di Roberta Carlini
Tagli alle spese. Sedi che proliferano. Docenti che invecchiano. Precari a vita. E-learning selvaggio. Così gli atenei rinunciano alla qualità. Risultato: un esercito di neo dottori senza mercato
Il ministro Fabio Mussi che minaccia le dimissioni se la Finanziaria non assegnerà più fondi all'università. La Conferenza dei rettori che annuncia parole di fuoco per l'annuale 'Relazione sullo stato delle università italiane' prevista il 9 novembre. I precari in agitazione e i docenti in sciopero il prossimo 17 novembre. Negli atenei è caos mentre l'Italia precipita sempre più in fondo nelle classifiche internazionali delle migliori università. Che succede? Ecco la mappa delle magagne, delle rogne e delle furbizie che hanno seppellito l'istruzione superiore made in Italy.

Atenei Un campanile, un'università. Secondo l'Istat al 2004 in Italia c'erano 89 atenei; a oggi il sito del ministero ne elenca 115, mostrando un vero e proprio rush di fine legislatura. Non è tutto. Ogni ateneo può aprire più sedi in più comuni: ad esempio la giovane università di Campobasso apre sedi a Termoli e Pesche (1.400 abitanti), Siena va a Poggibonsi e Colle Val d'Elsa, in Sicilia ci sono corsi in 23 comuni. Totale: sono 253 i comuni italiani con un'università o almeno una sua dépendance. Il ritmo di aumento è del 30 per cento in cinque anni. La Finanziaria cerca di mettere un freno: stop all'apertura di nuove sedi, a meno che i Comuni non si impegnino a sostenerne le spese per 20 anni. Di fatto si dà ai Comuni una gran voce in capitolo sulla politica universitaria. In base a quali competenze e strategie?

Bersani Le università sono tra le amministrazioni chiamate dal suo decreto a tagliare del 20 per cento le spese. L'autonomia universitaria va a farsi benedire, fin nel dettaglio dei capitoli di bilancio. "Che facciamo, lasciamo sporche il 20 per cento delle aule e beviamo il 20 per cento in meno di acqua?", ha chiesto il presidente della Conferenza dei rettori Guido Trombetti. Non gli hanno ancora risposto.

Crediti Introdotti dalla riforma Berlinguer, avrebbero dovuto rappresentare un criterio uniforme di misura dello studio. Ma di fatto sono materia per il 'crescete e moltiplicatevi': meno crediti per esame, più esami, più corsi, più cattedre. Lo descrive Fabio Mussi: "Ci sono casi in cui basta portare un capitolo di un libro per fare un esame e conquistare un credito". Così si arriva a dover fare anche 40 esami per completare la raccolta-punti. Per dirla con Berlinguer: "È mancata la guida politica del processo, alcune università hanno usato la loro autonomia solo per moltiplicare le cattedre. A questo poi si è aggiunto l'affarismo della gestione Moratti". Mussi prova a chiudere il recinto mettendo un tetto al numero degli esami. Ma molti buoi sono andati: più di 5.500, il numero raggiunto dai corsi di laurea che ante-riforma erano 2.300.

Docenti a contratto Per alcuni, sono la legge Biagi dell'università, il prototipo del nuovo ceto intellettuale iper-flessibile. Per altri, la prova che si è disposti a tutto pur di conquistare il titolo di prof. Fatto sta che per ogni tre docenti di ruolo ci sono almeno due docenti a contratto: e questo solo per le statali, perché le università private da sempre si reggono sui contrattisti (ce ne sono 8.105, contro circa 2 mila nei ruoli). L'esercito dei professori a contratto conta 40.692 soldati, il più delle volte pagati pochissimo, sui mille euro a corso. Un decreto del ministro Mussi stabilisce che d'ora in poi sarà vietato istituire nuovi corsi di laurea se i posti non sono coperti almeno per la metà da personale di ruolo: un piccolo freno per i creditifici che dispensano lauree e prebende, ma un grosso problema anche per molti atenei che sui contratti contano per tenere aperta l'università visto il blocco delle assunzioni.

Edilizia Spesa in calo, nonostante l'aumento degli iscritti. Dopo anni di vacche magre, che hanno visto quasi dimezzato il relativo fondo in finanziaria dal 2000 al 2005 (da 284 a 154 milioni) e il crollo del 2006 (90 milioni), quest'anno arriva un rifinanziamento di 10 milioni di euro: la semplice copertura degli impegni e mutui passati.

