di Agnese Codignola
Tecar. Magneto. Laser. È boom per il business delle tecniche fisioterapiche. Sono davvero tutte valide? Per la prima volta la medicina le ha messe alla prova
Tecar, come i divi del calcio, dello sci e dell'atletica. Oppure Tens, cioè stimolazione elettrica transcutanea. O ultrasuoni. O magnetoterapia. O laser a bassa potenza. O massaggi ayurvedici. Quali sono le tecniche migliori per combattere i dolori osteoarticolari? Gli esperti si accapigliano. Ma la verità sembra una sola: tutte e nessuna. La medicina scientifica delle prove di evidenza le lascia tutte in stand by, non le boccia. Ma medici e malati sanno che, caso per caso, disturbo per disturbo, ognuna ha una sua utilità.

Chiunque abbia avuto bisogno di un fisiatra, un medico dello sport o un fisioterapista lo sa: cercare una soluzione per un dolore muscolare o scheletrico può significare trovarsi di fronte a una pletora di soluzioni possibili, a tecniche e rimedi in alcuni casi di provata efficacia, ma in molti altri privi di qualunque pezza d'appoggio attendibile dal punto di vista medico, e non di rado proposti da personale non qualificato.

In questo senso il caso dell'ultima arrivata, la Tecar, è esemplare. La tecnica, il cui nome significa Trasferimento energetico capacitivo resistivo, è stata introdotta a metà degli anni Novanta nello sport agonistico e, come spesso accade, è filtrata per capillarità e passaparola nella pratica comune, fino a diventare una star della fisioterapia, proposta in un numero crescente di ambulatori e centri per la cura di più diversi tipi di dolore.

Il principio su cui si basa è analogo a quello di molte tecniche in uso, dalla Marconi-terapia alla magnetoterapia e alle microonde: il trasferimento di calore nei tessuti da curare; ciò che cambia, però, è la modalità con cui si ottiene il riscaldamento. Le terapie convenzionali, infatti, prevedono il raggiungimento delle zone infiammate per penetrazione, con una notevole dispersione termica mano a mano che ci sia allontana dalla sorgente e con limitazioni dovute al fatto che in diverse situazioni non è possibile ottenere un'energia adeguata, a causa del rischio di bruciare la cute e i tessuti più superficiali. Nel caso della Tecar, invece, l'energia termica viene generata direttamente all'interno del tessuto interessato dall'infiammazione, lasciando inalterate le zone circostanti. Questo è possibile grazie al principio fisico del conduttore biologico, che permette la formazione di un campo elettromagnetico interno il quale, a sua volta, richiama sali dall'ambiente; il movimento dei sali e delle cariche elettriche a essi collegate genera un calore che può essere modulato e interessare ossa, muscoli, tendini o articolazioni. Risultato: scomparsa dei sintomi (dolore, gonfiore, infiammazione) in pochi minuti e in modo indolore, perché senza surriscaldamento della pelle o dei tessuti attigui. Spiega Carlo Tranquilli, direttore dell'Istituto di Medicina dello Sport del Coni, tra i primi a introdurre la Tecar in Italia e oggi impegnato in studi specifici: "I vantaggi sono molteplici: innanzitutto perché si può avere energia anche negli strati profondi e curare disturbi di varia natura con un solo strumento, e poi per i tempi di recupero, che sono in media dimezzati rispetto a altri metodi".

