di Maurizio Maggi
Ogni anno, quando leggo lo studio di Merrill Lynch e Capgemini sulle ricchezze personali, mi stupisco e mi dico: accipicchia, guarda quanto crescono i ricchi nel mondo. Poi mi frego le mani perché la potenziale clientela dei nostri alberghi aumenta... A parlare è Gabriele Burgio, amministratore delegato per l'Italia della catena spagnola NH Hoteles. Ma a tener d'occhio quegli 8,7 milioni di esseri umani che, secondo l'ultimo World Wealth Report, dispongono di un patrimonio finanziario netto superiore al milione di dollari, è tutto il settore italiano degli hotel di lusso. Perché la clientela domestica vale intorno al 20 per cento, per i 5 stelle o i 4 stelle di altà qualità. Il grosso del pubblico danaroso arriva dagli Stati Uniti e dall'Asia, dalla Russia e dalla vecchia Europa. A metà dicembre, a Milano, debutterà il primo hotel a 7 stelle: nelle 25 suite con prezzi da 800 a 4 mila euro a notte, il cliente avrà l'assistente personale. Disegnato da Ettore Mochetti, il Town House è gestito dalla famiglia Rosso, si affaccia sulla Galleria Vittorio Emanuele, che collega piazza del Duomo con piazza della Scala, e si sta facendo certificare le 7 stelle - che in Italia non esistono - dal manager che ha rilanciato la grande la Fiat. Già, perché della SGS di Ginevra, che s'è inventata questo nuovo modello di classificazione alberghiera, Sergio Marchionne è il presidente, dopo esserne stato l'amministratore delegato. Nella rincorsa al lusso e al cliente alto-spendente, Town House sarà inseguito dal 6 stelle dell'hotel-museo da 116 camere che gli spagnoli di SolMelià stanno realizzando da tre anni a Roma, sul Gianicolo, di fronte all'Università Pontificia. Un investimento da 60 milioni di euro su terreni che appartengono al principe di Torlonia, che ha fatto una joint-venture con SolMelià, cui è affidata la gestione. "Il pareggio? Ci arriviamo con il 65 per cento di occupancy rate, cioè di occupazione quotidiana delle camere", dice Palmiro Noschese, il direttore generale di SolMelià per l'Italia, che segue da anni la realizzazione dello chiccosissimo hotel che nelle viscere custodirà i reperti archeologici ritrovati duranti i lavori e che ne hanno rallentato la marcia.

Gli hotel da sogno in galleria o affacciati sul Vaticano sono soltanto la punta dell'iceberg, perché l'h tellerie d'alto bordo ha davvero il vento in poppa: nella classifica basata sul numero di alberghi per paese, l'Italia è seconda solo agli Stati Uniti (che possono contare su circa 50 mila hotel, motel e strutture ricettive varie): dal 2000 al 2005, la quantità di hotel italiani operativi è rimasta stabile. Nello stesso periodo, però, i 5 stelle sono quasi raddoppiati, passando da 121 a 216 (mentre le camere sono salite da 11.452 a 19.615) e i 4 stelle sono aumentati di un terzo, salendo da 2.597 a 3.454. Il mattone d'albergo deluxe piace alle griffes come Bulgari e Armani, Ferragamo e Versace, alle grandi catene alberghiere come Marriott, Four Seasons e AC Hotels (gli spagnoli che apriranno un 5 stelle anche a Brescia). E naturalmente agli sviluppatori come quelli che affiancano Armani e Versace nelle operazioni che hanno in cantiere a Dubai, dove entrambi apriranno nel 2008, e ai rampanti immobiliaristi tipo Giuseppe Statuto e Danilo Coppola. Quest'ultimo ha appena comprato il mitico ma impolverato Grand Hotel di Rimini (articolo a pag. 191), mentre Statuto ha sborsato il prezzo per camera più alto al mondo (2 milioni di dollari a stanza) rilevando l'immobile che ospita il Four Seasons di Milano. È la quarta volta che il prestigioso albergo milanese passa di mano. Ad assistere i diversi venditori sono sempre stati i consulenti immobiliari specializzati di Jones Lang LaSalle Hotels, guidati da Roberto Galano. Nel 1996, quando la bolla immobiliare nel quadrilatero della moda era già esplosa, i giapponesi se ne liberarono, recuperando 80 milioni di dollari, circa la metà di quanto avessero speso per svilupparlo. Poi il Four Seasons s'è ingrandito, il mercato del luxury s'è messo a galoppare e, stavolta il venditore, Quinlan Private, un fondo di private equity irlandese, ha incassato oltre 200 milioni di euro.
In pochi anni, insomma, il panorama e il valore degli immobili sono claomorosamente cambiati. E se l'offerta di hotel straeleganti e costosi cresce in tutto il mondo, l'Italia corre decisamente sopra la media. Paradossalmente, la spinta verso l'alto è più forte che altrove anche perché per le grandi catene alberghiere internazionali è assai difficile allargarsi nella fascia bassa del mercato. Tra i grandi players, il gruppo Marriott è quello che con più successo prospera cavalcando le ali estreme del business. "Maestri nell'arte della biforcazione", come li definisce nel suo recente 'Caccia al tesoro' il senior vice presidente del Boston Consulting Group, Michael J. Silverstein. Negli ultimi anni, Marriott ha schiacciato l'acceleratore sul luxury (comprando la catena Ritz-Carlton) e sui motel economici, continuando a ridurre l'offerta nella fascia media, "per evitare di restare intrappolata nella terra di mezzo", come scrive Silverstein. In tutta Europa non è facile come in Asia o negli Stati Uniti ottenere concessioni per nuovi stabili, ma in Italia questa rigidità è ancora maggiore. Così, colossi esperti sia nell'h tellerie di lusso che nella gestione dei motel economici, in Italia vedono spazio per crescere soprattutto al top del mercato. È forse per questo che in Italia non ci sono i motel Marriott, ma in compenso il gruppo americano gestisce il primo luxury hotel griffato d'Italia, quello di Bulgari (vedi riquadrato in alto). Bisognerà invece aspettare il 2008 per l'albergo milanese di Armani. Poi sarà la volta dell'hotel nella Burj Dubai Tower. Quindi, il mirino si sposterà su Londra, New York e Parigi. Sviluppo immobiliare, costruzione, gestione e operatività degli hotel saranno della Emaar, che fa capo a un gruppo pubblico di Dubai pilotata da Mohamed Ali Alabbar, che del governo dell'Emirato è direttore generale del dipartimento per lo Sviluppo economico. Versace è partito nel 2000, ma in Australia. Il primo Palazzo Versace è stato aperto sulla Gold Coast, insieme al Sunland Group. Lo stesso che affiancherà il brand della medusa a Dubai. Ma all'estero guardano pure operatori classici dell'alberghiero, come il gruppo Boscolo, che ha appena inaugurato il New York Palace a Budapest, o come la catena Cogeta Baglioni, i cui alberghi operano in stabili controllati dal fondo immobiliare Baglioni, promosso daSorgente Sgr. "Ormai la figura dell'albergatore che è anche proprietario dell'immobile è sempre più rara", sostiene Valter Mainetti, amministratore delegato di Sorgente. In realtà, catene come la Sina di Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi o la Lungarno Hotels dei Ferragamo (i cui alberghi sono dei 4 stelle ma di stralusso), gli immobili spesso li possiedono. Un resort a 5 stelle, la società presieduta da Ferragamo lo sta sviluppando a Montalcino. Sarà pronto alla fine del 2007 e comprenderà suites, ville destinate ai 140 soci del golf club da 18 buche, scuola di cucina, enoteca e pure 63 ettari di viti per la produzione del Brunello. Contrariamente a Bulgari, per Ferragamo l'avventura negli alberghi è una forma di diversificazione che non ha come obiettivo la promozione del marchio. "Infatti la società si chiama Lungarno Hotels, deve camminare con le proprie gambe e guadagnare", ricorda sorridendo l'amministratore delegato Fabrizio Gaggio, che però ammette: "Stiamo studiando l'espansione in Asia e negli Usa e su che marchio eventualmente usare è in corso una riflessione". Non ci sarebbe da stupirsi se gli alberghi dei Ferragamo, oltre confine, si chiameranno Ferragamo.

