettersi». Parlando a margine dell'Assemblea federale degli eletti nella Lega in Lombardia, Maroni ha detto: «È una brutta vicenda, che mi addolora molto perché vede il coinvolgimento di 4 carabinieri. Stiamo verificando per capire cosa possa essere successo e per questo sono in contatto con il comandante generale dell'Arma». «Dopo di che - ha aggiunto - essendo stato vittima di un ricatto, come ha detto lui, non credo debba dimettersi. Sono sempre dell'idea che la vita personale è personale e ognuno può fare ciò che crede». «Se una persona subisce un ricatto - ha concluso - diventa vittima del reato quindi non può essere condannata. Bisogna condannare chi compie i reati. Però ci sono ancora lati oscuri della vicenda per i quali ci sta pensando la magistratura».

CASINI: «DEVE LASCIARE» - Di parere opposto il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini: «Non conosco i dettagli del caso Marrazzo se non da quello che ho letto sui giornali. Una cosa voglio dire con chiarezza: un uomo politico che cede a un ricatto deve smettere di fare politica, deve ritirarsi. Se ha ceduto a un ricatto, dico se - perché è giusto che usi il condizionale - allora ha terminato il discorso con la politica». Pro dimissioni anche Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra: «L'articolo 44 dello statuto della Regione Lazio prevede che le dimissioni del presidente comportino lo scioglimento del consiglio regionale. Si proceda e si vada a votare rapidamente. Marrazzo si sottragga responsabilmente ad una vicenda molto triste e nel rispetto della legge elettorale ci porti alle urne a fine gennaio».

DI PIETRO: GIOCO SPORCO - «Sulla questione Marrazzo ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti al più presto», afferma in una nota il presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro. «Il primo - dice di Pietro - riguarda la posizione dello stesso governatore del Lazio. Marrazzo ha l'obbligo di dirci se è ancora in grado di governare la Regione o se si trova in uno stato di potenziale ricatto che gli impedisce di svolgere quel ruolo. In questo caso, come purtroppo temiamo, è necessario che rassegni subito le dimissioni». «Il secondo aspetto - osserva il leader Idv - riguarda l'umiliazione dell'Arma dei carabinieri che, a causa di alcune mele marce, si ritrova con la divisa sporca. Chiediamo che i carabinieri coinvolti siano sottoposti ad una pena esemplare». Di Pietro accusa poi «il sistema di dossieraggio, di veleni e veline che sta inquinando la vita politica italiana. È grave che, per sconfiggere l'avversario politico, vengano ordinati e costruiti appositi dossier. È un gioco sporco in cui si rischia il massacro, è un'operazione antidemocratica che azzera il confronto sul piano politico per dar spazio ai dossier. È una strategia mafiosa che va subito bloccata».

LA BINDI: «NON MI CANDIDO» - «Mi auguro che Marrazzo chiarisca presto la sua vicenda. Ma non sono disponibile ad una candidatura a presidente della regione Lazio», ha affermato Rosy Bindi da Milano, dove è candidata all’Assemblea nazionale del Pd nel collegio 15. «Le voci sul mio nome - ha sottolineato in una nota - sono del tutto prive di fondamento e mi stupisce che possano circolare con tanta facilità. Ricordo che sono toscana e vivo a Sinalunga. Chiunque si candiderà a presidente del Lazio sarà un candidato o una candidata con una biografia, una storia e radici espressione di questa regione e il Pd del Lazio saprà individuare, anche attraverso primarie di coalizione, la persona giusta».

 


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