L'ultimo colpo di scena sul rapimento di Abu Omar risale al 4 maggio. Gli Stati Uniti comunicano che non forniranno informazioni sulla pattuglia che in Iraq ha ucciso l'agente del Sismi Nicola Calipari e il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, accusa i magistrati milanesi: "Una vicenda finita in maniera non positiva per l'Italia a causa delle polemiche con la Procura di Milano" che ha chiesto l'arresto di 22 agenti della Cia. I sequestri di persona sono un reato e le torture un crimine contro l'umanità. L'ordine di arresto per il rapimento dell'imam, chiesto dal procuratore aggiunto Armando Spataro, è stato firmato il 22 giugno 2005 e porta la firma del gip Chiara Nobili. Ma da quel giorno il governo Berlusconi si è sempre rifiutato di assistere la Procura nelle indagini. Perché?

Il coinvolgimento della Cia è confermato dall'esame delle telefonate dei cellulari concluso solo a fine 2004, dopo ritardi e depistaggi: "È stato possibile individuare due gruppi di utenze", scrive il gip, "un primo era presente sul luogo del rapimento; si è recato verso Cormano e ivi si è incontrato con i componenti del secondo gruppo". A Cormano, appena fuori Milano, il furgone ha preso l'autostrada per raggiungere la base di Aviano, in Friuli, dove l'imam è stato torturato, interrogato e poi caricato su un aereo. Tra i telefonini in azione, ce ne sono due di cui si conosce solo il numero. L'ordinanza li chiama Alfa e Beta. Del secondo gruppo si sa tutto: sono gli agenti

della Cia in contatto con il comandante della base di Aviano e con l'ambasciata a Roma. Ma del primo commando si è scoperto ancora poco: chi c'era accanto al maresciallo Ludwig?

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