Fondi statali 94 milioni in più sul Fondo di finanziamento ordinario delle università (Ffo), più altri 20 per il piano straordinario di assunzione dei ricercatori e 200 per il nuovo Fondo unificato per la ricerca. Totale: 320 milioni. "Meno del 2 per cento dei 18 miliardi che la stessa finanziaria destina allo sviluppo", commenta un documento durissimo della Commissione dei Lincei per i problemi della ricerca. Che aggiunge: oltretutto quei 320 milioni sono un'illusione ottica: tolti i 200-250 del taglio Bersani, tolti i fondi che prima venivano erogati alle creature tremontiane tipo il genovese Istituto Italiano di Tecnologia (tagliate e non riutilizzate nel sistema), la somma finale reale è negativa.
Giurisprudenza Quanto vale il diritto della navigazione e dei trasporti, nel mondo della globalizzazione? Zero. E quanto valgono, nello stesso mondo, il diritto romano e dell'antichità, la storia del diritto medievale e moderno? 28. Così l'ha pensata il ministero, che con un decreto del 2005 aveva definito le regole della laurea quinquennale in Giurisprudenza, fissando le materie considerate indispensabili e distribuendo tra esse ben 216 crediti: neanche uno al diritto dei cieli e dei mari, dei movimenti di merci e persone. Pochi giorni fa il Tar, su ricorso dell'Associazione di diritto della navigazione, ha bocciato il decreto: tutto da rifare.

Indicizzazione La Finanziaria congela il 50 per cento degli scatti biennali automatici dei docenti. Un ricercatore, entrato con 1.200 euro al mese, prima aveva la prospettiva di un aumento di 100 euro ogni due anni. Adesso l'aumento è dimezzato a 50. Visti i livelli degli stipendi iniziali, una miseria. Proposta di molti professori e dell'Accademia lincea: salviamo il panda-ricercatore (adesso sono 18 mila), lasciamo il taglio di questa sorta di scala mobile solo per gli associati e gli ordinari (rispettivamente, 18 e 21 mila).

Leggi Sono più di 700 le leggi che regolano le università in Italia. Alla faccia dell'autonomia. Secondo Walter Tocci, responsabile ds della ricerca, se c'è un taglio di cui l'università ha bisogno è quello delle leggi: "Cominciamo a controllare i risultati, non i procedimenti". E per controllare i risultati, la parola magica è: valutazione.

Migrazioni Strani movimenti in corso. Dopo i primi mesi succede di tutto. Tra il primo e il secondo anno, 20 studenti su 100 lasciano: gli abbandoni si sono ridotti rispetto al passato, ma ancora ci sono e, rivela uno studio Almalaurea-Fondazione Agnelli, sono fortissimi nelle facoltà scientifiche: lì lascia il 37 per cento. Poi ci sono i movimenti anomali da un'università all'altra in corso d'anno. Qualche esempio? La libera università di Casamassima, che ha sede in un ipermercato e ha visto passare la carica di rettore dal padre fondatore al figlio erede - al gennaio del 2005 aveva 110 iscritti: a luglio erano 606. L'Unimarconi nello stesso periodo è passata da 241 a 1433 unità; boom anche a Chieti, da 5.277 a 8.800. Qualcuno sospetta operazioni di marketing straordinario.

No Ai tagli. Il 17 novembre il governo di centrosinistra incassa il suo primo sciopero generale: quello dell'università e la ricerca.

Offerte speciali Meglio note come 'laureare l'esperienza'. In principio si trattava di dare un piccolo aiuto a chi già lavora, e sceglie di cominciare o riprendere gli studi universitari. "Si è finiti per dare lauree praticamente gratis", dice Luigi Berlinguer. Lo strumento magico sono le convenzioni per il riconoscimento dei crediti. Di qua, le università in cerca di iscritti, veri o fasulli (più iscritti, più laureati = più soldi pubblici); di là, dipendenti di ministeri, regioni e province, enti pubblici e privati, corpi armati e non. Tra le università pubbliche, eccelle L'Aquila dove Scienze dell'Investigazione riconosce 150 crediti gratis (su 180) ai vice-ispettori che vengono da un corso interno della Polizia di Stato. Tra le private, è una gara senza freni. La mitica Kore, università di Enna retta dall'ex ministro Salvo Andò e protetta in modo bipartisan dal presidente Tonino Cuffaro e dal potente diessino Vladimiro Crisafulli, vanta convenzioni con: Polizia, giudici tributari, Assemblea regionale siciliana, Aci. Ad esempio, per la laurea in Studi internazionali e relazioni euromediterranee, si riconoscono dai 75 ai 122 crediti. Lo stop introdotto da Mussi, un tetto agli sconti di 60 crediti, su base individuale e non di gruppo, purtroppo non ha effetto retroattivo. Ma l'ultimo dato sulle immatricolazioni (meno 4,5 per cento dal 2005 al 2006) forse già risente dell'esaurirsi delle offerte speciali.