Ma dove trovano il personale specializzato tutti questi 4 e 5 stelle che sorgono? "Ahimé, i collaboratori qualificati ce li portiamo via tra noi alberghi di qualità", dice sconsolato Vittorio De Martino, presidente dell'Associazione direttori d'albergo e direttore del Crowne Plaza di Roma, "mentre tra i camerieri, facchini e addetti alle camere cominciano ad abbondare gli stranieri perché gli italiani, questi mestieri non li vogliono più fare". Negli alberghi di lusso, peraltro, il costo del personale incide fino al 35-40 per cento. Durerà la corsa all'hotel di lusso? Come insegna il caso Four Seasons, i prezzi degli stabili di altissimo livello sono saliti di brutto. "E il contratto di lavoro italiano impedisce di essere flessibili", aggiunge Gaggio. Ma è un'altra considerazione dello stesso manager di Lungarno Hotels a far capire perché c'è tanto interesse a sedersi al tavolo dell'h tellerie tricolore: "Ha mai fatto il confronto con Parigi, Londra, Madrid? Vedrà quanto sono cari i nostri alberghi di lusso".

Bulgari ha un gioiello in ogni stanza

Il 23 per cento di italiani, il 14 per cento di americani, il 9 per cento di britannici. Poi giapponesi e russi, tedeschi e francesi. L'Hotel Bulgari di Milano sembra l'Onu. E Francesco Trapani, amministratore delegato del gruppo romano, ,il suo segretario generale. Dopo l'inaugurazione del resort di Bali, toccherà a Parigi, Londra, Tokyo, New York. Per Bulgari e per Ritz-Carlton, la società del gruppo Marriott che gestisce gli hotel, un impegno di 70 milioni di dollari a testa.

Dottor Trapani, in due anni di attività, a che percentuale di utilizzo delle stanze è arrivato l'albergo che porta il nome Bulgari ed è gestito da Ritz-Carlton (gruppo Marriott)?
"Non le do percentuali, però posso dire che tra gli alberghi di lusso di Milano, a seconda dei mesi, siamo al primo o al secondo posto. La stessa cosa vale se si considera il prezzo medio pagato dal cliente per camera. Siamo contenti perché il concorrente è bravo e noto (è il Four Seasons, ndr)".

Siete stati i primi ad aprire un albergo con il nome della griffe.
"È stato molto utile perché ha catalizzato un grande interesse in tutto il mondo. E le vendite del nostro negozio di Milano, da quando c'è l'hotel, sono salite a un ritmo superiore degli altri negozi".

La realizzazione degli alberghi è più lenta del previsto...
"Noi dobbiamo fare prodotti unici, non un altro buon albergo a 5 stelle. Pensi a Milano, La posizione è unica: siamo a due passi da Montenapoleone e in mezzo a un parco".

È vero che non v'interessa soltanto fare i soldi con gli hotel?
"È vero che il profitto non è in cima ai nostri pensieri, però siamo disciplinati e orgogliosi. E anche gli analisti finanziari, inizialmente perplessi, hanno capito che è una diversificazione importante e che comunque ci teniamo a ottenere utili anche dagli alberghi".