Il presidente dell’Italia dei Diritti: “In uno Stato di diritto è inammissibile che un ragazzo, trovato con venti grammi di hashish, debba morire in questo modo brutale, quando poi ci sono personaggi in Parlamento che si sono macchiati di crimini ben più gravi”



 
Roma – La vicenda di Stefano Cucchi, sulla quale l’Italia dei Diritti offre piena disponibilità affinché emerga chiaramente la verità della tragedia, getta numerosi sospetti sulle forze dell’ordine che, dal momento dell’arresto a quello della morte, hanno avuto in custodia il ragazzo. Il “caso Cucchi” riporta d’attualità la proposta, lanciata solo alcuni mesi fa dal movimento a tutela dei cittadini, di sottoporre gli appartenenti alle forze dell’ordine a test psicoattitudinali almeno ogni cinque anni, soprattutto in considerazione del gravoso incarico di responsabilità e delle notevoli pressioni psicologiche a cui sono costretti.
 
“Non è pensabile –  dice il presidente Antonello De Pierro – che un individuo venga arruolato e sottoposto a prove di valutazione soltanto a inizio carriera, e poi per il resto della sua vita professionale continui ad esercitare il suo delicato incarico senza altri controlli, salvo eccezioni. Trovo inqualificabile il fatto che un tutore dell’ordine non subisca alcuna verifica psichica per circa quarant’anni di servizio. Sull’episodio del giovane ragazzo romano lasciamo che la Magistratura faccia il suo lavoro, ma se fosse vero il pestaggio perpetrato ai suoi danni da rappresentanti delle forze di polizia, allora ci troveremmo di fronte a persone che non hanno una psiche del tutto sana. In uno Stato di diritto è inammissibile che un ragazzo, trovato con venti grammi di hashish, debba morire in questo modo brutale, quando poi ci sono personaggi che si macchiano di crimini ben più gravi, come truffa allo Stato, corruzione, concussione e siedono bellamente tra gli scranni del Parlamento o di altre istituzioni. Perciò, ribadiamo con forza la nostra proposta delle prove psicoattitudinali a scadenza quinquennale”.
 
Altro tema rilevante sollevato dal numero uno dell’Italia dei Diritti è quello del mobbing tra i rappresentanti delle forze di polizia, un fenomeno piuttosto diffuso, sebbene spesso sottaciuto e proprio per questo ancor più preoccupante: “Un motivo in più per cui noi richiediamo questi test – osserva De Pierro – è perché spesso gli operatori di polizia vengono perseguitati e vessati sul lavoro, subendo mobbing. Servono, quindi, accertamenti periodici per tagliare alla radice il problema. Non è da escludersi, infatti, che i maltrattamenti eventualmente subiti da Cucchi siano attribuibili a gente che era mentalmente instabile perché a sua volta vessata da altri. I test psicoattitudinali sarebbero utili anche per individuare sia il mobber sia il mobbizzato, salvaguardando tutti, considerato che pure chi esercita mobbing può avere grandi disturbi psichici e tratti di personalità non consoni al ruolo che svolge”.
 
Infine, da segnalazioni giunte all’Italia dei Diritti si è riscontrato il caso, già portato alla luce tempo fa, di un ispettore capo della Polizia di Stato, che presta servizio in un reparto ubicato in un’area a sud-est di Roma, dotato di una eccellente preparazione, a tal punto da ricoprire le qualifiche di istruttore di tiro e di direttore di tiro, che però avrebbe sempre lavorato in ufficio senza svolgere un solo giorno di servizio in strada. Risulta che questo poliziotto, per altro a capo dell’ufficio del personale, per anni avrebbe messo in atto clamorosi comportamenti persecutori ai danni di alcuni subordinati, atteggiamenti sui quali si auspica venga fatta chiarezza.