di Fabrizio Gatti
Tariffe ritoccate verso l'alto. Sgarbi ai passeggeri. Attese senza fine. Disservizi organizzati. Abusivi tollerati. Per questo la protesta dei tassisti non trova consensi. E la liberalizzazione voluta dal governo conquista l'appoggio dei consumatori
Se un tassista scavalca i colleghi in coda e vuole assolutamente offrirvi un passaggio, non è per un'esplosione di gentilezza. Di solito è solo perché avete la faccia o l'abito del cliente da spennare. Succede così a Roma, a Napoli, a Firenze e sempre più spesso anche a Milano. Basta salire su un'auto bianca e fingersi stranieri. Provate a parlare inglese, o francese o a inventarvi una lingua incomprensibile e vedrete l'effetto che fa: il tassametro non viene azzerato e alla fine ripagherete anche la corsa precedente, oppure i 16 euro e 50 vengono arrotondati a 20 perché "avete una borsa e c'è il sovrapprezzo del bagaglio", oppure la tariffa da Roma a Fiumicino raddoppia illegalmente perché "chi mi paga il ritorno in città?". L'immagine bonaria di Pietro, il tassinaro al volante del suo Zara 87 nel celebre film di Alberto Sordi, non esiste più da un pezzo. La fama della categoria è ora dettata da una minoranza (si spera) di furbetti del trasporto che, nell'indifferenza dei tassisti onesti e dei Comuni che dovevano garantire i controlli, per anni hanno spremuto i passeggeri fino all'ultimo spicciolo. Ecco perché il decreto sulla liberalizzazione delle licenze adesso è visto dai più come la giusta punizione contro l'agguerrita lobby dei 40 mila tassisti nazionali. Tanto da provocare il controsciopero dei consumatori. Martedì 11 luglio, accanto alla manifestazione dei tassisti davanti a Palazzo Chigi, vogliono esserci anche loro: "Sciopero contro sciopero, protesta contro protesta", annuncia il presidente del Codacons, Carlo Rienzi: "In Italia le tariffe dei taxi risultano tra le più elevate del mondo. Nel passaggio dalla lira all'euro si sono registrati forti aumenti, fino al 15 per cento. Servono tariffe più accessibili, servizi di qualità e l'abbattimento dei privilegi. Bisogna difendere il decreto del ministro Bersani e spiegare agli stessi tassisti l'importanza del provvedimento del governo".

Ma la protesta continua e ha già paralizzato l'accesso a stazioni e aeroporti nel mese delle prime partenze per le vacanze e del massiccio arrivo di turisti. La prova generale sono stati i blocchi stradali e i cortei-lumaca a Roma, Milano e Torino. Anche perché i tassisti già si considerano la testa d'ariete delle altre lobby che si sentono danneggiate dal decreto, farmacisti e notai in testa. Segnali a loro favore sono arrivati sia dalla maggioranza, sia dall'opposizione. Ci sono le crepe nel governo con le critiche del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che sostiene di non essere stato consultato dal ministro per lo Sviluppo, Pierluigi Bersani, su temi di sua competenza come la riforma degli ordini professionali. E c'è già l'appoggio pieno alla rivolta da An e da gran parte di Forza Italia.

Il provvedimento del governo rischia di scontrarsi anche con il boicottaggio di alcuni Comuni. La neosindaco di Milano, Letizia Moratti, a capo di una giunta di centrodestra, ha già rassicurato i tassisti della città promettendo che non applicherà le nuove norme. Ma come, proprio Milano? Nell'inverno del 2004 il suo predecessore, il 'conservatorissimo' Gabriele Albertini, aveva scatenato la guerra contro i tassisti per il rilascio di 276 licenze in nome della libera concorrenza. Adesso la Moratti si rimangia i principi del liberismo? Così è la politica, quando a Palazzo Chigi cambia l'inquilino. E l'esito del confronto è più che mai incerto.