Un quadro molto positivo, dunque. Se non fosse per un dettaglio: non ci sono, a oggi - a distanza di dieci anni dalla sua introduzione - ricerche che dimostrino con sperimentazioni cliniche l'efficacia della Tecar nel trattamento dei dolori muscoloscheletrici, né che spieghino in che modo essa possa risultare efficace. Tranquilli fornisce un'interpretazione di queste lacune: "Le ricerche sul meccanismo d'azione sono in corso e riserveranno molte sorprese, anche perché il principio è rivoluzionario rispetto al passato. Per quanto riguarda il confronto con altre tecniche che si basano su principi chimico-fisici diversi, non hanno molto senso perché i risultati sarebbero comunque difficilmente paragonabili. Quello che è indubbio, invece, anche vista la sua attuale diffusione, è che la Tecar funziona, non sembra avere effetti collaterali degni di nota e permette di limitare molto, o eliminare del tutto, il ricorso ai farmaci. Purché sia proposta soltanto da mani esperte, che abbiano avuto una formazione specifica e, soprattutto, dopo una diagnosi molto accurata che consenta di individuare con la massima precisione l'area su cui intervenire".
Al di là della fiducia e dell'entusiasmo di alcuni specialisti, resta il fatto che non esistono prove scientifiche a sostegno della sua utilità, tanto che la Tecar non è rimborsata dal Servizio sanitario nazionale, e neppure approvata dalla Food and Drug Administration statunitense. Una situazione analoga, del resto, affligge molte delle pratiche fisioterapiche e riabilitative più comuni, dal laser alla magnetoterapia, dalla ionoforesi alle varie forme di massaggio, dalle stimolazioni elettriche ai plantari per la postura.

Come orientarsi per non fare scelte che oltre a non giovare possono nuocere? Uno dei criteri più validi, in questo come in tutti gli altri ambiti specialistici, è quello degli studi scientifici condotti in modo rigoroso, che però, in questo caso, sono tutt'altro che facili da fare e da interpretare. Lo chiarisce bene Roberto Iovine, direttore dell'Unità Operativa di Medicina Riabilitativa dell'Ospedale San Giovanni in Persiceto di Bologna, che è stato tra i fondatori, ed è tuttora tra i promotori, di un circuito internazionale che offre indicazioni scientificamente valide sulle tecniche fisioterapiche, chiamato PEDro (www.pedro. fhs.usyd.edu.au/italian/index_italian.html), da Physiotherapy Evidence Database: "PEDro è nato nel 1999 per iniziativa di un gruppo di fisioterapisti australiani che hanno dato il via a un sito internet tutto dedicato alla fisioterapia e alla riabilitazione. Oggi è un punto di riferimento per tutti gli specialisti, che vi possono ritrovare tutto quanto serve loro per fornire poi ai malati consigli motivati. Proprio qui sta il punto: la medicina riabilitativa è per certi aspetti diversa dalle altre branche della medicina perché il suo obiettivo non è la guarigione di una malattia di un organo, ma la riduzione della disabilità causata da varie condizioni patologiche, tutte diverse tra loro. Bisogna quindi stare attenti alle eccessive semplificazioni: non esiste una terapia fisica valida per tutti i dolori e per tutti i pazienti perché l'efficacia dei singoli trattamenti è stata studiata solo su condizioni specifiche. Piuttosto, ogni paziente richiede un'attenta valutazione al fine di identificare il disturbo e le cause che provocano il dolore e riducono la funzionalità".

