di Massimo Riva
Giorgio Napolitano ha sollevato la questione spinosa degli sprechi pubblici, invitando i parlamentari a "razionalizzare". Ma chi spera che basti eliminare qualche auto blu sarà deluso: il Presidente ha chiamato in causa l'architettura istituzionale.
Il Presidente Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano ha ormai fatto intendere che non svolgerà dal Quirinale un ruolo asetticamente notarile. La fragilità del quadro politico, del resto, sembra fatta apposta per esaltare la funzione di stimolo del Capo dello Stato, come accaduto in passato ad altri suoi predecessori. Il presidente ha fatto sentire alta la sua voce sul tema della politica internazionale, sollecitando ampiezza di consensi per il delicato voto sulla spedizione militare in Libano. Parimenti è più volte intervenuto auspicando intese bipartisan sul nodo delle riforme istituzionali. Da ultimo, ha sollevato una questione scomodissima per partiti e forze parlamentari: quella dei costi della politica. Argomento di stringente attualità in una fase nella quale i conti pubblici tornano a manifestare gravi elementi di criticità.

Molti hanno liquidato l'intervento di Napolitano come un semplice invito a combattere gli sprechi. Come se il problema dei costi della politica si potesse risolvere eliminando qualche auto blu, un po' di portaborse e frattaglie del genere. In realtà, il presidente ha fatto un discorso di ben altro tenore, denunciando le "duplicazioni e confusioni di responsabilità e poteri" ovvero la "moltiplicazione di istanze decisionali. e di incarichi elettivi". Insomma, ha chiamato in causa "l'architettura istituzionale" del sistema, invitando a "razionalizzare e semplificare".

Non sono per nulla certo di rispettare al riguardo l'esatto pensiero del capo dello Stato. Ma ho provato ad interpretarlo nei modi che seguono. Primo: si potrebbe ridurre di 300 seggi il numero dei parlamentari (200 deputati e cento senatori in meno). Secondo: si potrebbe eliminare qualche centinaio di esponenti regionali, stabilendo limiti più congrui alla composizione delle rispettive assemblee. Terzo: identica cura si potrebbe applicare ai pletorici consigli comunali di molte città e ai subordinati consigli di zona o quartiere. Infine, ma non per ultimo: si potrebbero (finalmente!) togliere di mezzo le amministrazioni provinciali, che già sarebbero dovute scomparire con la nascita delle regioni.

Non dispongo dei dati riservati del ministero dell'Interno per quantificare con precisione i risparmi di una simile riforma, ma non mi pare azzardato ipotizzare una cifra di tanti, davvero tanti, miliardi di euro. Ovvero di una cifra comunque di gran lunga superiore alle sforbiciate che vengono periodicamente sbandierate in tema di auto di servizio, di indennità di carica, di consulenti e così via gettando fumo negli occhi del contribuente. Mi pare, del resto, evidente che se si affronta il problema alla radice, riducendo il numero degli eletti, il costo della politica viene automaticamente tagliato in tutte le sue onerose componenti derivate. Con benefici rilevanti e soprattutto permanenti per il bilancio dello Stato. Nonché, particolare non secondario, con recuperi di efficienza decisionale per i singoli organismi.

È questo che intendeva dire il Capo dello Stato? Se così è, avanti presidente Napolitano, dal Quirinale molto si può fare per battere insieme il cretinismo parlamentare e quello antiparlamentare che si sostengono a vicenda in materia.