Truffa, lesioni, ma anche omicidio. Caos su clinica Santa Rita di Milano. Gdf: fondamentali le intercettazioni

 

MILANO
Interventi inutili eseguiti con l’unico scopo di ottenere maggiori rimborsi dal Sistema Sanitario Nazionale che, in ben cinque casi, hanno provocato la morte del paziente e, in 90, lesioni gravissime o gravi. E ancora, truffa, falso ideologico e falsificazione di cartelle cliniche.

È un ciclone quello che ha investito la clinica Santa Rita di Milano con 14 arresti (2 in carcere e 12 ai domiciliari) che hanno coinvolto 13 medici e il rappresentante legale della struttura sanitaria. Diciotto complessivamente gli indagati. Tra le accuse contestate dai pm titolari dell’inchiesta figura anche l’omicidio volontario aggravato da crudeltà. Quella messa a fuoco dall’indagine della Guardia di Finanza coordinata dai Pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella (Gip Micaela Serena Curami) appare coma la fotografia di una vera e propria "clinica degli orrori".

Sequestrati rimborsi dal SSN per 2,5 milioni e 4 mila cartelle cliniche. Da quanto emerge, nel corso di interventi sarebbero stati asportati ad esempio polmoni anche in caso di tubercolosi. In altri casi sarebbero state asportate mammelle a donne in giovane età, anche ad una ragazza di 18 anni, senza motivo, quando sarebbe bastata la semplice asportazione di noduli. Una donna di 88 anni affetta da tumore, sarebbe stata operata 3 volte in tre mesi (con un rimborso di 12 mila euro a intervento) quando sarebbe bastato un solo intervento, sempre per avere maggiori soldi dal sistema sanitario. Un paziente è morto per la recisione dell’aorta all’altezza del cuore nel corso di un’operazione ai polmoni. In molti casi il consenso all’intervento non sarebbe stato firmato dai pazienti e l’operazione eseguita anche contro il parere del medico curante.

«Quando un medico ti dice che hai un tumore - ha spiegato il Pm Pradella, che aveva chiesto il carcere per tutti gli arrestati - si instaura con lui un rapporto "chiavi in mano", ti fidi». Un ruolo fondamentale lo hanno avuto le intercettazioni. «Senza le intercettazioni non si sarebbero individuati i casi di omicidio volontario», ha spiegato il colonnello della Guardia di Finanza, Cesare Marangoni, al quale ha fatto eco il Pm Grazia Pradella: «al telefono gli indagati parlavano molto esplicitamente della necessità di operare per guadagnare». Agli arresti domiciliari è finito anche il proprietario e amministratore unico della struttura, il notaio Francesco Paolo Pipitone. L’inchiesta è nata nel 2006 grazie ad uno scritto anonimo di cui probabilmente era autore un paziente. Le persone operate nella casa di cura non sanno ancora nulla di quanto loro accaduto; solo in queste ore stanno per essere avvertite, in molti casi, si tratta di anziani.