In primo piano c'è l'aspetto relazionale di questo tipo di cure e la sua influenza ai fini della guarigione: gli esperti di PEDro hanno rilevato che nella maggior parte dei dolori muscolari o scheletrici le sole cose che funzionano sono l'educazione del paziente, che non di rado parte da una rassicurazione sulle possibilità di guarigione e di ripristino della normalità e sfocia in una vera e propria terapia comportamentale, e un esercizio fisico calibrato. In un articolo pubblicato sul 'British Medical Journal' dal gruppo della Scuola di fisioterapia dell'Università di Sidney, il suo direttore Robert Herbert, uno dei coordinatori internazionali di PEDro, scrive: "Dal 1997 a oggi sono stati condotti non meno di 800 studi randomizzati e controllati, che si aggiungono ai precedenti per un totale di 2.700 lavori di buona qualità. Se li consideriamo tutti e analizziamo le conclusioni per quanto riguarda il mal di schiena, il dolore alle ginocchia o all'anca, l'incontinenza urinaria che colpisce le donne di una certa età, le conseguenze sulla mobilità legate a un ictus, le malattie respiratorie ostruttive tutte condizioni per le quali viene richiesto l'intervento di un fisioterapista o consigliata una tra le molte opzioni sul mercato il risultato è quasi sempre lo stesso: non è possibile esprimersi in senso positivo o negativo su una certa tecnica perché non ci sono dati sufficienti. Uniche eccezioni: la terapia comportamentale ed educazionale e la ginnastica". Sono in attesa di giudizio i massaggi, l'elettroterapia nelle sue diverse forme, gli ultrasuoni, la diatermia e il laser per il mal di schiena, dolore contro il quale tutti questi rimedi hanno dimostrato, a oggi, un'efficacia paragonabile al placebo e di molto inferiore a quella di una terapia cognitivo-comportamentale. Un destino analogo è quello subito dal biofeedback e dalla stimolazione elettrica per l'incontinenza, che sarebbe risolta in maniera definitiva dalla sola ginnastica pelvica accompagnata da un giusto supporto psicologico. Lo stesso vale per la riabilitazione post ictus e per quella delle persone che hanno difficoltà a respirare, che sarebbe efficace solo se basata su un training fisico unito a una terapia educazionale.

In definitiva, gli interventi terapeutici a oggi dimostratisi efficaci, almeno secondo i rigidi canoni della medicina basata sulle prove di efficacia, sono quelli rappresentati da una buona relazione medico-paziente, fatta di capacità di ascolto e di empatia nei confronti del malato, e dall'esercizio terapeutico. Un binomio, come ribadito anche da Iovine, che avrebbe una caratteristica vincente: quella di porre al centro del programma di cura la persona e non il disturbo, esaltando la relazione personale tra terapeuta e malato.

Benedetto quell'ago

Contro il mal di schiena l'agopuntura funziona e conviene economicamente. Questo il verdetto di uno studio pubblicato sul 'British Medical Journal' nel quale i ricercatori dell'Università di York hanno confrontato gli effetti dell'antica tecnica con quelli delle cure standard (farmaci, fisioterapia e ginnastica) in più di 240 volontari. Dopo un anno

e, in modo ancora più marcato, dopo due, l'agopuntura si è rivelata nettamente più efficace e la sua azione più duratura; per questo, anche se il costo iniziale è stato superiore, alla fine è stata anche più conveniente.

Alzati e ricammina

Spalla

Tra le soluzioni proposte ci sono la stimolazione elettrica (sia Tens o transcutanea che Fes o funzionale) e l'agopuntura.

Per quanto riguarda la stimolazione elettrica, le prove disponibili non confermano né negano che essa influenzi il dolore, ma suggeriscono che possa giovare al movimento.

Per l'agopuntura, che è stata oggetto di soli nove studi condotti secondo criteri scientifici accettabili, la conclusione è che non è possibile pronunciarsi a favore o contro, anche se ci si può aspettare un beneficio a breve termine in termini di dolore e prestazioni funzionali.



Schiena

Le terapie più efficaci sono quelle basate sulla rieducazione della postura e sulla ginnastica specifica, mentre il riposo non serve, se non nei casi di estrema intensità dei sintomi. Oltre a ciò, una delle pratiche più diffuse è quella del massaggio, proposte nelle sue molteplici varianti. Gli studi, data l'eterogeneità delle tecniche, non consentono di giungere

a una conclusione definitiva. Di certo l'efficacia del massaggio aumenta se esso è accompagnato dalla educazione del malato e da un esercizio fisico calibrato. Per quanto riguarda la stimolazione elettrica transcutanea, non ci sono prove definitive che funzioni per il mal di schiena, e lo stesso vale per i mezzi fisici quali il caldo, il freddo, gli ultrasuoni, il laser, le trazioni,

i corsetti, il biofeedback.