Precari Sono "tutti quelli che non sono capitati nell'anno buono", dice Paolo Rossi, direttore del Dipartimento di Fisica di Pisa, che ha studiato le ondate del reclutamento universitario italiano: quelle assolutamente casuali per cui ti trovi dentro se sei capitato nell'anno dell'ope legis (1.980, tutti assunti senza concorso) o ti sei infilato in qualche finestra di concorsi; mentre sei fuori, e puoi restarci per anni, se ti affacci nell'anno sbagliato. Magari "proprio per tenere i più bravi vicini agli istituti, in attesa di ruolo", commenta Rossi. Che poi potrebbero vedersi scavalcati da altri, non necessariamente migliori, al momento del salvifico concorso: che arriva tardi, "e finisce per essere uno strumento del nepotismo accademico". Adesso i precari in senso stretto (assegnisti, borsisti e simili) sono 20 mila, più svariate altre migliaia che gravitano nell'università con i corsi a contratto. Possono solo sperare che qualcuno nel loro dipartimento vada in pensione, o di rientrare nel piano straordinario di Mussi, che se tutto va bene, dice l'Accademia Lincea, ne farà entrare 700 all'anno per tre anni. Invece, "bisognerebbe assumerne 2 mila l'anno", calcola Rossi.
Ricerche (Consiglio nazionale delle). La nomina di Fabio Pistella alla guida del Cnr, già contestata sul nascere, entrò nella bufera subito dopo la scoperta del fatto che solo 3 delle 150 pubblicazioni vantate nel curriculum risultavano ai database scientifici internazionali. Le denunce di 'Nature' e 'Science', appelli di scienziati, interrogazioni parlamentari, proteste non hanno smosso né Pistella né i suoi protettori del precedente governo. E anche col nuovo, Pistella appare inamovibile. A fine luglio si è tentata una soluzione all'italiana del caso, nominandolo all'Autorità per l'energia; ma per mandarlo lì serve la maggioranza qualificata, il centrodestra si è messo di traverso e così Pistella è ancora al Cnr, che prepara le nomine di cento nuovi direttori di istituto. Né è tanto preoccupato dal can can: sì, ha scritto nella relazione annuale, c'è "qualche decina di esponenti del vecchio establishment" che si oppongono al nuovo corso (quasi mille i firmatari del 'Manifesto dei Ricercatori'); e questi "sono appoggiati da qualche isolata sponda esterna" ('Nature', 'Science', l'Accademia Lincea, un centinaio di scienziati che ha appoggiato la protesta dei ricercatori), ma le cose qui al Cnr vanno benone. Invece i ricercatori sono furibondi. E in attesa che il ministro si muova, hanno fatto le primarie per il nuovo presidente. Hanno votato in 459, ecco la loro rosa che ne è uscita: Carlo Bernardini, Edoardo Boncinelli, Silvio Garattini, Lucio Luzzatto, Giampiero Maracchi, Giorgio Parisi, Luciano Pietronero, Carlo Rubbia, Umberto Veronesi.

Specializzazioni La scuola inizia in autunno, il test per l'ammissione si fa in primavera: ma dell'anno dopo. È lo scandalo delle scuole di specializzazione di medicina, che ha raggiunto il suo picco nell'ultima edizione: quando il bando per i posti ha tardato fino ad aprile e il test si è fatto a giugno, cioè ad anno accademico concluso. E dire che la legge che ha riformato le scuole di specializzazione prevede il termine ultimativo del 31 luglio per fare i concorsi. È "l'Italia sciatta, cialtrona e inefficiente", si indigna Giuseppe Scotti, che è stato preside di Medicina all'università Vita e salute e dirige il servizio di Neuroradiologia del San Raffaele di Milano. "Tanto mentre aspettiamo il bando studiamo e lavoriamo lo stesso, ma ancor più sotto ricatto", commenta Martina Di Simplicio, fisiatra di Siena. La sua associazione, la Federspecializzandi, chiede per quest'anno che il test si faccia almeno a gennaio. Gli aspiranti specializzandi di tutta Italia fanno il test tutti insieme nello stesso giorno, ma le graduatorie e le commissioni sono locali. Cioè, devono scegliere prima dove tentare il concorso, legandosi mani e piedi al barone che li proteggerà. Adesso chiedono un meccanismo che premi di più il merito: prova unica e lista unica nazionale per ciascuna specializzazione, poi i vincitori, in ordine di graduatoria, sceglieranno in quale posto andare. "Così potrebbe scattare una selezione reciproca tra i migliori laureati e le migliori scuole", dice Scotti.

