di Stefano Livadiotti
Mercerie e sarti dichiarano meno di 10 mila euro. Gioiellieri, taxisti e amministratori di condominio non arrivano a 25 mila. Tutti finti poveri? Ecco i redditi del 2004
Il più spudorato tra i furbetti della partita Iva gli uomini della Guardia di Finanza l'hanno scovato all'inizio di giugno. Il suo residence turistico, venticinque stanze a Forìo d'Ischia, con tanto di piscina termale e ristorante, aveva pure un sito Internet. Lui, invece, R.D.A, classe 1953, al Fisco era del tutto ignoto. Non dichiarava mezzo euro bucato. Gestiva tutto in nero, compresi gli otto dipendenti che facevano marciare il piccolo albergo, 70 euro al giorno in pensione completa. Gli uomini in grigio hanno accertato un imponibile non dichiarato di 625 mila e 500 euro in cinque anni. E un'evasione Iva di 100 mila euro tondi.

In confronto, il commerciante d'auto G.B., un cinquantenne di origini campane, era un tipo discreto. Lui non si faceva pubblicità. Anzi, aveva scelto una zona decentrata del Ravennate, dalle parti di Cervia, per rivendere sottocosto le Ferrari, le Porsche e le Mercedes che comprava negli Stati Uniti, in Germania e a San Marino. Per non destare troppi sospetti, aveva aperto pure due partite Iva. Solo che per tre anni consecutivi non s'era preso il disturbo di presentare uno straccio di dichiarazione dei redditi, nascondendo così al Fisco 4 milioni e 200 mila euro. Con i quattrini risparmiati aveva fatto shopping in Puglia: terreni agricoli e sette immobili a uso commerciale. Tutta roba che ora è nel mirino dell'Agenzia delle entrate, cui spetta il compito di recuperare le somme sotratte. Ma non basta. G.B. dovrà fare i conti anche con la locale Procura della Repubblica, che gli contesta il reato di omessa dichiarazione: sulla carta, rischia di vedere il sole a scacchi per tre anni.

In un paese dove il 10 per cento dei più abbienti controlla il 43 per cento della ricchezza e il 10 per cento dei più poveri si deve dividere l'uno per cento, quale sia lo zoccolo duro dell'evasione non è un mistero. Le ultime elaborazioni dell'Agenzia delle entrate, che "L'espresso" è in grado di anticipare, parlano chiaro. La tabella della vergogna pubblicata in queste pagine riporta i redditi medi dichiarati da 50 categorie di lavoratori autonomi (e piccole imprese) che hanno da poco subìto una revisione degli studi di settore. Il marchingegno stabilisce l'introito teorico di una certa attività sulla base di parametri quali la dimensione, il numero di dipendenti e la zona; chi resta al di sotto della somma individuata rischia di incappare nei controlli. Questi dati si riferiscono, dunque, proprio alle categorie che, almeno in teoria, dovrebbero pagare di più.

Solo in teoria, però. Perché i sarti dichiarano 8.659 euro l'anno. I titolari di lavanderie e tintorie si fermano a quota 8.611. Quelli delle mercerie addirittura a 7.642. I venditori di profumi e saponette non vanno oltre gli 11.070. I tassisti superano di poco gli 11 mila e 500. I ristoratori sono inchiodati a 13.446 euro, meno ancora dei baristi, che dichiarano di doversi accontentare di 13.471 euro. Su un universo di un milione 622 mila e 879 contribuenti la media fa 26.491 euro. Una somma in linea con le buste paga degli insegnanti di scuola media. Poco più degli impiegati comunali. Ma molto meno dei poliziotti.

