Due anni prima del blitz del 19 settembre, i manager della security Telecom si regalano un weekend in Sardegna. Guidati da Giuliano Tavaroli.  Le immagini in esclusiva dei volti felici dei dirigenti che oggi sfliano davanti ai pm di Milano come arrestati, indagati o semplici testimoni
Giuliano Tavaroli
È un tiepido weekend di fine aprile 2004. Nelle foto tutti sudano e sorridono felici, al grande blitz di martedì 19 settembre mancano ancora più di due anni. I vertici della Sicurezza Telecom, un esercito privato di 500 uomini, si sentono una squadra. Sotto l'occhio attento di Giuliano Tavaroli e del responsabile security della Tim, Adamo Bove, arrancano per i sentieri delle montagne intorno a Tiscali: luogo magico della Sardegna dove prosperava la civiltà nuragica e, per ironia della sorte, nome di una delle società che attentano al monopolio della prima compagnia telefonica italiana. Nelle immagini compaiono molti dei dirigenti che in queste settimane sfilano davanti ai pm di Milano come arrestati, indagati o semplici testimoni. C'è Fabio Ghioni, il mago dell'informatica, creatore e nume tutelare del Tiger Team, la squadra di hacker assoldata da Telecom per testare la sicurezza dei sistemi e ora sospettata di aver 'bucato' i computer della Rcs-Corriere della Sera. C'è Angelo Jannone, l'ex ufficiale dei Ros inviato in Brasile per fronteggiare gli attacchi a colpi di dossier e microspie condotti dagli uomini dell'agenzia investigativa americana Kroll. C'è l'assistente di Tavaroli che a Roma teneva i contatti con i vertici delle forze di polizia e col Vaticano. E via via ci sono tutti gli altri. Sì, perché secondo la Procura la struttura messa in piedi in anni e anni di lavoro da Tavaroli era una macchina complessa. Quasi un servizio segreto parallelo in cui ciascuno, magari inconsapevolmente, contribuiva a raggiungere lo scopo: raccogliere e archiviare informazioni. Ecco, per i personaggi più controversi, le ipotesi al vaglio dei pm.

Emanuele Cipriani Fiorentino, titolare dell'agenzia investigativa Polis d'Istinto, amico dei figli di Licio Gelli, riceve all'estero da Pirelli-Telecom più di 20 milioni di euro. Nel suo archivio informatico sono state trovate "circa 800" pratiche relative a investigazioni condotte con metodi illeciti (corruzione, accessi a banche dati di Telecom, dei ministeri Interni e Finanze, e altre modalità "compatibili solo con la strumentalizzazione di apparati dello Stato"). Secondo i pm Cipriani utilizzava anche agenti del servizio segreto militare. Il ruolo di Cipriani potrebbe spiegare l'incredibile carriera del suo amico Marco Mancini, da semplice brigadiere dei carabinieri diventato poi capo del controspionaggio.

Stando a notizie apprese dall'ex capocentro del Sismi di Milano, Stefano D'Ambrosio, il detective privato era il fulcro di un meccanismo ideato per spillare denaro a Telecom e contemporaneamente far fare bella figura a Mancini con i suoi superiori: "Mancini acquisiva informazioni che trasmetteva a Tavaroli, il quale le veicolava a Cipriani. L'investigatore veniva poi retribuito (per quelle informazioni) dalle aziende di Tavaroli".

Le finte indagini di Cipriani servivano per "conferire all'attività informativa di Mancini una particolare credibilità". In sostanza le notizie di Mancini trovano sempre un conferma (apparente) da una seconda fonte, ma in questo modo "a volte venivano vendute vere e proprie bufale".

Guglielmo Sasinini Giornalista, responsabile di una sorta di ufficio analisi della security Telecom, riceveva 250 mila euro l'anno prima da Polis d'Istinto e poi dal gruppo di Tronchetti Provera. Vive da anni sotto scorta, è stato sentito come testimone: tra i suoi compiti, pagare profumatamente reports a giornalisti anche di grido. Fabio Ghioni lancia contro di lui accuse pesanti, tutte da verificare: "Ho saputo dal controller della security Maurizio Nobili, che Sasinini dichiarava di essere a conoscenza di tangenti versate ai politici. Nobili gli chiese come faceva a saperlo, Sasinini gli avrebbe risposto di averli fatti lui (così nel verbale, ndr) e di conservare la documentazione che lo dimostrava. Nobili ha preso queste affermazioni come un tentato ricatto".

Margherita Fancello Sarda di Dorgali, a pochi chilometri da Tiscali, è una lobbista legata a Francesco Cossiga e Paolo Cirino Pomicino, introdotta nei salotti della politica. Indagata per fatture per operazioni inesistenti, in tre anni riceve da Telecom più di un milione di euro, altro denaro le viene versato da Cipriani per conto di Tavaroli e da Claudio Tedesco, un amico di Tavaroli già arrestato per appalti di vigilanza concessi da enti pubblici in cambio di mazzette. Cipriani sostiene di averle dato 150 mila euro cash in un bar di via Veneto. Lei conferma, spiega di aver depositato la somma al Credito italiano, poi però fa marcia indietro: non ricorda di "aver effettivamente versato l'importo avuto".
Marco Bernardini Ex collaboratore del Sisde, socio dell'ex agente Cia Jonh Paul Spinelli. Subentra alla Polis d'Istinto quando L'espresso a fine 2004 svela la 'rete Tavaroli'. Doveva essere arrestato, ma Bernardini si presenta spontaneamente in Procura e dice di aver indagato su Chicco Gnutti, Carlo De Benedetti, Diego Della Valle e i fratelli Benetton, ed evita le manette. Sulla sua carriera dice tra l'altro: "Ho coordinato la scorta di Tronchetti Provera che mi risulta venisse pagata da Cipriani". Restano da verificare altre sue dichiarazioni.

Fabio Ghioni Ex responsabile della Tecnology and Information security, nel maggio 2006 esegue il primo audit su Radar, il sistema usato per estrarre tabulati da Tim senza lasciare tracce. Bernardini dice che Ghioni "faceva uso di abusive intercettazioni telematiche e monitorava i computer dei dipendenti sorvegliando la posta elettronica", e che gli chiese di recuperare gli indirizzi e-mail di vari giornalisti e aggiunge: "Ghioni mi ha sempre riferito di avere la possibilità di accesso anche a dati sensibili di altri gestori come Vodafone e Wind".