di Vittorio Malagutti
Baratta e Pistorio perplessi. Boas irritato. Denozza e Onado astenuti. Non c'era unanimità attorno a Tronchetti. Ecco i verbali dei due consigli decisivi
Marco Tronchetti Provera
Altro che unanimità, sostegno compatto al presidente, piena adesione alle strategie delineate dal management. Lo scorso settembre, nei due giorni che hanno cambiato il destino di Telecom Italia, il consiglio di amministrazione del gruppo telefonico ha discusso animatamente per ore e poi si è spaccato, per chiudere infine i lavori senza un accordo condiviso da tutti gli amministratori sulle prossime mosse aziendali. Questo, in breve, è quanto emerge dai resoconti ufficiali di quelle riunioni, che 'L'espresso' ha potuto leggere per intero. I verbali raccontano di una commedia in due tempi. Con il sipario che si alza una prima volta l'11 settembre, quando viene annunciata la separazione societaria del business dei telefonini e di una parte della rete fissa (il cosiddetto ultimo miglio). L'atto finale si svolge quattro giorni dopo, nella serata del 15, un venerdì, quando Marco Tronchetti Provera, tra la sorpresa generale, presenta le sue dimissioni dalla carica di presidente. È un vero colpo di scena e, come confermano i verbali, gli amministratori appaiono addirittura increduli di fronte a quella notizia bomba. Con un'eccezione, quella del vicepresidente Gilberto Benetton, che appoggia la scelta del presidente uscente giudicandola utile per l'azienda. In mancanza di meglio, invece, gli altri consiglieri se la prendono con il Tg1 della sera, che ha annunciato in anteprima (con il consiglio ancora riunito) le dimissioni di Tronchetti e la nomina al suo posto di Guido Rossi. Il resoconto ufficiale segnala "l'incredulità e lo sdegno generali per la fuga di informazioni".

Questi documenti interni di Telecom Italia consentono anche di far luce su un piccolo giallo di quei giorni incandescenti di inizio settembre. Domanda: chi ha diffuso all'esterno dell'azienda l'ormai famoso 'Piano Rovati', cioè il progetto di riorganizzazione del gruppo, con l'intervento della mano pubblica, consegnato a Tronchetti dall'imprenditore bolognese Angelo Rovati, consigliere (poi dimissionato) del premier Romano Prodi? La risposta arriva in prima persona dallo stesso Tronchetti, che durante la riunione del 15 settembre informa gli amministratori di aver consegnato alla stampa il 'documento Rovati' allo scopo, recita il verbale, "di ristabilire la verità dei fatti (...) contrastando le affermazioni secondo cui si sarebbe agito senza previa informazione dell'autorità di governo". In effetti il 13 settembre i contenuti del piano Rovati sono stati pubblicati in esclusiva da due quotidiani nazionali.

Pagine e pagine dei verbali sono dedicate, ovviamente, alla discussione sul riassetto delle attività di Telecom presentato da Tronchetti in consiglio l'11 settembre. Da giorni ormai i giornali traboccavano di indiscrezioni su possibili operazioni straordinarie. L'importante novità viene però comunicata informalmente dal presidente ai 13 consiglieri indipendenti solo con poche ore di anticipo, nella serata di domenica 10 settembre. Durante la riunione, tocca a Guido Ferrarini esprimere il "condiviso disagio sui tempi concessi per una scelta tanto importante". Ferrarini prende la parola e spiega che tra gli indipendenti sono emerse due linee. Un gruppo ritiene opportuno approvare comunque la riorganizzazione. Altri invece pensano che sia "prematuro avallare il progetto e propongono di prendere tempo". Muro contro muro, allora? No, perché come poi emerge nel corso della discussione, le posizioni appaiono più sfumate. C'è chi raccomanda di fare presto e bene, ma preferisce non esprimersi nel merito. È il caso, secondo quanto emerge dai documenti, dei consiglieri Domenico De Sole, Jean Paul Fitoussi e Luigi Fausti. "È necessario reagire tempestivamente alle pressioni dei media così come dell'Authority con una risposta compatta di supporto al management della società". Così parlò De Sole, già numero uno della Gucci, che si spende a favore di una rapida approvazione del piano anche per evitare, spiega, che "trapeli all'esterno l'impressione che vi sia una inesistente assenza di unanimità di intenti nella compagine consiliare". Come dire: i giornali attaccano, l'Authority delle comunicazioni non collabora, la politica rema contro. E allora bisogna dare un segnale di unità verso l'esterno. L'ex banchiere Fausti prende la parola per intonare la stessa canzone, auspicando "la compattezza del consiglio di amministrazione".
Insomma, sarebbe preferibile un voto unanime. Facile a dirsi, perché altri consiglieri accennano critiche severe. Per esempio John Boas, finanziere inglese con alle spalle una prestigiosa carriera da banchiere d'affari, da ultimo all'Ubs Warburg. Boas fa mettere a verbale il suo forte disagio a "doversi esprimere in forma definitiva su un cambiamento strategico così importante con una preparazione tanto limitata". Tronchetti gli risponde che non c'è tempo da perdere. La riorganizzazione, spiega l'allora presidente, va approvata tempestivamente per "disporre di una posizione negoziale di relativa forza nei confronti dell'Autorità di regolazione, sottraendo l'impresa a pressioni che altrimenti la schiaccerebbero". Parole forti. Boas però non fa marcia indietro e ribadisce di "ritenere troppo limitato il tempo a disposizione per assumere una decisione così grave". Anche Paolo Baratta, più volte ministro nel decennio scorso, mette in chiaro le sue perplessità. E spiega che, da convinto assertore della convergenza fisso-mobile ritiene che "la separazione del mobile sia destinata a determinare, in linea di principio, un potenziale danno per l'azienda".

