La manifestazione dei migranti dopo l'aggressione

Lo ha fatto per «lo schifo che c'è al Pigneto». E spiega di non essere di destra perché ha tatuata sul braccio l’immagine del Che. Si è costituito il capo della banda degli aggressori del Pigneto, quelli che sabato scorso hanno distrutto con le mazze tre negozi gestiti da stranieri. È il cinquantenne che i testimoni avevano descritto, l’unico del branco a volto scoperto.

Lui sostiene di essere entrato nel negozio per vendicare un furto, e di aver incontrato solo lì gli altri ragazzi. Guarda caso erano attrezzatissimi per il raid: incappucciati, con i caschi in testa e i bastoni in mano. Ma per Dario Chianelli, questo il nome dell’uomo che si è presentato in questura, erano venuti ad aiutarlo «perché mi vogliono bene», senza che nessuno li abbia chiamati.

Ma in tutta questa storia, la cosa più assurda è che basta un tatuaggio per far gridare vittoria alla destra. A poche ore dalla confessione dell’uomo, si moltiplicano le dichiarazioni di esponenti del centrodestra, soddisfatti del fatto che sia crollato il “teorema” dell’aggressione nazifascista. Secondo loro a far cadere la tesi dei fascisti che rialzano la testa, basterebbe quel tatuaggio. L’eroe della rivoluzione cubana lava via ogni dubbio dalle coscienze. È inorridito dall’equazione il segretario del Pd Walter Veltroni: «Se ti rubano il portafogli – dice – chiami la polizia, non fai un'azione punitiva. Ciò che ha tatuato sul braccio conta poco, in ogni caso – aggiunge - non si deve minimizzare il rischio dell'intolleranza e della xenofobia».

Quello, insomma, che ha fatto la destra sin dall’inizio, quando parlava di bulli, piuttosto che degli «imbecilli criminali» che hanno assalito gli studenti dei collettivi de La Sapienza. E ora, non solo minimizza, ma gongola: vuole le «scuse» di chi ha parlato di raid nazifascista. Luca Gramazio, consigliere comunale a Roma ed esponente di An, sostiene che «la sinistra ha fatto una gaffe imperdonabile», mentre il senatore di An Andrea Augello immagina che «Veltroni non uscirà di casa per un paio di giorni dalla vergogna».

Peccato che un tatuaggio del Che non possa cancellare né la brutale aggressione del Pigneto (dove alla fine più che il presunto responsabile del furto ne hanno fatto le spese i lavoratori bengalesi), né – ricorda Veltroni – «quanto accaduto all'Università e poi ad un ragazzo omosessuale e ancora l'aggressione ad un ragazzo albanese e il fatto che volessero impedire ad una ragazza rom di salire su un autobus. Sottovalutare il clima – conclude il segretario del Pd – e negare il riemergere di certe tendenze è un errore molto grave».

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