Le preoccupazioni per i tassisti non sono infondate. Il mercato delle licenze è chiuso ed è stabilito dai Comuni. Ma se uno vuole guidare un taxi non può chiedere in municipio perché se viene stampata una sola licenza in più, i tassisti già in servizio protestano. Questo ha innescato una compravendita di licenze: così, se uno vuole fare il tassista a Milano, o a Venezia o a Bari, deve aspettare che qualche tassista di quella città vada in pensione o si ritiri e gli venda la sua licenza. La vendita e il prezzo non risulteranno da nessuna parte perché questo mercato è illegale. In Comune arriverà soltanto l'atto di subentro con il passaggio di intestazione che, al di là delle spese burocratiche, è ufficialmente gratis. A Milano il prezzo di una licenza raggiunge oggi i 200 mila euro. A Roma 180-200 mila. Un po' meno nelle altre città. Luca L., 37 anni, ha comprato una licenza a Roma sette anni fa: "L'ho pagata 180 milioni di lire. Niente cognome, però", supplica, "altrimenti potrei finire nelle grane. Facevo l'infermiere, ma volevo essere più libero con il lavoro. I soldi me li ha prestati un po' mio padre, un po' ho usato miei risparmi. Otto-dieci anni di attività di solito bastano per ammortizzare la spesa. È un po' come se uno si compra un negozio. Quando poi lasci, vendi la licenza. Magari a un prezzo maggiore perché si è rivalutata. E quello resta per noi tassisti l'unico Tfr, la liquidazione insomma. Sì, 150-200 mila euro sono un'ottima liquidazione. Ma ora, con la liberalizzazione verranno distribuite più licenze e quello che abbiamo diventerà carta straccia". La compravendita è fuorilegge, ma tutti sanno e tutti tollerano nel più classico dei copioni all'italiana. Eppoi finora nessun sindaco ha osato colpire il mercato sottobanco delle licenze. Oltre che una forma di ammortizzatore sociale, la questione ha anche un peso elettorale: a Milano i tassisti sono 4 mila 585, a Roma 5 mila 860. Non sono molti se divisi su cinque turni, togliendo giorni di riposo e ferie. Ma bastano, con il contributo di familiari e parenti, per eleggere o bocciare una giunta. Ed ecco il vicolo cieco in cui il trasporto urbano si è cacciato.
Il risultato lo si vede da anni: taxi insufficienti, lunghe attese, piazzole vuote, tassisti (a Roma e la sera a Milano) che addirittura rifiutano il cliente se la corsa non è abbastanza remunerativa o li porta fuori zona. E le tariffe, tra le più alte in Europa. Alle dieci di sera a Milano, soltanto al momento di sedersi sul taxi, già si pagano 6 euro e 20: l'equivalente di 12 mila lire, ma prima dell'introduzione dell'euro il sovrapprezzo serale si fermava a 5 mila 200 lire. A Roma una corsa da via della Conciliazione all'Eur, dieci chilometri, costa 37 euro, dall'aeroporto di Fiumicino alla stazione Termini 41 euro. A Napoli i tassisti del centro, se sono onesti, non appena sali ti chiedono se vuoi la tariffa fissa comunale di 9,50 euro o il tassametro: "Quale costa meno?". "Dipende dal traffico, dai blocchi, dalle deviazioni, dai lavori. Dunque?". Prendere il taxi diventa come giocare alla roulette: uscirà rosso o nero, pari o dispari? "Facciamo con il tassametro, grazie". Così il tassista parte, gira a destra invece di andare dritto, si incastra nel parcheggio selvaggio dei vicoli e alla fine scopri che per fare un chilometro era meglio pagare subito 9 euro e 50.