I conti non tornano neanche nelle cifre che le categorie stesse dichiarano. Il ricavo medio ammesso da elettricisti e idraulici, per esempio, è di 203 mila e 772 euro. Scala qua e detrai la, il reddito imponibile scende però a 26.905 euro. Vorrebbe dire che il rendimento medio lordo della loro attività è pari al 13,2 per cento. Il che è poco credibile. E lo stesso vale, a maggior ragione, per i commercianti di giocattoli e sport: il fatturato medio è di 189.485 euro; il reddito di 11.915. Significherebbe che per ogni 100 euro incassati il guadagno prima delle tasse è pari a 6,3. Per non parlare degli autosaloni. I 9.591 presi in considerazione nelle elaborazioni dell'Agenzia delle entrate presentano un incasso medio di 974 mila e 945 euro e un reddito di 15 mila e 838. Come fare affari per cento euro e trovarsi in tasca 162 centesimi, sui quali pagare pure le tasse. Roba da sussidio di Stato.
È solo una dozzina di settimane che il viceministro Vincenzo Visco è tornato alla guida della macchina fiscale. Riprendendo una perfida battuta del suo predecessore, Giulio Tremonti, il 22 giugno scorso "L'espresso" aveva parlato di "effetto Dracula". E i dati resi noti lunedì 7 agosto dal ministero dell'Economia confermano che qualcosa si sta muovendo. Il gettito fiscale del primo semestre ha registrato un'impennata del 19,7 per cento. L'incasso che deriva dalla lotta all'evasione è più che raddoppiato (più 101,9 per cento). E il trend sembra confermato dal dato del solo mese di giugno, quando le entrate tributarie totali hanno fatto segnare una crescita del 24,2 per cento. Si tratta, però, di una goccia nell'oceano. O poco più. Come ha rivelato, sabato 12, il Dipartimento per le politiche fiscali del ministero dell'Economia, che ha reso noto le dichiarazioni 2004 degli italiani. I dati sono desolanti. Poco meno del 7 per cento dei contribuenti dichiara di sbarcare il lunario con meno di mille euro l'anno. Uno su quattro sostiene di vivere con meno di 6 mila euro, che fa 500 al mese, o 16 al giorno. E solo lo 0,14 per cento ammette un imponibile sopra i 200 mila euro. Alla faccia delle 65 mila barche di oltre 17 metri immatricolate al registro nautico. Dei 180 mila fuoristrada che risulteranno venduti a fine anno. Degli 80 mila appartamenti da oltre mezzo milione di euro passati di mano nel 2005. E degli 8 miliardi e rotti raccolti lo scorso anno dagli intermediari nazionali dei fondi comuni di investimento di diritto italiano ed estero.

Sono i guasti della cura Berlusconi-Tremonti. «Se la pressione fiscale è troppo alta è moralmente giusto evadere le tasse», aveva teorizzato l'allora premier. Il suo superministro dell'Economia lesto s'era adeguato, mettendo in campo in un solo triennio 17 diverse tipologie di sanatorie fiscali. Un vero e proprio festival dei condoni. Accompagnato da un allargamento delle maglie sul fronte dei controlli. Nel 2001 l'Agenzia delle entrate aveva effettuato 613 mila e 664 verifiche. Nel 2004 è scesa a 414 mila e 864. I 16 miliardi e 700 milioni di imponibile non denunciato intercettati dalla Gdf nel 2000 erano calati a 10 miliardi e mezzo quattro anni dopo. E la percentuale delle somme effettivamente incassate rispetto a quelle dell'evasione accertata è caduta in picchiata dal 3,1 per cento del 2001 allo 0,34 dei primi undici mesi del 2005.

In questo quadro, i furbetti hanno ritrovato coraggio. Basta vedere le serie storiche delle dichiarazioni di alcune categorie, che "L'espresso" ha potuto consultare. Una delle più significative è quella che riguarda i commercianti di carta da parati e rivestimenti per pavimenti. Nel 1999 ammettevano un reddito di 8 mila e 726 euro, che l'anno dopo saliva a quota 9 mila e 174, per arrivare a 11 mila e 573 nel 2001. In due anni la somma era dunque aumentata del 32,6 per cento. Poi, Visco ha lasciato la poltrona a Tremonti. Risultato: nel 2004 la dichiarazione della categoria (8 mila e 817 euro) è tornata di colpo agli stessi livelli di cinque anni prima. Non si tratta certo di un caso isolato. Lo stesso tipo di curva disegnano, anche se in maniera meno marcata, gli imponibili denunciati dai dettaglianti di caffè: 7 mila e 938 euro nel 1999; 12 mila e 611 nel 2001 (più 58,9 per cento in due anni); 11 mila e 849 nel 2004. Seguono a ruota i venditori di latte e formaggi: 10 mila e 820 euro nel 1999, 11 mila e 815 nel 2000; 14 mila e 87 nel 2001 (più 30,2 per cento); 14 mila e 5 nel 2004. E si potrebbe continuare a lungo.

Le ultime stime della combattiva associazione degli artigiani di Mestre parlano di un'evasione complessiva nazionale pari a 311 miliardi di euro l'anno. Ma davanti alla stretta annunciata da Visco, che tra lotta all'evasione, maggiori controlli Iva e revisione degli studi di settore conta di recuperare 3 miliardi e 400 milioni già quest'anno e poco meno di 6 miliardi nel 2007, alte si sono levate le grida di Berlusconi & C. Hanno parlato di Stato di Polizia tributaria. Di Grande fratello fiscale. Di vendetta sociale nei confronti delle partite Iva del nord colpevoli di non aver votato alle elezioni per il centro-sinistra. Chissà se almeno hanno riscosso il plauso dell'albergatore-evasore di Ischia.