di Andrea Benvenuti
Oltre 250 mila studenti per 28 mila posti. Domande spesso stravaganti. Perfino sull'inventore del pupazzo televisivo. È polemica sui test di accesso agli atenei
Proteste spontanee a Roma, Bari e Catanzaro; presidi e striscioni a Napoli con i genitori in piazza a fianco dei figli, coordinamenti degli studenti che propongono ricorsi collettivi a chi è rimasto fuori dai posti stabiliti dagli atenei in base alla direttiva del ministero dell'Università. La vita sarà pure tutto un quiz, come cantava Renzo Arbore a 'Quelli della notte', ma non azzardatevi a fare gli spiritosi con qualcuno degli esclusi perché sareste sepolti da un mare di imprecazioni. Si sono concluse da pochi giorni, in tutta Italia, le prove di ingresso ai corsi universitari, ma non si spengono le polemiche tra i favorevoli e i contrari al numero chiuso: 28 mila i posti disponibili per il 2006-2007 a fronte di 250 mila candidati con un aumento dell'8 per cento rispetto all'anno scorso e una quota di ammessi che supera appena l'11 per cento del totale.

Nell'occhio del ciclone sono finiti i quesiti dei test di ingresso: "assurdi", "non attendibili", "fatti su misura dei raccomandati", sono stati alcuni dei commenti degli esclusi. È così che, a Odontoiatria, nella sezione di 'logica e cultura generale', in molti hanno giudicato "pazzesche" le domande di storia su chi, tra Cola di Rienzo, Gattamelata o Muzio Attendolo Sforza, fosse stato un "famoso capitano di ventura" e quale presidente statunitense (J. Monroe) nel 1823, in un messaggio al Congresso, disse: "L'America agli americani". A Medicina-Chirurgia sono sembrate "curiose" le domande sulla maggiore distanza, in linea d'aria, tra alcune coppie di città del mondo e su quale personaggio storico scampò al massacro della notte di San Bartolomeo; mentre a Veterinaria c'è chi ha definito "strano" il quesito su quale sia la rotta più breve per raggiungere via mare il Corno d'Africa partendo da Genova. Il paradosso si è registrato alla prova per le professioni sanitarie. I candidati dovevano sapere se Mario Faustinelli fosse l'inventore di Topo Gigio e quale canzone è stata la più acclamata al concerto di Telecom a Roma con Billy Joel e Brian Adams.

Dal ministero dell'Università si difendono e assicurano che non c'è niente di nuovo. "Ogni anno, in queste settimane, scoppiano le polemiche sulla legittimità dei test che vengono adottati sulla base di precise direttive comunitarie", spiega Olimpia Marcellini, direttore generale del Miur per lo studente e il diritto allo studio. Ma per i detrattori del numero chiuso le cose non sono così semplici.

Innanzitutto, va chiarito che, sull'accesso ai corsi di laurea, c'è una legge, la 264 del '99, che mette i paletti alle immatricolazioni di sei corsi a livello nazionale: medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura, professioni sanitarie e scienze della formazione primaria. Ma solo per le prime tre aree di studi è il Ministero a predisporre i test su scala nazionale: 80 domande a risposta chiusa e divise in 33 quesiti di logica e cultura generale, 21 di biologia, 13 di chimica e 13 di fisica e matematica. I test vengono preparati da un'unica commissione ma, per tutti gli altri corsi, ogni singola università fa da sé. È la regola che vale per Architettura e Ingegneria. Ma è la sezione di cultura generale dei test predisposti dal ministero dell'Università che lascia perplessi: "Troppi e non comprensibili". Al centro delle critiche anche un altro aspetto. "Ogni anno", dicono gli studenti dell'Udu, "si restringe il numero dei fortunati e aumenta quello dei candidati che in più sono costretti a rispondere a quesiti impresentabili". Ed è un dato di fatto che, ad esempio, il ministero della Sanità ha dato indicazione al Miur di permettere l'iscrizione a Medicina solo di 4.800 studenti.

Il ministero dell'Università ha allargato le maglie a 7.864, ma si sono presentati in 26 mila. "La logica dei test è giusta, ma può diventare eccessiva", spiega Guido Fiegna, dirigente del Politecnico di Torino. La strada che qualcuno vorrebbe seguire è allargare le maglie dell'accesso per permettere a chi non ha ottenuto un punteggio elevato di iscriversi con riserva. È appunto il caso del Politecnico. Qui uno studente che viene dal liceo classico e non ha studiato la trigonometria può comunque iscriversi a seguire i corsi di recupero per colmare le lacune prima che iniziano le lezioni.

Eppure, il numero delle università statali che hanno adottato i test di ingresso è in crescita. Sui 72 atenei pubblici oltre i due terzi hanno messo test di ingresso anche a tutti i corsi triennali. Per adesso, dal dicastero dell'Università, fanno sapere che il ministro non è intenzionato a mettere mano ai criteri: la valutazione d'ingresso non è una priorità visto che, come per la scuola, la preoccupazione maggiore è resistere sull'Aventino. Finanziaria alla mano, sarà già un ottimo risultato se il ministro dell'Economia lascerà tutto come è.