A Parigi qualche anno fa dovevano aumentare il numero di licenze e sono riusciti a trovare una soluzione. Lo racconta Carlos Portes, tassista all'aeroporto Charles de Gaulle, immigrato da Lisbona nel 1974: "Anche qui c'è la compravendita di licenze. Quando il Comune ha voluto aumentare il numero di taxi, c'era un rischio di crollo del valore. Allora è stata accordata questa soluzione: le nuove licenze concesse non potranno essere rivendute prima di undici anni, se un tassista si ritira deve restituirla al municipio. Inoltre i nuovi tassisti devono essere disposti a lavorare nei turni più scoperti, che sono la notte o la mattina presto. Altrimenti niente concessione. Il meccanismo ha funzionato". A Londra sono stati autorizzati minitaxi che fanno servizio nei quartieri con tariffe di solito più convenienti rispetto ai cab tradizionali del centrocittà. Il prezzo della corsa viene concordato al momento della chiamata alla centrale e sono comunemente usati dagli anziani perfino per andare a fare la spesa nei centri commerciali. Fare la spesa in taxi in Italia, anche se ridurrebbe il traffico privato nelle città, resta invece uno dei sogni dei pianificatori del traffico. Soltanto chi ha il rimborso aziendale può oggi permettersi di usare tutti i giorni le auto bianche e tenere la propria nel box. Sempre che abbia tempo da perdere nelle lunghe attese alle piazzole di sosta. Come capitava ormai da settimane, ancor prima della rivolta, davanti alla stazione Termini e all'aeroporto di Ciampino. La furbizia dei tassisti che frequentano il secondo scalo di Roma è conosciuta perfino in Senato. Perché alcuni senatori hanno dovuto rivolgersi ai vigili per ottenere un passaggio fino a Palazzo Madama: i tassisti non li volevano caricare perché con loro avrebbero dovuto accendere il tassametro. La scena si ripete alle undici di venerdì 30 giugno, quando i tassisti non hanno ancora saputo della rivoluzione del decreto Bersani. La coda di passeggeri appena atterrati a Ciampino suda sotto il sole. Un sorriso collettivo accoglie il primo taxi, dopo un quarto d'ora. L'autista parcheggia, scende e finge di essere fuori servizio. "Taxi, please?", chiede un ragazzo inglese. Lui lo ignora, adocchia una famiglia di americani, padre, madre con gli zaini in spalla e due bimbi e li affianca: "Roma?", chiede. "Yes". "Prego". Il tassista prende gli zaini e li accompagna alla sua Fiat Multipla. "How much?", quanto, chiede il capofamiglia. "One hundred", cento, risponde il tassista. La famiglia sale ringraziando perfino. Dopo venti minuti di sole, arriva il secondo taxi vuoto, matricola 3897, una bandiera italiana legata al portapacchi. Stessa scena. Basta fingersi inglesi per scavalcare la coda: "Fiumicino, please". Quaranta minuti di viaggio e il tassametro si ferma a 41 euro. "Fiftifaiv", dice il tassista, cinquantacinque. "41, no 55". "Io go back", risponde il tassista e bisogna pagargli il ritorno chissà dove, anche se potrebbe scendere agli arrivi e caricare un altro passeggero. Cosa che farà sicuramente. Proprio a Fiumicino la scorsa settimana la prefettura è dovuta intervenire contro i soliti tassisti che scavalcavano la coda dei colleghi, grazie alla complicità dei sorveglianti del parcheggio dove i taxi attendono il loro turno. In questo modo qualcuno si accaparrava illegalmente anche sette corse al giorno. Il prefetto Achille Serra ha mandato i vigili: "Tolleranza zero". E i soliti tassisti hanno mandato nel caos l'aeroporto. "Quello di Fiumicino è stato un disservizio organizzato", secondo Nicola Di Giacobbe, sindacalista della Cgil, che ha accusato duramente i colleghi indisciplinati: "Una malavita organizzata che con molte complicità ha permesso a pochi mascalzoni di guadagnare tanto e a tanti onesti tassisti di pagarne le conseguenze".
Altro giro, altra corsa da finto inglese. Da Termini a Ciampino. Coda di un'ora e mezzo davanti alla stazione, facce stravolte dal caldo, taxi inesistenti. Restano gli abusivi. "Taxiii?", propongono in nove davanti a una pattuglia della polizia. "Ciampino? Mi spiace, non parlo inglese, mi segua". L'auto è una vecchia Fiat Punto parcheggiata al sole. "Ma che fa, si siede dietro?", urla il tassista, "venga davanti che sennò m'arrestano". Carburazione ko, dai semafori partenze a rimbalzo. "Fa caldo, eh?". Vede una fontanella e l'autista si ferma. Scende, beve, si toglie la camicia, fa una mezza doccia, si riveste e sale in auto grondante. "Fa caldo, hot", ripete. Davanti all'aeroporto di Ciampino inchioda: "Ecco, là c'è Ciampino". Lui però riparte, si ferma dopo 500 metri sullo svincolo della tangenziale: "Scendere qui, mi capisci? Questo carro non è autorizzato a entrare in aeroporto. Ah, you want the ricevut?". Ha fantasia. Si inventa il numero di matricola, 4046. E perfino la firma: Corazza Greca. Pietro, il tassinaro di Alberto Sordi, ormai chi se lo ricorda più?

Italia a tassametro

Il numero dei taxi circolanti nel nostro paese

Numero taxi

Italia 40.000

Roma 5.860

Milano 4.585

Napoli 2.739

Torino 1.506

Firenze 593