Ginocchio

Dovuto spesso a traumi da sport o post chirurgici, ma anche all'artrosi o ad altre patologie infiammatorie, il dolore al ginocchio può pregiudicare la deambulazione e, con essa, le normali attività quotidiane. Secondo gli esperti, le uniche tecniche di provata efficacia sono quelle basate sulla ginnastica specifica, cui si può aggiungere, con profitto, una terapia cognitivo-comportamentale di educazione del paziente, che parte sempre da

una rassicurazione sulle possibilità di guarigione. Per tutto il resto (massaggi, stimolazioni elettriche, ultrasuoni, laser), compresi alcuni tipi di interventi chirurgici, non vi sono dimostrazioni definitive in un senso o nell'altro.

Piede

Il dolore al piede può avere molte cause, e nondi rado è imputabile a comportamenti errati tenuti fin dall'infanzia: scarpe sbagliate, sport non idonei, uso di tacchi troppo alti, posture errate e così via. Una delle pratiche più diffuse oggi è l'adozione di un plantare personalizzato progettato dopo un'elaborazione computerizzata della postura e dei punti di appoggio della pianta del piede. L'inserimento di un plantare è spesso accompagnato da

una rieducazione alla deambulazione. Non vi sono studi che dimostrino l'efficacia del presidio. E le uniche terapie dimostrate efficaci sono quelle basate sull'esercizio specifico e sulla rieducazione.

Tunnel carpale e gomito del tennistaQuesti disturbi riguardano legamenti e tendini del polso di norma sottoposti a un'attività modesta, ma che in condizioni particolari quali certe attività lavorative si infiammano fino a dare dolore e rigonfiamento. Tra le tecniche proposte una di quelle più in voga è il laser a bassa potenza, approvato di recente anche dalla Food and Drug Administration statunitense. Si tratta di un laser che non scalda i tessuti come quello tradizionale, ma sfrutta le proprietà delle radiazioni luminose per indurre reazioni biochimiche che riducono l'infiammazione e il gonfiore. Si calcola che, in media, il tempo per la guarigione di una contrattura possa essere ridotto da sette, dieci giorni a due, tre giorni al massimo.

Tuttavia è bene ricordare che anche in questo caso non ci sono studi conclusivi e che le uniche indicazioni emerse riguardano la rieducazione e l'esercizio calibrato.

Ti regalo una cartilagine

Rimpiazzare le cartilagini danneggiate con cartilagini nuove di zecca, bioingegnerizzate, capaci di crescere fino a sostituire del tutto i tessuti persi o non più funzionanti. Sarà possibile anche grazie agli esperti del Policlinico di Monza, dell'Università di Padova, degli Istituti ortopedici Rizzoli di Bologna e del centro di ricerche sui biopolimeri della Fidia di Abano Terme, che hanno collaborato con i colleghi dell'Università di Bristol per mettere a punto, sperimentare e per la prima volta seguire nel tempo i nuovi tessuti. Secondo quanto riferito sulla rivista 'Tissue Engineering', i ricercatori hanno prelevato parte delle cellule deputate alla produzione di cartilagine (i condrociti) da 23 persone (età media: 36 anni) che avevano un disturbo al ginocchio, e le hanno fatte crescere su uno scheletro di acido ialuronico, uno dei componenti principali del tessuto cartilagineo, per due settimane. Quindi hanno reimpiantato il tutto nei pazienti e aspettato 16 mesi; a quel punto sono andati a verificare, tramite anticorpi fluorescenti, che ne era stato della cartilagine nuova. Ebbene: era cresciuta e maturata nella metà circa dei volontari, compresi parte di coloro che avevano una forma di artrosi degenerativa (condizione tipica della terza età), e in tutti mostrava le caratteristiche biologiche di una cartilagine normale. Anche se non sono stati compiuti i test di motricità e di funzionalità delle articolazioni riparate, secondo gli autori questi risultati autorizzano a ipotizzare che sia possibile sostituire non solo le cartilagini colpite da un trauma, ma anche quelle logorate da malattie infiammatorie e degenerative tipiche della terza età. Resta invece da capire come mai la tecnica non abbia funzionato in tutti i casi esaminati.