di Ely Karmon
Ha 25 anni di storia. Conta su una efficiente struttura paramilitare. Ed è sorretta da una fiducia quasi messianica di poter ottenere la vittoria contro Israele. È il gruppo palestinese che Gerusalemme vuole cacciare dal Libano
Poco dopo gli attacchi dell'11 settembre contro gli Stati Uniti, il vice segretario di Stato americano Richard Armitage definì l'organizzazione Hezbollah "la squadra di serie A" del terrorismo e dichiarò che "se Hezbollah era la squadra di serie A, l'Iran era il suo proprietario e la Siria il suo allenatore". Al momento, quell'insolita osservazione di Armitage, giunta al culmine della reputazione di Al Qaeda quale peggiore organizzazione terroristica della storia, sembra essersi alla fine avverata: i tre vecchi alleati, cui si è aggiunto Hamas, novità relativamente recente di questo asse della destabilizzazione, minacciano di provocare una grave deflagrazione in Medioriente, una guerra che potrebbe finire con il coinvolgere la Siria e l'Iran.

Nel corso dei suoi 25 anni di storia, Hezbollah ha dimostrato di essere un movimento ideologicamente forte, guidato da leader potenti, da una chiara visione dei propri obiettivi strategici, da una vasta esperienza in ambito terroristico e di guerriglia. La sua leadership, sotto la guida del carismatico Hassan Nasrallah, è convinta della validità e della virtù sia delle aspirazioni che dei metodi terroristici che l'organizzazione porta avanti. Quelle che sono state vissute quali vittorie della causa islamica e che sono avvenute durante questo ventennio e mezzo - vittorie alle quale Hizballah ha partecipato in modo attivo - non hanno fatto che ribadire questa convinzione. In particolar modo, il ritiro di Israele dal Libano meridionale a maggio 2000 ha instillato nell'organizzazione la fiducia quasi messianica di poter ottenere la vittoria finale contro i propri nemici.

Un anno fa scrissi che, qualora messo alle strette e sollecitato al disarmo, Hezbollah avrebbe messo in pratica una sua strategia e avrebbe provato a sabotare i negoziati tra Israele e la Palestina e il ritiro da Gaza, inscenando, sotto copertura palestinese, un massiccio attacco terroristico in Israele o per sostenere una mossa della Siria, o persino per prendere l'iniziativa di destabilizzare il Libano al suo interno attraverso il terrorismo. In quell'occasione, feci anche un'altra valutazione: mentre la crisi sulla nuclearizzazione dell'Iran ha raggiunto un momento critico, nel caso dovessero fallire i negoziati fra Stati Uniti, Europa e Iran, Hezbollah potrebbe essere usato per provocare una crisi della regione al confine settentrionale di Israele con il Libano.


Di fatto, negli ultimi mesi la convergenza di una serie di fattori vitali da un punto di vista strategico e politico sta conducendo quella regione verso una crisi gravissima. La leadership di Hamas, insieme ai suoi tre alleati dell'asse, temevano che l'organizzazione terroristica palestinese sarebbe stata spogliata della sua vittoria alle elezioni politiche del gennaio 2006 o forse persino costretta a cambiare la dottrina ideologia di Hamas e a riconoscere Israele e gli accordi di Oslo, accettando il 'Documento dei prigionieri'. È significativo che l'operazione di guerriglia di Hamas nel territorio di Israele, con il rapimento del soldato israeliano (operativamente ben preparato secondo un ben noto disegno Hezbollah), sia avvenuta un giorno prima della firma di questo documento da parte del presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen, della leadership interna ad Hamas, e che a orchestrarla da Damasco sia stata la leadership esterna ad Hamas, precisamente il segretario generale Khaled Mashal, noto per essere il coordinatore diretto nonché il destinatario del sostegno finanziario che Teheran invia all'organizzazione.

Nel frattempo, la questione nucleare in Iran ha raggiunto il suo apice dopo l'ultima, significativa proposta di compromesso del presidente George Bush all'Iran in seguito alla quale il regime iraniano è stato messo alle strette e sollecitato a dichiarare, una volta per tutte, in prossimità del meeting del G8 del 15 luglio, se intende accettare o meno lo stop al proprio progetto nucleare. Pertanto, non è certo una coincidenza che l'intervento di Hezbollah nel conflitto del 12 luglio sia avvenuto pochi giorni prima del meeting del G8, quando il suo alleato Hamas sembrava essere in una situazione militare piuttosto difficile dopo che le forze di terra israeliane erano riuscite a penetrare nella striscia di Gaza minacciando il controllo di Hamas sul governo dell'Autorità palestinese. Per Hezbollah era molto importante sostenere militarmente Hamas sulla questione dei prigionieri israeliani, questione nella quale Hamas vuole difendere i propri interessi sostenendo una strategia piuttosto aggressiva. Inoltre, dal punto di vista del movimento Hezbollah, come spesso dichiarato da Hassan Nasrallah e dal leader spirituale Sheikh Fadlallah, sulla questione palestinese l'organizzazione "si regge o va in pezzi". Una vittoria dei moderati nel campo palestinese e un accordo di pace con Israele distruggerebbe la speranza di Hezbollah di radicalizzare e islamizzare il Libano.
Nella sua decisione di inscenare gli attacchi contro Israele, il movimento Hezbollah è stato incitato dalla sensazione che negli ultimi mesi la pressione dell'Occidente nei propri confronti fosse diminuita e, malgrado la risoluzione 1559, l'organizzazione non solo non ha effettuato il disarmo, ma si è persino rafforzata dopo il ritiro della Siria dal Libano e si è seduta per la prima volta nelle file del governo libanese dopo le elezioni politiche avvenute in Libano a maggio 2005. In questa situazione, la Siria gioca un ruolo di cardinale importanza. È stata la Siria - non l'Iran - la fonte di sostegno più importante dell'attività terroristica e di guerriglia di Hezbollah contro Israele proveniente dal nord. Senza l'aiuto della Siria, sotto forma di ombrello strategico totale, specifico coordinamento militare e politico, pressione su Beirut per far andare l'organizzazione a briglia sciolta e concederle totale libertà nel Libano meridionale, il movimento Hezbollah non sarebbe riuscito a raggiungere il suo attuale status. L'aiuto siriano, infatti, oltre a quello iraniano, sotto forma di armamenti pesanti ha effettivamente trasformato Hezbollah in partner strategico e braccio operativo dell'esercito siriano.

