Il programma Primo Piano sarà sostuituito da una striscia satirica. E Di Pietro accusa Veltroni di essere il regista del cambiamento

  

di FRANCESCO BEI
 
ROMA - Il colpo di coda del Cda "unionista" - con lo spostamento a mezzanotte di Primo Piano e la sua sostituzione con una striscia satirica affidata a Serena Dandini - agita il centrosinistra e scatena una vera ribellione al Tg3. La redazione, supportata dal direttore Antonio Di Bella, è sul piede di guerra per "lo scippo" dello storico spazio di approfondimento della seconda serata. E affida a un clamoroso videocomunicato sindacale, in onda nell'edizione delle 19.00, la sua protesta: "Tg3 sera: cancellato; Primo Piano: cancellato. Un cda alla fine del suo mandato, come ultimo atto, non esita a ridimensionare drasticamente l'informazione del Tg3. Noi giornalisti del Tg3 non ci stiamo e diciamo no al progetto".

La questione diventa anche politica, perché Antonio Di Pietro legge la cancellazione di Primo Piano come una manovra ordita da Walter Veltroni e favorita dal clima di dialogo con il Cavaliere. "Spostare a notte fonda Tg3 e Primo Piano? Anche questo si può fare!", ironizza il leader dell'Italia dei valori. "Ci chiediamo - aggiunge Di Pietro - come mai il nuovo clima di bon ton politico non abbia sconsigliato dal prendere un provvedimento di tale portata. Dopo il caso Travaglio, un altro episodio su cui riflettere profondamente".

La realtà tuttavia sarebbe diversa e lo stesso Veltroni si sarebbe premurato di far sapere ai giornalisti del Tg3 di essere "assolutamente estraneo" alla vicenda. La decisione di spostare a mezzanotte Primo Piano ("di fatto cancellandolo" obiettano al Tg3) risale infatti indietro nel tempo, al governo Prodi, e sarebbe stata caldeggiata dal vicedirettore generale Antonio Leone, d'intesa con il consigliere Rizzo Nervo (vicino a Rutelli), a beneficio della rete guidata da Paolo Ruffini.

La Rai intanto resta al centro delle trattative tra Pd e maggioranza, anche se l'incontro a palazzo Chigi tra Berlusconi e Veltroni si è risolto in un nulla di fatto sulla questione più delicata, quella della governance dell'azienda. Il Pdl resta infatti assolutamente chiuso all'ipotesi di mettere mano ai criteri di nomina del Consiglio d'amministrazione come chiede Veltroni.

"La posizione del Pd - riflette Mario Landolfi - non è realistica, sia per i tempi (l'attuale Cda scade a fine maggio, ndr), sia perché la proposta di nominare un amministratore unico non favorisce certo il clima di dialogo in atto". Molto meglio, secondo Landolfi, procedere per la via normale: "Il Parlamento indichi un nuovo Cda che consenta un equilibrio fra le varie presenze". Il Pdl, in cambio, sarebbe anche disponibile a lasciare in carica Petruccioli e potrebbe anche non procedere al turn over dei direttori. "Lo spoil system in Rai - concede il sottosegretario Paolo Romani - non sempre ha prodotto buoni risultati. E comunque non c'è fretta".

Berlusconi, raccontano, sarebbe al limite disposto, pur di non far evaporare il clima di dialogo, a concedere una proroga all'attuale Cda, ma per ragionare dell'operazione avrebbe chiesto a Veltroni alcune garanzie. Anzitutto la sostituzione immediata di Gennaro Malgieri (eletto deputato) con un altro consigliere d'area e, inoltre, precise assicurazioni sul comportamento futuro del consigliere Udc Marco Staderini, ormai all'opposizione.

Infine la polemica sui costi del "carrozzone" Rai. L'inchiesta de L'Espresso ha provocato la reazione del direttore generale: "Attaccare la Rai - si difende Cappon - sembra diventato uno sport nazionale, ma la verità è che la Rai è un'azienda in pareggio, con collaboratori e dipendenti di grandissima qualità".

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