Tar Sentenza choc a Perugia: mai mettere in commissioni d'esame professori che la pensano diversamente dal candidato. Tutto nasce dal caso di Roberto De Mattei, vice-presidente del Cnr, storico della corrente cattolico-identitaria, ex presidente del Centro Lepanto e attivista (ha partecipato alla processione per ri-battezzare Roma dopo il gay pride). Contro la sua nomina definita "di matrice fondamentalista" firmarono più di 200 storici italiani. Ma De Mattei, che è in cerca di cattedra da ordinario, si è preso di recente la rivincita: il Tar di Perugia gli ha dato ragione, sancendo che chi ha firmato contro di lui non può giudicarlo al concorso, per "grave conflittualità ideologica". Così all'università perugina hanno dovuto smontare la commissione e rifarla cercando storici che non si fossero espressi contro De Mattei, riuscendo a trovarne uno solo al quarto tentativo.

Università telematiche Tutte private. Lo strano caso delle università telematiche è portato da Mussi come massimo esempio del "bordello", lui dice, in cui ha trovato l'università. La Spagna e la Francia ne hanno una a testa, perché noi ne abbiamo ben 12 (e cinque sono state bloccate in extremis da Mussi)? L'ultima infornata arriva dopo le elezioni. Mentre se ne va, l'ex ministro Moratti firma. E nascono: l'Universitas Mercatorum, l'Unitel, Pegaso. Negli stessi giorni la Leonardo Da Vinci è autorizzata a nuovi corsi. Un po' prima del voto, invece, via libera alla Giustino Fortunato, e-learning del beneventano, e all'E-campus. Per ciascuno di questi faldoni, giacciono al ministero pagine e pagine di perplessità o aperte contrarietà della Crui.
Valutazione La parola entra adesso per la prima volta nel sistema universitario italiano, con l'istituzione dell'Agenzia per la valutazione. In base ai suoi giudizi, si ripartirà un pezzo dei fondi nazionali. Finalmente, dicono tutti. Però: si tratta di un'Agenzia e non di un'authority, che sarebbe stata più indipendente, dicono in molti. Intanto, una valutazione sperimentale della ricerca delle nostre università si può già leggere sul sito del Civr (http://vtr2006.cineca.it). Non ha avuto finora conseguenze materiali, ma si può usare come guida prima di scegliere l'ateneo. Se non ci si vuole fidare solo della pubblicità: per la quale l'università ha speso 6,8 milioni di euro nel 2005.

Zecchino Meglio noto come 'decreto Zecchino'. Cioè quella regola voluta dell'ex ministro Ortensio Zecchino per cui se un'università prende un prof da fuori sede, lo Stato si accolla i due terzi del suo stipendio. Pensato per favorire la mobilità del corpo docente, ha dato luogo a un via vai di prof tra un ateneo e l'altro, con un marcato flusso verso università piccole e periferiche. Che vedono sì arrivare forze fresche e stipendiate, ma spesso sono docenti mordi-e-fuggi, che accettano il trasferimento per avere il ruolo, ma mantengono un posto di lavoro principale nell'istituto di provenienza. Adesso il premio Zecchino vale solo per trasferimenti fuori regione e verso atenei con basso rapporto tra docenti e studenti. Unito al proliferare delle sedi (vedi la voce A), ha cambiato la figura del fuori sede: che è più spesso il professore e non lo studente.
 

Quest'inverno staremo al freddo
colloquio con Marcello Fontanesi

colloquio con Marcello Fontanesi
"Noi paghiamo 5 milioni e mezzo di euro all'anno per l'affitto del Rettorato: come faccio a tagliarlo del 20 per cento?". Il rettore dell'Università di Milano Bicocca, Marcello Fontanesi, è furibondo. Già da quest'anno il decreto Bersani impone alla sua giovane università, come a tutte le altre, di tagliare 1 euro su 5, alla voce spese intermedie, quelle che di solito sono regolate da contratti con l'esterno per le pulizie, la vigilanza, le manutenzioni.

Professore, come farà il bilancio?
"Impossibile. Che facciamo, stracciamo i contratti? Poi ci sono acqua, luce, telefoni e gas: riduciamo il riscaldamento? E di quanti gradi? Se ci avessero detto di restituire una parte del fondo, sarebbe stato sì altrettanto grave, ma più facile. Siamo al paradosso: se io avessi domani un'entrata straordinaria, non la potrei utilizzare per coprire il decreto Bersani".

Vi aiuterà lo sblocco del turn over?
"No. La Finanziaria permette di sostituire chi va in pensione, ma questo penalizza le università più recenti, che ancora non completano il loro organico e hanno pochi anziani. Noi abbiamo 830 docenti per 30mila studenti: dovremmo arrivare a 1.200-1.300 per avere un organico adeguato. Non potremo farlo, e nel frattempo gli atenei più anziani, che possono fare i concorsi, ci porteranno via i giovani".