Negli ultimi mesi, il presidente siriano Bashar al-Asad è sembrato anche più tranquillo di fronte alle pressioni esercitate dagli Stati Uniti e dall'Occidente nei confronti del suo regime. La commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha smorzato i toni aggressivi riservati in passato alla Siria per via della sua responsabilità nell'assassinio di Hariri. L'establishment americano, francese e israeliano si erano detti preoccupati che un cambio di regime in Siria potesse portare i Fratelli Musulmani al potere e i leader israeliani rivendicarono pubblicamente che avrebbero preferito un Bashar debole al potere. Questo spiega il sostegno che Bashar ha fornito a Khaled Mashal per condurre apertamente da Damasco la strategia di aggressione di Hamas. Ciò spiega anche il continuo sostegno all'avventurosa mossa di Hezbollah. Dal punto di vista siriano, gli attacchi militari di Hezbollah, l'impotenza del governo libanese e l'intervento israeliano nel cuore del territorio libanese, contribuirebbero a far avanzare la tesi siriana secondo la quale soltanto la Siria sarebbe in grado di garantire stabilità in Libano, attraverso un'occupazione del territorio.

A metà giugno la Siria e l'Iran hanno firmato un accordo strategico militare secondo il quale, come riportato da un giornale arabo, "l'Iran ha accettato di finanziare gli accordi militari della Siria con la Russia, la Cina e l'Ucraina, di equipaggiare l'esercito siriano con cannoni, testate, veicoli, mezzi di trasporto militare e missili fabbricati nelle industrie della difesa iraniana, e di permettere alla Marina siriana di compiere le proprie esercitazioni". Il ministero della Difesa siriano ha dichiarato che i due Paesi hanno preso in esame vari e diversi "modi di rispondere" alle minacce degli Stati Uniti contro l'Iran e la Siria e hanno "stabilito un fronte comune contro le minacce di Israele... (poiché) l'Iran considera la sicurezza della Siria importante tanto quanto la propria". Il 14 luglio, il presidente iraniano Ahmadinejad ha dichiarato che qualunque attacco alla Siria sarebbe stato considerato come un attacco all'Iran, attacco cui l'Iran avrebbe risposto con estrema forza.

In retrospettiva, il ritiro unilaterale di Israele dal Libano e da Gaza si è dimostrato essere un grave errore strategico perché non è stato compiuto secondo accordi con partner forti e moderati che potessero garantire la stabilità del processo di pace; inoltre, quel ritiro è stato vissuto dai membri dell'asse della destabilizzazione come una vera e propria sconfitta politica, militare e psicologica di Israele. Israele, per giunta, è stato per anni scoraggiato da Hizballah, non ha sfidato la sua sovranità e i suoi continui attacchi in territorio israeliano, né tantomeno ha sfidato il significativo intervento di questa organizzazione e della Siria nell'attività terroristica palestinese. Gli attuali leader israeliani, il primo ministro Ehud Olmert e il ministro della Difesa Amir Peretz, sono probabilmente visti come delle 'navi senza timone' se paragonati ai premier precedenti dai ricchi background militari. Si può quindi affermare che l'escalation avvenuta al confine con Israele, fatta esplodere da agenti sostenuti dall'Iran - Hamas, Hezbollah e Siria - ha come scopo quello di far allentare la pressione sull'Iran, scatenando un grave scontro militare in Medio Oriente che finirà per distogliere l'attenzione internazionale dal programma nucleare iraniano. Al tempo stesso, ciò favorisce i maggiori interessi strategici degli altri tre attori. In particolar modo, l'intervento di Hezbollah nel conflitto in questo momento, intervento che l'Iran ha preparato strategicamente negli ultimi sei anni armando la mano dell'organizzazione di missili e di artiglieria a lunga gettata, ha lo scopo di inviare un segnale agli Stati Uniti, all'Occidente e a Israele di cosa accadrebbe qualora dovessero essere emanate sanzioni internazionali contro l'Iran o qualora gli impianti nucleari iraniani dovessero essere distrutti da attacchi americani o israeliani.

L'attuale crisi, che secondo alcuni scenari potrebbe condurre a una guerra allargata che coinvolgerebbe la Siria, dovrebbe darci un'idea di come potrebbe apparire il Medio Oriente qualora l'Iran dovesse portare a termine un ombrello nucleare che coprirebbe il suo ruolo destabilizzante e 'rivoluzionario' all'interno del mondo musulmano.

*Ely Karmon è ricercatore dell'Istituto di politica internazionale antiterrorismo di Herzliya, Tel Aviv

traduzione di Rosalba Fruscalzo

 

Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Allah-e-con-Hezbollah/1340369