La discussione prosegue per molte ore. Tra i consiglieri indipendenti prende posizione anche un manager di lungo corso come Pasquale Pistorio che - dice - avrebbe preferito "disporre di maggior tempo per riflettere". Alle sei della sera, arriva il momento della verità, il voto. Non per tutti. L'inglese Boas preferisce non esprimersi e si assenta. Qualche consigliere invece aggiusta il tiro. Baratta critica, ma alla fine si schiera per il sì. Due consiglieri tra i più perplessi, Francesco Denozza e Marco Onado, non raccolgono l'appello dei loro colleghi per un voto unanime e preferiscono astenersi. Entrambi sostengono di non aver ricevuto informazioni sufficienti per esprimere una valutazione. Come dire, non compriamo a scatola chiusa. L'intervento di Denozza, in particolare, suona molto duro. Tra l'altro fa osservare che se davvero la scelta della riorganizzazione dipende dalla pressione dell'Authority, allora sarebbe necessario disporre di un'analisi delle presumibili linee di sviluppo della regolazione "non potendosi", spiega, "continuare a cambiare la struttura della società in rapporto ai mutevoli umori del regolatore nazionale".

Si chiude così una giornata di straordinaria tensione ai piani alti di Telecom. Tronchetti la spunta e ottiene il via libera alla riorganizzazione. La tregua però dura poco. In quelle ore si consuma lo scontro tra l'imprenditore milanese e il capo del governo, Prodi, con l'incidente tragicomico del piano Rovati. Tempo pochi giorni e va in scena il secondo atto. Questa volta il consiglio d'amministrazione dell'ex monopolista telefonico viene convocato per prendere atto delle dimissioni del presidente, che torna a evocare presunte manovre contro Telecom, si dice "avvilito" per la situazione e annuncia di voler fare un passo indietro per evitare ripercussioni negative sull'azienda derivanti dal suo contrasto personale con Prodi. Tronchetti annuncia che il suo posto verrà preso da Guido Rossi. Gelo in sala. L'economista francese Fitoussi è il primo a esprimere la propria solidarietà al presidente. Si dichiara perplesso e teme che le dimissioni "possano essere interpretate come una conferma delle menzogne diffuse dalla stampa". De Sole si allinea. Diana Bracco fa appello ai sentimenti e chiede a Tronchetti di ripensarci come simbolo "per l'Italia che vuole crescere e produrre". Massimo Moratti, pur non facendone parte, arriva a suggerire le dimissioni di tutto il gruppo dei consiglieri indipendenti, come estrema forma di sostegno al patron di Pirelli, di cui, per la cronaca, è grande amico e sodale. Enzo Grilli è d'accordo e si dice "moralmente tenuto ad andarsene" in caso di conferma del passo indietro del presidente. Denozza propone una soluzione intermedia: l'affiancamento di Rossi a Tronchetti.

Tra tanti inviti a ripensarci, il verbale registra una sole voce fuori dal coro, quella del vicepresidente Benetton. È una voce che pesa, perché la famiglia veneta rappresenta il principale socio e alleato della Pirelli nel controllo di Telecom. Benetton è del parere che le dimissioni del presidente potranno "essere di giovamento" per l'azienda, lasciando spazio "a chi è in condizioni di intraprendere azioni difensive diverse e auspicabilmente più efficaci".

Dietro la scelta di Tronchetti c'è quindi anche un esplicito suggerimento del secondo azionista del gruppo, preoccupato per la sorte del proprio investimento in Telecom? Il discorso di Gilberto Benetton autorizza a pensarlo. Forse, allora, sta a Treviso il grande elettore di Rossi.