La Gelmini sfida la politica dei tagli: poche storie, questa è una priorità assoluta

ROMA. Li hanno sempre considerati degli scansafatiche: tre mesi di vacanze l’anno, pomeriggi in buona parte liberi, poi arriva il ministro dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca Mariastella Gelmini e per la prima volta dice quello che da anni loro si aspettavano di sentirsi dire: «Questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse», ha sottolineato il ministro mentre illustrava in commissione Cultura alla Camera il suo programma per la scuola. Se qualcuno avesse dei dubbi su qual è la differenza da colmare, il ministro non si tira indietro: «Lo stipendio medio di un professore delle superiori dopo 15 anni è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa.

Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più. In Finlandia 16 mila in più. La media Ocse è superiore ai 40 mila euro l'anno».

Se voleva conquistare gli insegnanti, c’è riuscita. E pazienza per il ministro Tremonti, abituato a chiedere tagli agli altri ministri. Avrà già moltiplicato quei 13.500 mila euro in più per gli oltre 230 mila docenti delle superiori: viene fuori un numero da brividi, oltre 3 miliardi e 100 milioni di euro. La Gilda, sindacato di categoria, non nasconde le sue perplessità: dove li troverà mai l’Italia questi soldi? «Certo, la coperta è corta ammette il ministro - ma la scuola è una priorità, non un capitolo di bilancio qualsiasi».

Il ministro Gelmini sa quali sono i suoi obiettivi: una grande alleanza per la scuola, nessuna picconata all’esistente, e vuole la quarta «i», quella dell’italiano. Detta così sembrerebbe quasi lo stesso programma annunciato da Fioroni esattamente due anni fa al suo inizio di legislatura. E però le similitudini finiscono qui. Le parole-chiave del ministro Gelmini sono molto diverse: lei pone l’accento sul merito, la valutazione, l’autonomia, sulla necessità di motivare e valorizzare le diverse realtà del mondo della scuola. Vuole un efficace sistema di valutazione: sia degli studenti, sia dei professori.

Cita Benedetto XVI, «che non ha esitato a parlare di emergenza educativa», e il presidente Napolitano, che le ha fatto sapere di essere preoccupato per lo stesso motivo, e invita tutti a uno «scatto d’orgoglio nazionale» che faccia risalire l’Italia dai posti più bassi delle classifiche. Cita Gramsci che nei suoi Quaderni dal carcere sostiene che: «Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza». E non manca di fare sue anche le parole del programma del Pd, laddove suggerisce «una vera e propria carriera professionale degli insegnanti, che valorizzi il merito e l’impegno».

Insegnanti al primo posto nella sua agenda, insomma. E nessuna riforma, quindi, né colpi di spugna. Il ministro intende partire dai punti in comune con il suo predecessore: confermerà la cosiddetta «circolare sui debiti» di Fioroni e seguirà nel suo solco di una scuola all’insegna del rigore e della serietà. Per quel che riguarda il bullismo assicura che: «Non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune».

Applausi alle sue parole vengono da più parti. Alcuni però sembrano un po’ forzati. Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che da settimane lancia annunci e minacce contro fannulloni e scansafatiche pubblici: «Benissimo - ha detto Brunetta - bisogna aumentare le retribuzioni degli insegnanti che sono una risorsa fondamentale del Paese. Bisogna aumentare la loro produttività, le loro competenze e il loro capitale umano». Oppure Giuseppe Fioroni: «Mi auguro davvero che la scuola possa diventare la priorità condivisa, fuori dalle faziosità di parte».

FLAVIA AMABILE

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