Gli episodi avvenuti sotto gli occhi di un insegnante. De Pierro: “educhiamo prima gli adulti e poi i giovani”

 

 

Ennesimo caso di bullismo a Roma: ad essere sotto accusa, questa volta, un istituto superiore del quartiere Fidene, a nord della capitale. Otto ragazzi minorenni sono finiti nel mirino degli inquirenti per aver sottoposto un coetaneo a vessazioni di ogni tipo, durate per ben tre anni.


A rendere più grave il fatto, un video girato attraverso il telefono cellulare di uno degli studenti coinvolti, in cui viene ripresa una scena di pestaggio ai danni del malcapitato compagno, rincorso a colpi di zaino sotto gli occhi di un indifferente insegnante.
“Di fronte a questo episodio sono allibito, questi sono fatti a cui purtroppo ci stiamo abituando, sono entrati a far parte di una triste contabilità quotidiana e purtroppo, spesso, dopo lo sgomento del frangente, l’opinione pubblica lascia dietro di sé l’indifferenza come sentimento principe – ha dichiarato il presidente di Italia dei Diritti Antonello De Pierro.
Si riapre, per l’ennesima volta, il dibattito sul fenomeno del bullismo e sui suoi responsabili: ad esser chiamati in causa, di volta in volta, sono la crisi della scuola, delle istituzioni, la perdita dei valori tradizionali tra la popolazione più giovane, dimenticando di spostare l’attenzione sull’atteggiamento degli adulti impegnati in ruoli sociali educativi.
Riguardo al comportamento degli insegnanti, De Pierro ha dichiarato che “ se le accuse dovessero risultare fondate, ci troviamo manifestamente di fronte ad un caso di piena incompatibilità professionale. Da sempre penso che nei concorsi per docenti delle scuole di ogni ordine e grado, debbano essere effettuati screening psicologici per verificare l’attitudine alla professione. Casi come questo, senza tralasciare anche la componente culturale, mi inducono a ribadire con forza questo concetto”.
Difficile risalire alle cause di un fenomeno sociale sicuramente sempre esistito, ma che negli ultimi anni ha iniziato ad essere oggetto dell’attenzione mediatica, anche grazie alla diffusione di telefoni cellulari dotati di videocamere e della rete internet che, congiuntamente, hanno permesso la messa in circolazione di testimonianze visive di ciò che avviene quotidianamente nelle aule delle nostre scuole.
“Al di là di ogni considerazione, la cosa più inquietante e che ammetto mi produce tanta rabbia – ha proseguito il presidente di Italia dei Diritti - è la complicità silente e immobile dei docenti che avrebbe favorito il protrarsi dell’evento criminoso. Sembra addirittura che le prime risposte degli insegnanti siano state rivolte a minimizzare l’accaduto, descritto come una semplice “ragazzata”.
Eppure, i reati contestati ai ragazzi sembrano non essere tra i più leggeri per un gruppo di minorenni, accusati di estorsione, violenza privata e aggressione: “è stato attraversato il Rubicone della vergogna. Nonostante la minore età, auspico punizioni esemplari a livello giudiziario – ha poi aggiunto De Pierro che nel commentare la notizia ha ricevuto il pieno appoggio del segretario romano dell’Idv Roberto Soldà – è necessario un impegno istituzionale forte che preveda un inasprimento delle pene anche per i minorenni, per quanto riguarda i reati che rientrano nella sfera del bullismo”.
Impossibile ignorare il fattore culturale alla base del fenomeno, se solo si pensa che per decenni, comportamenti di questo tipo sono stati minimizzati e tollerati all’interno dell’istituzione scolastica che dovrebbe costituire un sotto-sistema sociale che insieme alla famiglia, ha il compito di sostenere il giovane nel suo processo evolutivo. “Siamo in attesa di un’opera di prevenzione socio-culturale finalizzata ad arginare un fenomeno che è molto più diffuso di quanto le mere statistiche mettono a fuoco – ha concluso De Pierro - l’atteggiamento menefreghista degli adulti è, a mio avviso, la prima causa nella genesi del bullismo. Spesso si sa ma si a finta di non vedere, ci si rifiuta di pensare ai propri figli come a dei delinquenti, dimenticando quanto la spinta di appartenenza al “branco” faccia uscir fuori la componente più aggressiva che c’è nel giovane. L’appello ai genitori è quello di captare ogni campanello d’allarme che possa trapelare dagli atteggiamenti dei ragazzi, coinvolti nel fenomeno in forma attiva o passiva”.